29 gennaio 2014

L’ARREDO URBANO A MILANO TRA DETTAGLIO E SCENARIO


Anch’io sono d’accordo con Pierluigi Nicolin e con Carlo Tognoli riguardo alla necessità di ridurre il numero, selezionare e coordinare gli elementi che vanno a popolare gli spazi pubblici della nostra città. Ma sono anche d’accordo con Vittorio Gregotti che rigetta la definizione di arredo urbano e per riproporre il concetto di progetto di suolo concepito da Bernardo Secchi. Se si va infatti a rileggere il suo saggio molto argomentato, ci si rende conto di quanto sia fuorviante pensare di intervenire, come usualmente si fa, sullo spazio pubblico in termini di arredo urbano.

07battisti0FBL’arredo urbano è infatti definito come uno specifico ambito progettuale e di ricerca che provvede ad attrezzare gli spazi pubblici con manufatti fissi o mobili funzionali e, nel migliore dei casi, inseriti in una immagine coordinata della città. Tuttavia, ove vi sia una sostanziale inadeguatezza nel rapporto tra gli edifici e gli spazi pubblici, è impossibile pensare di rimediarvi esclusivamente attraverso interventi di arredo urbano.

Il rapporto tra edificio e spazio pubblico si declina in termini propriamente architettonici quando si tratta di realizzare un edificio in un contesto nel quale gli spazi pubblici hanno un assetto morfologico già strutturato e definito, oppure in termini di progetto di suolo quando il contesto edificato è dato e compiuto e si tratta di mettere disposizione spazi pubblici adeguati.

Non credo interessi in questa sede fare una disquisizione teorica pro o contro arredo urbano e progetto di suolo anche perché la casistica estremamente varia delle occasioni di intervento non lo consente. Ritengo invece utile riferire e ragionare su alcune mie esperienze di progettazione e realizzazione di spazi pubblici a Milano.

La prima ha riguardato la progettazione e realizzazione dell’edificio all’intersezione tra le vie Santa Radegonda e S. Raffaele un fronte del quale, è percepibile molto distintamente dalla Galleria Vittorio Emanuele, tanto da poter entrare a far parte dello scenario di questo grande interno urbano (fig. 1 ). In questa circostanza mi sono posto l’obiettivo di definire in termini funzionali spaziali e architettonici il nuovo edificio come appartenente a tale scenario. Innanzi tutto facendo proseguire il braccio orientale della galleria attraverso l’edificio stesso per approdare alla retrostante via S. Radegonda e, oltre, a via Hoepli e piazza Meda. Dando inoltre risalto allo spazio pubblico ricavato alla base dell’edificio riprendendo un tema ricorrente in alcuni edifici novecenteschi della nostra città. Declinando infine il linguaggio architettonico a due scale sia in riferimento a quella degli altri edifici prospettanti su via S. Raffaele sia rispetto all’ordine gigante della Galleria. In questa esperienza è stata dunque la progettazione del nuovo edificio a farsi carico di definire un adeguato rapporto con il contesto della città storica e con lo spazio pubblico già fortemente strutturato, incrementandone la disponibilità e offrendo a esso una opportunità di ulteriore articolazione.

Nella sistemazione degli spazi pubblici adiacenti alla Basilica di S. Lorenzo, la cui progettazione è stata svolta assieme a Silvano Tintori, si è trattato di far fronte a una situazione di incuria e degrado durata decenni scaturita anche dal fatto che, per poter consolidare le colonne romane antistanti la basilica, dal 1957 il tram era stato fatto passare “provvisoriamente” attraverso il sagrato. Riportarlo nella sua sede originaria all’esterno delle colonne ha rappresentato quindi il principale intervento messo in atto per restituire al sagrato della Basilica la sua dignità e riconsentirne l’uso ai cittadini. Inoltre trattandosi di definire un’area urbana pedonalizzata nella quale ammettere l’accesso esclusivamente ai mezzi pubblici, abbiamo ritenuto di poter evitare il tipico dislivello tra marciapiede e sede stradale veicolare, proponendo quanto avviene in altri paesi europei dove pedoni e mezzi pubblici condividono gli stessi spazi urbani. In questo caso i cosiddetti elementi di arredo urbano si sono ridotti ai lampioni della pubblica illuminazione caratterizzati dal garbato design di Umberto Riva e le lunghe sedute di granito, d’intonazione minimalista (fig. 2).

