23 aprile 2024

Il 25 APRILE 2024 NEL POSTFASCISMO

Viva la Resistenza, ma bastano memoria ed antifascismo militante?


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Quasi ottant’anni fa la fine del regime fascista Una vita e il tempo passato spinge a tirare se non un bilancio, almeno qualche riga a consuntivo. E soprattutto a porsi una domanda: potrà avvenire ancora? E come, e fino a che punto ricalcando quei fatti e quanto invece mutandoli secondo lo “spirito del tempo”?

Il tempo del postfascismo che viviamo.

Se per Fini quell’esperienza, già nel 2003, poteva considerarsi definitivamente chiusa e seppellita (“fascismo male assoluto”), oggi per Giorgia Meloni riproporla sarebbe  solo  “antistorico”. Antistorico, lontano nel tempo, non più attuabile per le condizioni attuali, memoria che non si può replicare nella politica, ma che, aggiungiamo noi al non detto, ancora irradia valori, modelli, sentimenti, nella triade “Dio, Patria, Famiglia”. La cosa sarebbe anche di poco conto, se non per il dettaglio che Meloni governa, mentre il suo partito è in sintonia con oltre un quarto del popolo italiano, quello che vota. E questo è un problema, anzi il principale problema su cui ragionare ad ottant’anni dalla Liberazione.

Non si può guardare oggi a Palazzo Chigi senza provare un sentimento forte di disillusione e di amarezza.  Ci si potrebbe chiedere a cosa sono servite lotte, speranze, impegno e  sangue, tanto, quello versato allora e poi in anni ancora non troppo lontani a Milano, se gli “eredi” di quella visione liberticida ed antipopolare siedono al posto di comando e negano la televisione pubblica ai monologhi antifascisti.

E ci si potrebbe chiedere poi se gli anticorpi della società civile e della politica sono ancora vitali e sufficienti per respingere un attacco ai fondamenti della nostra vita, pubblica e personale, tanto pericoloso quanto silenzioso, condotto più con il progressivo svuotamento dei valori e delle istituzioni nate con la Resistenza che, per ora almeno, con atti direttamente volti al ripristino della memoria e del modus operandi di un regime inaccettabile per le coscienze moderne.  

Dimenticato Fini, FDI mantiene la sua identità sul filo di un’ambiguità opaca, un doppio registro dove privatamente vengono coltivati i Lari della destra militante, e pubblicamente si spinge il pur odiatissimo SuperMario fin sulla Presidenza della Commissione Europea. E mentre le Foibe assurgono a paradigma delle atrocità “occultate” dagli antifascisti, avanza la narrazione di un passato sanguinoso da dimenticare tutto intero, pacificando “vincitori e vinti”, senza distinguere torti e ragioni, giustizia da ingiustizia, libertà da oppressione. L’ultima uscita del “cognato” è paradigmatica quando mette in conto i tanti morti all’antifascismo che “divide”, nel pieno rispetto però, dice lui, della Costituzione che da quel sangue è sorta.

Ma certamente, qualcuno potrebbe anche aggiungere, senza smentita possibile, che FDI ha vinto le elezioni senza alcuna violenza e che la sua vita interna si svolge secondo criteri basati sul consenso congressuale molto più che in altri partiti, dove la figura del Capo Carismatico si impone  senza ostacoli o dove il processo democratico è ridotto a povera larva on line, come per il principale “alleato” del PD.

Tutto questo è vero, ne va dato atto se si vuole comprendere l’intero spettro caleidoscopico di un fenomeno politico culturale complesso, dove disillusione popolare, memorie identitarie e sbrigative visioni autoritarie, possono generare un contesto favorevole a torsioni pericolose  per la vita democratica del Paese.

Bene allora si fa a ricordare, a stigmatizzare, a rimettere in chiaro le cose del passato e del presente, e bene fa Scurati che, con molti altri, dedica la parte migliore dei suoi anni a questa lodevole missione, ma basta? E’ sufficiente, o serve anche altro nei nostri giorni?

