13 novembre 2013

ARREDO URBANO: PER L’EXPO MILANO DOVRÀ ESSERE MAGNIFICA


Succede in tutte le famiglie che in certi periodi si accumuli disordine e sciatteria e allora non c’è niente di meglio di una bella festa per trovare la forza di mettere tutto a posto in modo che amici e parenti vedano la casa splendente. Questo vale anche per la città e in particolare per l’Expo che deve diventare la grande festa in cui Milano si mostra al mondo con bellezza e particolarità. Non può accadere che sia giudicata trascurata e arrancante: siamo la capitale mondiale del made in Italy e questo si dovrà vedere subito dall’aspetto delle strade e degli spazi urbani. Dobbiamo allora chiarirci le idee alla svelta e agire.

06franco_repellini39FBLa politica urbana tenuta fino a ora con risultati più o meno buoni ha riguardato questi temi: togliere il degrado, dare senso e qualità ai luoghi centrali e periferici, ridurre l’auto e aumentare le biciclette, costruire le metropolitane, regolare la sosta, aumentare lo spazio pedonale e il verde. Questo è sempre il quadro generale di riferimento ma adesso, come faremmo in casa, e la città è la nostra casa, dobbiamo esaminare i singoli problemi, le diverse funzioni e gli elementi in gioco: pavimenti, pareti, rappresentanza, pulizia, servizi e impianti, arredi, luce, arte e comfort. Possiamo qui accennare qualche spunto.

Partiamo dai pavimenti, in città ne troviamo di tre tipi: asfalto, pietra e cemento (non molto). In generale si può dire che un pavimento sta bene continuativo e non un po’ di un tipo e un po’ di un altro: ad esempio se una strada è parte in asfalto, parte in cubetti e parte in masselli sarà comunque disordinata, meglio un bell’asfalto nero (non rosso per favore) compatto senza sbavature e buche.

Le pietre di Milano sono tradizionalmente il granito, la beola e il Cuasso al monte (ormai esaurito), che, trasformate in masselli, hanno pavimentato chilometri di strade e oggi forniscono una cava urbana da cui attingere materiale perfetto e intatto. Quando ero Direttore dell’Arredo Urbano feci redigere un “Piano della pietra storica” che prevedeva dove mettere e dove togliere i masselli, piano poi scomparso ma a quanto pare, come si è letto recentemente sul Corriere, è servito comunque a diffondere l’idea del riuso nelle pavimentazioni del centro storico. Queste belle e solide pietre che hanno uno spessore di circa 20 cm sono odiate dai ciclisti con buone ragioni, ma se posate bene a dorso d’asino in strade non ad alto traffico, usando malte elastiche che anni fa non esistevano, restano perfettamente al loro posto e costituiscono tuttora una delle più belle pavimentazioni urbane al mondo.

I cubetti di porfido trentino invece, di media grandi 10 x 10 cm, non sono tradizionali della città, buoni per le aree pedonali (sono robusti, lisci e costano poco) non sono indicati per le strade carrabili, quindi se si sollevano meglio toglierli. Anche con le lastre di pietra nuova si possono raggiungere risultati esteticamente molto buoni: è bella infatti la nuova pavimentazione in pietra di Luserna a spacco in piazza Liberty pure se molto chiara e a rischio devastazione per cicche americane. A questo proposito perché non chiediamo alla Perfetti o Vivident che per l’Expo presentino il chewingum biodegradabile? Sarebbe ora.

Passiamo all’arte urbana, senza dimenticaci di quanto era successo per i mondiali del ’90, quando piombarono sulla città numerosi monumenti-regalo che poi non si sapeva dove mettere (molti scomparvero nei meandri dei depositi). È probabile che la cosa si ripeta e piazza Piemonte e lì a testimoniare un possibile destino con i tre brutti monumenti in resina di Sassu. Ultimamente sono comparse anche le Tre Grazie di Fiume, in bronzo, decisamente molto migliori degli altri tre, ma che per altro erano state rifiutate dalla fu Commissione Monumenti. A questo proposito è inutile affrontare la situazione creando un’altra commissione priva di un braccio operativo che decida progetti che non si attueranno (il Consiglio di Zona 5 rifiutò il monumento Sequenza di Melotti, oggi all’Hangar Bicocca, perché nessuno conosceva l’artista) e scarti opere che poi verranno comunque posizionate perché davanti al regalo non si può resistere. Eppure i monumenti sono parte della città e le opere d’arte le rendono speciali, dobbiamo quindi decidere se vogliamo collocarne alcuni, quali e dove. Dobbiamo decidere se vogliamo valorizzare gli artisti italiani e i giovani coinvolgendo università, accademie, scuole d’arte e gallerie.

Gli arredi urbani sono un altro punto dolente perché in tanti anni non si è trovato uno stile uniforme e originale: anche in questo caso fu fatto un abaco che doveva dare delle coordinate d’azione ai vari settori e ai gruppi che agiscono nelle strade, abaco restato lettera morta. Velocemente va ripreso nelle linee generali, decidendo almeno quali sono i paletti dissuasori di sosta di Milano (non possono essere solo quelli in inox sparsi ovunque perché nessuno ha pensato a niente altro di meglio).

Partiamo da un presupposto, sul suolo pubblico va collocato solo quello che serve strettamente, evitando cose invasive ed estemporanee, anche se di autore, magari demodé (tipo archi di Daniel Buren a La Spezia). Tuttavia l’aumento delle presenze turistiche nella città comporterà sicuramente la necessità di nuovi oggetti urbani e di stazioni di comfort: bagni, sedute, cestini rifiuti, massimo ampliamento del wireless, chioschi per informazioni etc. Anche in questo caso va deciso chi fa cosa e come, cosa è pubblico, cosa privato, cosa pagato dalla pubblicità o sponsor e così via.

Tutto ciò, anche se appena accennato e incompleto, comporta un grande numero di esperienze e di soggetti in gioco con responsabilità di intervento precise e una regia unificata che assuma il punto di vista del paesaggio urbano nella sua globalità.

I settori comunali che trattano le strade e le infrastrutture sono la base organizzativa e direttiva di azione e coordinamento attorno ai quali però è necessario programmare delle competenze specifiche, pratiche (inutili le invenzioni suggestive ma puramente cartacee perché poi non attuabili come i raggi verdi) e, udite udite, servono persone fornite di buon gusto e di buon senso.

 

Giovanna Franco Repellini

 



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