3 maggio 2016

LÀ DOVE C’ERANO GLI SCALI UN “FIUME VERDE”


Progettando un grande Parco Urbano Centrale, invece che la continuazione della griglia di isolati ad alta densità che già copriva gran parte dell’isola di Manhattan, New York nel 1860 si è imposta come una gemma nell’immaginario urbano del mondo, garantendo un futuro di radicale bellezza e qualità della vita ai suoi cittadini. Creando un grande anello di viali alberati, spazi verdi, monumenti e edifici pubblici, Vienna si è costruita nel 1865 un futuro di grande Capitale mitteleuropea. Riprogettando l’intero fronte mare e sostituendo ai moli commerciali un sistema accessibile a tutti di pontili per il turismo, la cultura e il tempo libero, San Francisco e Barcellona – negli anni ’80 del secolo scorso – hanno acquisito lo statuto di Metropoli globali, diventando un modello per decine di altre città portuali nel mondo.

03boeri16FBGrazie alla dismissione dei sette scali merci di proprietà della Rete Ferrovie Italiane, Milano ha oggi un’opportunità analoga: quella di utilizzare un sistema continuo di grandi spazi legati dal tracciato del ferro per cambiare il suo futuro e impegnarsi nella transizione verso una Metropoli policentrica, capace di offrire ai suoi abitanti un equilibrio avanzato tra la sfera naturale e la sfera urbana. Ma è bene chiarirsi: non si tratta solo di riconvertire a spazio verde una fascia di binari, proseguendo le scelte coraggiose del Coulée Verte di Parigi nel 1993, della straordinaria High Line di New York (2009) o della Goods Line di Sidney (2015).

Si tratta, per Milano, di realizzare molto di più: un sistema continuo di parchi, boschi, oasi, orti e giardini per lo sport e la sosta – legati tra loro dai corridoi verdi realizzati sulle fasce di rispetto dei binari – che occupi la maggior parte dei sette scali merci dismessi. Un vero e proprio “Fiume Verde” che potrebbe attraversare ad anello il corpo urbano di Milano, a metà strada tra le espansioni di fine ‘800, i Corpi santi e le prime periferie del ‘900. Ma non solo: sul perimetro dei Parchi / anse del Fiume Verde si potranno costruire bordi urbani ad alta densità, in grado di ospitare le attività che oggi mancano nei quartieri di Milano: residenze per i giovani e gli studenti, spazi di lavoro e artigianato, servizi culturali e di assistenza al cittadino, oltre che edilizia sociale e di mercato.

A questo scopo, nella scelta delle destinazioni d’uso andrebbero coinvolti i nuovi Municipi, offrendo loro l’occasione anche per realizzare servizi e nuovi spazi pubblici e aree pedonali, oltre che per valorizzare i molti “Centri di Quartiere” di Milano: a Quarto Oggiaro come nel quartiere Molise-Calvairate, al Lorenteggio come in via Stadera, a Niguarda come in piazza Corvetto. Si tratta in sintesi di progettare una Milano capitale della Biodiversità e della creatività diffusa; una città più verde, con una forte riduzione del traffico e delle polveri sottili.

Un grande progetto/volano che potrebbe mobilitare decine di grandi, medie e piccole imprese, di lavoratori del settore dell’edilizia e della sostenibilità, di creativi e operatori culturali, di volontari. Orientando con una regia pubblica l’investimento che RFI intende promuovere sulle sue aree, si potrebbe inoltre studiare la possibilità di una linea di mobilità pubblica anulare e su ferro (una circle line che intercettando le reti della metropolitana si sovrapponga in parte al Passante Ferroviario) in grado di collegare i quartieri intermedi di Milano.

Il Fiume Verde sarebbe anche l’occasione per lanciare una grande campagna di concorsi di progettazione che sposti su Milano l’attenzione del mondo italiano e internazionale della creatività, cosi come aveva fatto Berlino nel 1984 con l’IBA (Internationale Bauausstellung). E soprattutto, saprebbe offrire alle élite milanesi una nuova straordinaria occasione per convogliare le loro energie (spesso conflittuali) verso un nuovo grande progetto di interesse collettivo: come con Expo, dopo Expo, meglio di Expo. Il progetto del Fiume Verde è, in altre parole, troppo importante per ridursi a una questione di scaramucce elettorali. O per essere ricondotto a una questione di rispetto o variazione di delibere e accordi di programma condivisi.

