5 febbraio 2014

ARREDO URBANO, ANCORA PIAZZA SAN BABILA!


Sono ormai sedici anni che ho cominciato a scrivere sullo sviluppo della città e in particolare sulle criticità esistenti, rilevando subito però una scarsa sensibilità dei milanesi a quanto si vedevano crescere attorno e così solo raramente i media ospitavano le mie osservazioni.

06zenoni05FBMa nell’agosto 1997 il quotidiano La Repubblica accettò le mie critiche a proposito della nuova sistemazione di piazza San Babila che cambiava l’aspetto di una delle piazze più amate dai milanesi con la posa, sull’asse di corso Vittorio Emanuele di una vistosa fontana consistente in un pinnacolo di pietra sormontato da una boccia dalla quale scaturiva l’acqua simboleggiando, si disse allora, l’eco sistema lombardo con le acque che dalle montagne scorrevano attraverso i fiumi fino alla pianura padana.

Due aiuole e un laghetto completavano il progetto diminuendo la sua utilizzazione come piazza e trasformandola nello slargo finale di corso Vittorio Emanuele. Ma questa trasformazione della piazza in una specie di giardino pubblico ha lasciato il segno e così una operazione più generale avrebbe trasformato poi molte piazze milanesi, levando le auto che le ricoprivano ma riempiendole con un Arredo Urbano sconcertante che stravolgeva il concetto storico di piazza come spazio prevalentemente libero a uso della vita sociale dei cittadini.

Nessuno, durante l’iter del progetto, si era però accorto che una fontana esattamente uguale ma più bassa esisteva da anni a Sondrio (ma avrei scoperto più tardi che la stessa fontana decisamente più piccola c’era anche nel paese di Grosio) e allora mi chiedevo com’era stato possibile che questo progetto fosse stato approvato dal Comune con il parere favorevole della Commissione Edilizia, dell’Arredo Urbano e della Soprintendenza e senza che IN/ARC, INU, Ordine Architetti e i numerosi critici milanesi su urbanistica e architettura fossero intervenuti. Non è parso loro poco dignitoso per questa importante città, decorare una amata piazza con un monumento copia di quello da tempo esistente in un capoluogo di provincia lombarda dove la sua presenza era giustificata da valide ragion identificative, perché il monumento si rifaceva alle montagne Valtellinesi?

Ma questa è solo una premessa perché in questi giorni è apparsa ancora sulla stessa sfortunata piazza, sempre voluta dal Comune, una presenza veramente imbarazzante. Non so se gli architetti Gregotti, Nicolin, Kipar e il professor Crespi quando hanno espresso recentemente il loro parere su AcipelagoMilano sul problema dell’Arredo degli spazi pubblici, e della sua importanza a definire la scena urbana, avevano già visto il nuovo padiglione destinato a Official Store che il Comune di Milano ha posato appunto in piazza San Babila.

Del quale mi auguro la provvisorietà, ma che anche in questa previsione ottimistica non si può far a meno di classificarlo come un deplorevole exploit di Arredo Urbano. Ormai tutti hanno capito l’importanza per la scena urbana di questi edifici minori appartenenti alla famiglia dei “gazebo” posati in zone pedonali, che però devono essere insieme utili per la loro funzione, integrati planivolumetricamente nell’ambiente e soprattutto interessanti nel “design” anche con l’utilizzo di nuovi e moderni materiali molto diversi da quelli che caratterizzano i fabbricati circostanti ma accettabili, in queste tipologie edilizie, anche nei centri storici.

Invece ci troviamo di fronte a un banale parallelepipedo prefabbricato in alluminio e vetro dove il “design” è del tutto sconosciuto e che trattandosi di un Official Store di un Comune che fa della “moda” e del “design” la sua peculiarità, andrebbe immediatamente demolito. Posato in posizione precaria e casuale a ridosso della fontana dall’assetto e storia già problematica per conto suo, è una operazione di puro sadismo dell’ Arredo Urbano verso la piazza San Babila.

Un servizio urbano come quello che rappresenta, e che per la sua importanza come funzione e posizione poteva anche essere oggetto di un Concorso di Progettazione, fa parte di quelle costruzioni che definisco “minori” ma di grande impatto e assimilabile a quegli elementi che possono aiutare a comporre nello spazio pubblico una scena urbana piacevole, come le fontane, l’uscita/entrata pedonale di un parcheggio interrato e delle stazioni del metrò, gazebi destinati a uso dei negozi frontisti o a servizi aggiuntivi, edicole dei giornali, monumenti, alberature, sedute e illuminazione.

La posizione di queste costruzioni “minori” deve essere scelta con cura tenendo conto dei fondali esistenti, in questo caso la chiesa di San Babila, la colonna del Leone di sembianze veneziane che rappresentava il simbolo del Sestiere Orientale, gli allineamenti dei dignitosi edifici post-razionalisti ma e anche delle indicazioni del PGT che identifica la piazza con un certo rispetto. Ma sopratutto devono essere progettate con intelligenza, non può essere uno sgradevole prefabbricato industriale milleusi appoggiato casualmente sulla zona pedonale in uno spazio dove di solito si rilasciano occupazioni del suolo pubblico, per pochi giorni, a semplici effimeri gazebi per raccolta firme o cose del genere ma che almeno hanno la grazia della semplicità e della breve durata.

Ma al peggio non c’è mai fine, perché qualcuno recentemente si è accorto della sconcertante estetica del prefabbricato ma invece di demolirlo lo hanno sottoposto a un veloce “lifting” dei prospetti con materiali prevalentemente marroni scuri che così ne hanno accentuato la sua ingombrante presenza.

Questo nuovo affronto piazza San Babila non se lo meritava e mi auguro che tutti quelli che hanno ideato e approvato questo Official Store ci riflettano e lo demoliscano, indicendo invece un concorso tra gli architetti milanesi per un gazebo con un “design” adeguato alla funzione e collocato magari in mezzo a corso Vittorio Emanuele in asse con la chiesa di San Carlo. Se vogliamo parlare di scenari urbani.

 

Gianni Zenoni

 

IL DIBATTITO SULL’ARREDO URBANO 

Vittorio Gregotti ARREDO URBANO NO. PROGETTO DI SUOLO SÌ

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Andreas Kipar MILANO CHE CAMBIA: OLTRE L’ARREDO URBANO

Emilio Battisti L’ARREDO URBANO A MILANO TRA DETTAGLIO E SCENARIO

 



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