Ciò che è mancato in questa esperienza è stata la possibilità di intervenire sugli edifici e riorganizzare le volumetrie estremamente scomposte a causa della incompiuta attuazione dei piani regolatori precedenti e per il fatto di aver consentito ogni tipo di trasformazione senza adottare un adeguato piano di recupero urbano. Il “progetto di suolo”, per quanto di piccola scala, ha conseguentemente rappresentato l’unico modo di intervenire componendo forme, materiali ed elementi in funzione di una chiara connotazione e articolazione degli spazi.

Un’altra esperienza di cui mi sembra utile dare testimonianza è quella della sistemazione di piazza Costantino e delle aree limitrofe all’interno dell’insediamento storico di Crescenzago caratterizzato dalla presenza del Naviglio Martesana. Il provvedimento più rilevante di questo intervento è consistito nell’eliminazione, nell’asse principale di via Padova e piazza Costantino, del dislivello tra marciapiede e sede stradale in modo da dare continuità al piano di calpestio separandoli dalla sede stradale mediante un largo cordolo continuo in granito dello spessore di 0,25 m e della larghezza di 0,50 m sul quale sono impostati i lampioni, la segnaletica verticale, i cestini dei rifiuti mentre i varchi di accesso carrabile agli edifici sono segnalati da cippi opportunamente sagomati (fig. 3). Come proposta di questa progettazione di suolo, ho avanzato anche l’idea di realizzare una vera piazza – non potendo essere considerata tale l’attuale piazza Costantino – integrando all’interno dell’intervento un’area non edificata: proposta che l’Amministrazione comunale ha fatto propria qualche anno più tardi.

Il mio interesse per la progettazione dello spazio pubblico si è anche applicata al tema del lampione di illuminazione che ritengo molto importante in quanto, per la sua permanente e diffusa presenza, può e rappresentare il supporto in grado di coordinare la maggior parte degli elementi che affollano le nostre strade. Ciò è possibile dando particolare importanza al palo facendone un elemento variamente componibile non solo in funzione delle esigenze di illuminamento ma anche come elemento al servizio dello spazio pubblico, utilizzandolo per sostenere segnaletica stradale, semafori, targhe della toponomastica, ecc. (fig.4). Per concludere desidero segnalare come questi aspetti di dettaglio, che nel loro insieme sono importanti per la qualità della vita urbana, costituiscono anche il puntuale riscontro del modo in cui riusciamo a orientare la gestione e manutenzione della città.

Ma va osservato che Milano si trova oggi in una fase molto cruciale di mutazione, perché la centralità del suo sistema spazialmente più rappresentativo storicamente costituito da Duomo, Galleria, Scala e Castello Sforzesco, viene contesa da una potenziale nuova centralità composta dal complesso Porta Nuova, dal Palazzo della Regione e dall’intervento delle Varesine. Anche la costituzione dell’Area Metropolitana contribuirà a mettere in discussione l’assetto storicamente dato con tempi ed effetti difficili da prevedere ma che sarebbe opportuno monitorare molto attentamente almeno per immaginare i possibili futuri scenari.

Ritengo che anche queste trasformazioni a grande scala della gestione politica e amministrativa del territorio comporteranno una differente connotazione dello spazio pubblico e che la cura che dobbiamo dedicargli non debba impedirci di renderci conto dei processi già in atto che condizioneranno i destini della nostra città.

 

Emilio Battisti

 

IL DIBATTITO SULL’ARREDO URBANO 

Vittorio Gregotti ARREDO URBANO NO. PROGETTO DI SUOLO SÌ

Pier Luigi Nicolin  SE “ARREDO” URBANO FOSSE UN NEOLOGISMO PER SOTTRAZIONE

Giovanna Franco Repellini ARREDO URBANO: PER L’EXPO MILANO DOVRÀ ESSERE MAGNIFICA

Luciano Crespi ARREDO URBANO O “INTERNI URBANI”?

Mario Bisson ARREDO URBANO: IL TEMPO E IL LUOGO NEL PROGETTO

Carlo Tognoli ARREDO URBANO: AVERE CURA DELLA CITTÀ

Beniamino Saibene (esterni) DALL’ARREDO URBANO ALL’ARREDO UMANO: PUBLIC DESIGN

Guya Bertelli, Michele Roda Pasquale Mei  ARREDO URBANO: SPAZI PUBBLICI E LUOGHI CONDIVISI

Marianella Sclavi ARREDO URBANO, SPAZI PUBBLICI E DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA

Marco Romano ARREDO URBANO: L’INERZIA NELLE PICCOLE COSE. E NELLE GRANDI?

Andreas Kipar MILANO CHE CAMBIA: OLTRE L’ARREDO URBANO

 

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