La Resistenza visse prima di tutto nella postura esistenziale della classe operaia, massacrata negli assalti alle Case del Popolo (vero Lollobrigida?), ridotta all’obbedienza nelle fabbriche, ma silenziosamente ostile durante le visite del DUCE a Mirafiori. Un’estraneità “irredimibile”, che divenne protagonismo eroico quando lo “sciopero” poteva valere un biglietto di sola andata per Mathausen ed infine mobilitazione di massa nei giorni gioiosi dell’insurrezione di aprile. Il carattere democratico e nazionale della Liberazione e della nostra Repubblica trovava in quel sentimento popolare irriducibile la sua anima e nella promessa del cambiamento socialista e democratico la sua principale forza motrice.

Ma cosa resta ora di quella rocciosa contraddizione sociale? Tocca ammettere poco o nulla. Se nel 2022, oltre il 36% degli operai ha votato FDI, ci si deve interrogare, senza sconti, sui motivi che hanno portato tanta parte di quello che fu il principale ancoraggio della prospettiva socialista a rifugiarsi tra le braccia degli eredi di Almirante.  

Forse sono cambiati gli operai, forse sono cambiati gli “eredi” e certamente è cambiato il clima storico delle nostre vicende odierne. Resta in campo un sentimento antifascista diffuso, radicato nelle generazioni più anziane, ma la memoria non basta se valori e visioni non trovano occasioni per rinnovarne il patto fondativo e trovare futuro tra le giovani generazioni, connettendo e declinando entro nuovi quadri di riferimento il tema della libertà democratica con quelli del lavoro, dei diritti e dell’ambiente e della cittadinanza globale.

E’ un fatto, le aspettative legittime del mondo del lavoro sono state per larga parte disattese da una sinistra senza pensiero autonomo, troppo attenta alle compatibilità dettate da Francoforte, tanto potente quanto privo di legittimazione democratica. Da quel senso di tradimento (la parola è forte ma meritata), si è generato lo sgretolamento della speranza, la disconnessione sentimentale, la ricerca di altri ancoraggi, di sintonie con forze  diverse e nuove, dove trovare ascolto e protezione. 

In pochi anni, si sono susseguiti i 5 Stelle di Grillo, la Lega di Salvini ed ora FDI di Meloni. Più organizzato, più radicato, e  meglio diretto, il partito del capo del governo si avvia a tagliare il tagliando del secondo anno al potere senza troppi patemi, tra colpetti di acceleratore sui temi identitari, diffuse pratiche di sottogoverno, ridisegno delle istituzioni. Soprattutto accortamente riposizionato sul doppio binario dell’atlantismo e della vicinanza ai poteri forti di Bruxelles., cosa che dovrebbe non solo garantire lunga vita, ma accrescere gli spazi di manovra per spostare a destra il baricentro culturale del Paese. Se oggi tocca a Pro Life, in spregio ai servizi pubblici di informazione alle donne, domani a chi toccherà

Delle promesse elettorali della destra poco o nulla rimane, ma cosa conta ed a chi importa se resta anche meno delle opposizioni, disperse ed autoreferenziali, afasiche e neppure capaci di farsi sentire di fronte allo smantellamento della sanità pubblica, alla devastazione del patto di coesione nazionale, alla riduzione dei diritti delle donne. 

Un quadro poco rassicurante, che regala spazio crescente alla destra, spingendo gli avvenimenti non tanto verso la ripetizione meccanica di quei fatti lontani, ma piuttosto verso la reinvenzione nel nostro tempo dell’anima nera che li generò. Strappiamoci le vesti allora, leggiamo ovunque il monologo di Scurati, scandalizziamoci per le oscenità del post fascista di turno, è giusto e serve a ridare entusiasmo, ma c’è da dubitare che la maggioranza ascolti e che basti allo scopo. 

Per scalzare questa destra dal suo disegno reazionario proteiforme e ricreare un ampio sentimento popolare ed unitario. Servono altre parole e programmi e visioni, una nuova stagione della politica.

La domanda di partenza resta senza risposta, il futuro è aperto in tutte le direzioni.

Viva il 25 aprile, Viva la Resistenza!

