30 ottobre 2013

ARREDO URBANO NO. PROGETTO DI SUOLO SÌ


Vorrei anzitutto muovere da una critica alla definizione di “arredo urbano”, una definizione che ricorda il tempo in cui erano i tappezzieri i responsabili dell’interno domestico. Vi è nella parola “arredo”, un senso che avvicina all’idea di guarnizione, di insieme di elementi di completamento decorativo, anziché a un progetto degli spazi urbani aperti. Si tratta invece proprio di un progetto che deve far fronte a una doppia e contraddittoria organicità: da un lato quella dell’uniformità e della leggibilità delle indicazioni che riguardano l’uso collettivo degli spazi aperti urbani, di percorsi, di trasporti e di sosta, e dall’altra l’organicità del disegno dei diversi spazi della città rispetto alla necessaria varietà degli ambienti, delle loro parti e del disegno degli elementi di connessione con le architetture che li definiscono.

07gregotti37FBQuindi strade, piazze, slarghi, portici, materiali, destinazione degli edifici, spazi aperti e mutevoli ecc, e gli altri elementi che stabiliscono tutto ciò che Bernardo Secchi definisce “progetto di suolo”: un progetto essenziale al senso dell’uso collettivo dei diversi spazi aperti pubblici della città. La sezione di una strada, la dimensione di una piazza, la gerarchia delle sequenze di una parte della città, la loro memoria storica, la loro importanza monumentale, richiedono un progetto della specificità delle loro diverse parti, compatibile con il ruolo che ciascuna di esse gioca rispetto all’insieme urbano e alla leggibilità delle indicazioni.

Non vi è dubbio che, nel progetto degli spazi aperti della città, il lavoro di condizionamento non solo funzionale e di organicità del disegno ma anche il suo essere parte di un progetto di senso urbano complessivo l’insieme dei diversi servizi urbani (infrastrutture, segnaletica, viabilità, indicazioni d’uso, ecc) gioca un ruolo essenziale anche nella definizione del disegno delle parti, senza che questo ne obblighi le necessarie differenze di memoria specifica, di compatibilità d’uso e di intenzionalità di interconnessione sociale di ciascuna di esse.

Un altro elemento decisivo è ovviamente la natura dell’importanza che il disegno degli spazi pubblici riveste nelle diverse culture, e i mutamenti che gli eventi politici comportano nell’attribuire loro diversi significati: monumentali, turistici, di luogo deputato per eventi, come semplici occasioni di incontro, come elementi dimostrativi di “decoro urbano” o della loro stratificazione storica. In tutto questo la relazione con gli elementi geografici, fiumi, differenze di quota, linee di costa, ecc, giocano in generale un ruolo di protagonisti o di riferimento essenziale nella definizione degli spazi aperti e dei loro elementi di disegno.

Il nostro studio ha affrontato in Cina alcuni casi esemplari: un concorso di idee per la sistemazione del Bund di Shanghai, cioè del tratto storico del lungofiume (dello Huangpu) che attraversa la città. In un altro caso il confronto con il sistema di grandi canali che attraversano la piazza su cui è collocata la nuova città di Pujiang da noi progettata, diventa l’occasione che articola una delle regole generali dell’insediamento. O, in modo diverso, la riqualificazione degli spazi pubblici di Mira (Venezia) lungo il Brenta, o la definizione del disegno degli spazi aperti nella costruzione di un nuovo “centro storico della periferia” nell’area delle ex industrie Pirelli alla Bicocca di Milano sono casi che indicano dettagli di sistemazione degli spazi aperti, del tutto differenti.

Ciascuno di questi casi ha richiesto una serie del tutto specifica e diversa di disegno degli elementi costitutivi che prima ho descritto, e una diversa gerarchia di importanza tra di essi e con l’esistente.

Questa della relazione con l’esistente e della sua modificazione è una parte rilevante e sovente conflittuale del progetto nel suo aspetto di informazione segnaletica generale, come anche della sua trasformazione nel tempo, che richiede l’esistenza di progetti precisi nelle intenzionalità e insieme molto flessibili; ma capaci di non creare contraddizioni negli elementi costitutivi che devono affrontare lunghe permanenze.

 

Vittorio Gregotti



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