La verità è che la lunga negoziazione che a partire dal 2007 ha portato all’accordo di programma tra Comune e RFI non approvato in consiglio comunale, è un’ottima base di partenza – come ha sostenuto su ArcipelagoMilano Alessandro Balducci – per fare finalmente spiccare il volo alla più grande sfida che la nostra città potrà affrontare nei prossimi anni. Ma serve un cambio di marcia, adeguato alle ambizioni di Milano. L’occasione dei sette scali merci dismessi, unita a quella delle caserme, non può essere affrontata come una questione ordinaria di standard, di slp, di destinazioni funzionali, come se si trattasse di una semplice operazione di “recupero” di un bene demaniale.

Senza un grande progetto unitario, senza un affresco che riunisca in una visione il futuro di tutte queste aree, si rischia di perdere il valore di bene collettivo e pubblico che queste aree devono mantenere, dando piuttosto vita, come segnala nel suo intervento su ArcipelagoMilano Michele Monte, a una sequenza di interventi disconnessi. Pensare a un grande Fiume Verde che leghi gli otto parchi/oasi significa, per fare un solo esempio, abbandonare una logica quantitativa di diritti edificatori privi di una localizzazione, per entrare in una logica progettuale che decida che l’edificazione deve sempre avvenire sui bordi degli spazi verdi. Significa decidere che almeno il 75% della superficie degli scali dismessi (molto più del 50% previsto nell’accordo di programma) deve essere verde, un risultato raggiungibile riducendo i volumi edificabili o aumentandone la densità e l’altezza (e dunque anche il valore intrinseco di beni immobiliari prossimi o affacciati su un grande parco).

Senza un progetto forte e ambizioso, culturale e insieme politico, quella degli scali merci rischia di diventare una gigantesca occasione perduta. E Milano, la nuova Milano, non lo merita.

Stefano Boeri

 

Mario De Gaspari SCALI FERROVIARI: IL RUOLO DI MILANO NELL’ECONOMIA DEL PAESE

Paolo Pomodoro A PROPOSITO DI SCALI FERROVIARI

Federico Oliva SCALI FERROVIARI: IL MEGLIO È NEMICO DEL BENE

Giuseppe Longhi SCALI FERROVIARI: “AS USUAL” O DELLA RINUNCIA ALL’INNOVAZIONE

Stefano Boeri LÀ DOVE C’ERANO GLI SCALI UN “FIUME VERDE”

Sergio Brenna IL DIBATTITO SUGLI SCALI E LE OCCASIONI PER LA CITTÀ 

Alessandro Balducci L’ACCORDO SUGLI SCALI: UNA STORIA, I CONTENUTI 

Giorgio Goggi SCALI FERROVIARI, NUOVO PGT E CONFLITTI FUTURI

Michele Monte SCALI FERROVIARI: OLTRE L’APPROCCIO IMMOBILIARE

Emilio Battisti IL RECUPERO DEGLI SCALI, CIRCLE LINE E SECONDO PASSANTE

Marco Ponti PERCHÉ VECCHI BINARI NELLA NUOVA CITTÀ

Guido Trivellini Marina Trentin “ROTAIE VERDI”, UN PROGETTO ECO-FERROVIARIO PER MILANO



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


24 gennaio 2020

SCALI FERROVIARI: TRE NUOVI MASTERPLAN

Emilio Battisti



10 gennaio 2020

SCALI FERROVIARI: TRE NUOVI MASTERPLAN

Emilio Battisti



17 dicembre 2019

SENTENZA SUGLI SCALI E FISCALITÀ PUBBLICA

Roberto Camagni



15 dicembre 2019

SCALI FERROVIARI: TRE NUOVI MASTERPLAN

Emilio Battisti








Ultimi commenti