Giuseppe Ucciero



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  1. Guido AngeliniCito due personaggi autorevoli per invitare ad andare oltre la retorica ormai stucchevole dell'antifascismo. Cacciari:" Rischiamo che l'antifascismo diventi una foglia di fico per coprire la mancanza di proposte politiche sull'oggi...Dobbiamo smetterla con la categoria del pentimento che purtroppo è invece alla base dei giudizi politici e non solo in Italia." Pasolini: "Nessun centralismo fascista (che era formato da una banda di criminali) è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l’adesione ai modelli imposti dal Centro, è tale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L’abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la “tolleranza” della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana."
    27 aprile 2024 • 13:29Rispondi
    • giuseppe uccieroGentile sig. Guido concordo con Cacciari, ed anche il mio articolo, nel suo piccolo, sollecita riflessioni che vadano oltre la riproposizione retorica dell'antifascismo per andare maggiormente alla radice del successo delle destre - destre di oggi (Meloni, Le Pen, Orban...). Certamente la manipolazione delle coscienze e del sociale è il grande tema dell'oggi, ma Pasolini ha provato sul suo corpo la violenza dello "ieri". La distruzione fisica dell'antagonista è un fantasma del passato pronto a tornare anche al tempo dell'Intelligenza Artificiale. In Occidente ne abbiamo ridotta percezione, ma il resto del mondo (gran parte) lo vive quotidianamente sulla pelle delle persone.
      29 aprile 2024 • 10:07
  2. Cesare MocchiRicordo che Mussolini si prese in Parlamento la responsabilità dell'uccisione di Matteotti (una "beffa" finita male, volevano picchialo e basta...). Ma non solo quel discorso viene citato oggi con orgoglio dai suoi discendenti: faccio notare che FdI è sempre pronta a rivendicare i "suoi" morti (come dice la Meloni) dimenticandosi i morti "altrui": vedi il presidente del Senato La Russa che (giustamente) ricorda la morte del povero Ramelli, ma qualcuno l'ha mai visto fare la stessa cosa per Gaetano Amoroso (giovane di sinistra massacrato dai neofascisti sodali di La Russa). E il Sindaco Sala che fa? Omaggia (giustamente) Ramelli, ma perché non ricorda a La Russa che non ci sono solo i "suoi" morti? Da questi piccoli segni si vede insomma come i neofascisti siano sempre gli stessi, orgogliosi del loro passato e della loro mentalità squadrista, che non hanno mai rinnegato. Solo, lo danno poco a vedere, perché non conviene. E la sinistra? Al solito, è sull'Aventino. E' come se si vergognasse di sé stessa, subordinata alla cultura di destra, incapace di fare i conti con il passato, divisa fra "governisti" e "idealisti". E' su quest'ultima frattura secondo me che bisogna lavorare.
    30 aprile 2024 • 09:06Rispondi
    • Cesare MocchiAggiungo che anche sulla questione delle foibe la sinistra (perlomeno quella ex comunista, che verosimilmente sul tema vive dei sensi di colpa) mostra una certa subalternità alla destra. Si tratta certo di un episodio esecrabile di una guerra crudele; ma è stata chiaramente una vendetta da parte degli slavi per le angherie subìte da parte degli italiani: ricordo il campo di concentramento di Rab, o il supporto dato dall'esercito italiano alle azioni mostruose degli ustascia contro i villaggi sospettati di proteggere i partigiani (sono racconti che superano in orrore le foibe). Ma come si fa ad istituire un giorno della memoria che ricorda solo i torti subìti, e non quelli fatti? Che mezzi uomini siamo, che nazione di uominicchi e di quaraquaquà? Per fortuna c'è stato Mattarella a ricordare che i torti sono da entrambe le parti (come sostengono peraltro senza tema di smentita anche i miei conoscenti istriani, profughi e parenti di infoibati). Invece la sinistra subisce, ammutolita dagli errori fatti nel coprire i misfatti del "socialismo reale". Ma la sinistra non è fatta solo da ex comunisti (per fortuna). Ci sono anche socialisti e libertari, che di queste cose possono parlare più liberamente, perché non hanno scheletri da nascondere. E quindi personalmente credo che la sinistra ricomincerà a ragionare e ad avere coraggio quando gli uomini ex PCI si saranno fatti da parte (o almeno smetteranno di avere ruoli di rilievo). Hanno perso la loro partita, non devono fare le palle al piede adesso.
      30 aprile 2024 • 14:34
  3. b bSono dolorosamente del tutto d'accordo con quanto è stato detto sopra.
    1 maggio 2024 • 19:17Rispondi
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