21 settembre 2016

SCALI FERROVIARI: IL RUOLO DI MILANO NELL’ECONOMIA DEL PAESE

Generare crescita o creare una bolla immobiliare?


Mentre in città si dibatte sulla riqualificazione degli scali ferroviari è del tutto evaporato il dibattito sul ruolo di Milano nell’economia del Paese. Proprio le grandi questioni territoriali ancora aperte potrebbero essere l’occasione per riaprire una riflessione tutt’altro che accademica, evitando l’effetto trascinamento di scelte e accordi retaggio di un passato più o meno recente. È utile ridiscutere sul ruolo di Milano ed è necessario se si considera la palude economica in cui si trova il Paese da ormai tre lustri. Palude economica, ristagno degli investimenti, crescita zero. Decrescita infelice. È dentro questa deprimente bonaccia che la città può riscoprire la propria missione nazionale. È già successo in passato e per Milano è stato un trionfo.

03degaspari30fbFacciamo un bel passo indietro, agli anni ottanta dell’ottocento. Mentre Roma e Napoli trascinano il Paese nella più grave crisi bancaria della sua storia, a Milano nascono le banche che avrebbero trainato la grande industrializzazione di fine secolo, avviando quel processo che porterà Milano a concentrare, alla vigilia della prima guerra mondiale, il 50% del capitale azionario nazionale. Un po’ ovunque i capitali si spostano dall’agricoltura alla speculazione edilizia, ma a Milano si spostano verso l’industria. È qui che la nostra città si guadagna il titolo di capitale morale, cioè di capitale reale. Mentre nelle altre due capitali impazza la speculazione sui terreni, innescata a Roma dalle leggi per la capitale e a Napoli dall’ennesima epidemia di colera, Milano procede, come si direbbe oggi, in controtendenza.

Mentre Roma e Napoli fanno incetta di capitali settentrionali per bruciarli in sconsiderate avventure immobiliari, qui nascono le grandi istituzioni finanziarie, senza le quali “lo sviluppo industriale dei paesi arrivati per secondi sulla scena mondiale dell’industrializzazione, non si sarebbe svolto con l’intensità e la rapidità con la quale essa di fatto avvenne” (1). Il primato di Milano si costruisce dunque su tre punti: trasporti verso i poli industriali dell’Europa occidentale, approvvigionamento energetico, creazione della banca mista (2). È una storia non priva di asperità e di scelte sofferte. In particolare l’elettrificazione della città è terreno di una dura battaglia, che verrà vinta non in alleanza, ma in antagonismo con la rendita fondiaria, attraverso l’adozione di una disciplina urbanistica analoga a quella del diritto d’acquedotto.

Il destino di Milano non sta nell’essere una città-stato pienamente europea, ma nello svolgimento di quel ruolo capitale, di indirizzo economico, politico e morale, che la città ha svolto con alterne fortune e che oggi le viene riassegnato da una crisi che si teme secolare.

Anche la Banca d’Italia punta l’indice sul mattone. “La filiera del settore immobiliare contribuisce per oltre un quinto al prodotto interno lordo; la sua rilevanza per il sistema bancario è ancora più elevata: il credito concesso alle imprese del comparto supera il 34 per cento dei finanziamenti al settore privato. La prolungata e intensa crisi che ha colpito il settore delle costruzioni e il mercato immobiliare, iniziata ancora prima della crisi finanziaria del 2008, ha avuto ripercussioni molto negative sulle imprese della filiera e sulle banche che le hanno finanziate. Il calo delle vendite e della redditività, superiore a quello medio del complesso delle imprese, ha fortemente aumentato la fragilità economica e finanziaria delle aziende della filiera, già caratterizzate da un livello di indebitamento più alto della media. Di riflesso è molto cresciuta la quota di imprese con problemi nel rimborso dei prestiti, in particolare tra quelle di maggiori dimensioni e che avevano un leverage elevato. Il peggioramento della qualità del credito ha fortemente condizionato la concessione di nuovi finanziamenti al comparto.”. (3) Per un Paese tristemente penalizzato negli indici manifatturieri e prevalentemente fondato sul mattone, anche per quanto riguarda la collocazione del risparmio, è molto complicato attutire il contraccolpo di quasi 400 miliardi di crediti bancari deteriorati, su cui il settore immobiliare pesa per non meno del 40%. Far lievitare il peso della zavorra però non aiuta.

Prima ancora che alle dinamiche dei fattori urbanistico – sociali del territorio milanese, occorre guardare dunque ai grandi aggregati che stanno strozzando l’economia del Paese, dove il vecchio motto costituzionale democristiano, non tutti proletari ma tutti proprietari, sta residuando i suoi tragici effetti. Non si tratta di colpevolizzare chi ha sbagliato fin qui, ma di intraprendere un cammino diverso, dove la costruzione di case risponda al bisogno che determina la domanda effettiva, riguardo alla quantità, alla tipologia alloggiativa e alle forme proprietarie. L’obbligo di gestire il problema immigratorio secondo logiche che superino un non più attuale approccio emergenziale fa parte di questo nuovo orizzonte.

Sugli scali ferroviari milanesi hanno scorrazzato in tanti, in maniera più o meno tempestiva e pertinente. Ora ci piacerebbe una discussione in cui entrassero nell’analisi nuove e più interessanti variabili, del tipo: chi ha bisogno di casa e quante case servono davvero? Quanto devono costare perché non assorbano quote eccessive di risparmio famigliare? A quali esigenze di mobilità devono rispondere? Quali le forme proprietarie e fruitive più adeguate: vendita diretta, affitto o forme cooperative?

Mario De Gaspari

 

(1) Napoleoni, Elementi di economia politica, La Nuova Italia, Firenze, 1974, pagg. 279 e segg

(2) Il 23 maggio del 1882 viene inaugurato, in concomitanza al costituirsi della triplice Alleanza, il tunnel del Gottardo. “La Compagnia del San Gottardo è internazionale ed è provvista di un capitale di 187 milioni di lire: le grandi banche italiane di credito mobiliare, Banca Generale, Credito Mobiliare, ne fanno parte accanto alle banche svizzere e tedesche. Gli stati interessati danno contributi il cui ammontare è di 45 milioni di lire per l’Italia, 20 per la Germania, 20 per la Svizzera. In realtà l’Italia verserà 55 milioni, di cui la metà raccolta a Milano, la Germania 30 e la Svizzera 28.”( E. Dalmasso, Milano capitale economica d’Italia, Franco Angeli, Milano, 1972). Nel 1883 entra in funzione, in via Santa Radegonda, la prima centrale termoelettrica dell’Europa continentale, che illumina la Scala ed elettrifica la rete tramviaria, fino allora a cavalli. Il 10 ottobre 1894 si costituisce la Società anonima Banca Commerciale Italiana, con prevalente capitale tedesco, e l’anno seguente rinasce a Milano la grande Banca di Genova, distrutta dalla crisi, col nome di Credito Italiano

(3) Cristina Fabrizi, Raffaella Pico, Luca Casolaro, Mariano Graziano, Elisabetta Manzoli, Sonia Soncin, Luciano Esposito, Giuseppe Saporito, Tiziana Sodano, Mercato immobiliare, imprese della filiera e credito: una valutazione degli effetti della lunga recessione, Occasional Papers, Questioni di Economia e Finanza, Banca d’Italia, marzo 2015.

 

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