27 novembre 2013

ARREDO URBANO: IL TEMPO E IL LUOGO NEL PROGETTO


L’espansione dei luoghi abitati, di lavoro e di trasporto, trascurando vincoli naturali, psicologici, biologici, è diventata troppo spesso aggressione indiscriminata a un sistema complesso in costante trasformazione, fatto di differenze ambientali, storiche, culturali. La tendenza a un appiattimento delle differenze territoriali è esempio e risultato di una pianificazione umana priva di cognizioni temporali, senza previsione né verifica degli effetti che può causare l’uso di strumenti di progettazione troppo grossolani e brutali rispetto alla fragile finezza delle configurazioni con le quali ci si misura.

06bisson41FBQuest’aggressività progettuale deriva comunque dal persistere dell’idea che la grandezza degli esseri umani è più nella loro attitudine tecnologica che nella loro capacità di mettersi in consonanza con i ritmi arcani della natura, pur sottolineando che tecnologia e scienza hanno decretato il progresso e, spesso, un nuovo benessere. Il problema risiede nella necessaria compensazione naturale, nella rottura di equilibri che vengono da una sottrazione senza restituzione. Si tratta allora di elaborare concetti e metodi che portino a definire e attuare le necessarie trasformazioni spaziali, ma coerentemente con la complessità dei territori in cui accadono.

Oggi non possiamo più fare riferimento a principi etici, morali, politici e religiosi statici nella progettazione del territorio, trovandoci piuttosto in una situazione in continua mutazione, in continua ricerca di equilibri che, appena raggiunti, si dissolvono sotto la spinta delle rapide trasformazioni che caratterizzano il nostro tempo. Diventa necessario comprendere il territorio, imparando a conoscerlo e impegnando tutto lo spettro percettivo di cui disponiamo, dalla ragione alla passione, insieme alla cultura e al frutto dell’esperienza. Mentre il territorio sta perdendo le sue caratterizzazioni strutturali e formali, ci restituisce monotonia percettiva ed effetti livellanti sui modi di vivere degli individui e dei gruppi sociali. Il territorio deve invece essere continuamente inteso attraverso la percezione multisensoriale, ambientale e materica, che è trasmissione di significati. Colore, dunque, ma anche luce, forma, materia, texture …

Ciò che manca, è una formazione progettuale rispetto al colore che vada a scardinare una ben troppo radicata concezione formale acromatica, che considera ancora il colore a posteriori, come decorazione. La forma non può essere percepita senza il colore, e la componente cromatica dovrebbe essere studiata ed elevata al pari delle altre componenti che portano alla configurazione del progetto architettonico e urbano.

Parlare di colore nel rapporto tra ambiente, percezione e design impone quindi un approccio trasversale e mai univoco, certamente consapevole del legame di memorie e storia, in chiave interpretativa multidisciplinare, tra cultura architettonica e identità. Se è evidente la perdita di identità progressiva di alcune aree cittadine e luoghi periferici contemporanei, uno sguardo al passato permette di verificare che è esistito un lungo tempo nel quale il legame tra territorio, architettura e colore era invece denso e partecipato. I maestri toscani partivano dalla forma e il colore nasceva con essa. Per i veneti era la luce a generare il colore e lo spazio architettonico era ‘composto’ dal colore; così la ricerca pittorica era esclusivamente affidata ai valori visivi e in particolare coloristici. Sulla mutevole pelle del territorio urbano si sovrappongono insiemi di segni stabili ed effimeri, stratificati in messaggi e racconti-graffiti e storie narrate da muri antichi.

Oggi, presso il Laboratorio Colore del Dipartimento Indaco del Politecnico di Milano, si vuole riaprire un dibattito sul problema dell’identità delle città, un problema di convivenze, di habitat, di spazio pubblico e privato, di estetica, in relazione con cromie e grane superficiali.

Comunicazione, percezione, estetica sono alla base di un possibile modello interpretativo dell’universo ‘colore’. Universo interpretabile come percezioni degli occhi e del corpo, oltre che tramite i sistemi cromatici attualmente disponibili e le molte culture del progetto colore.

 

“C’è un vento impetuoso che percorre il mondo, carico di stimoli che ci attraversano e che i nostri cedevoli sensi, se ben temperati, in parte trattengono provocando quel turbamento interno che noi chiamammo Percezione ma che forse sarebbe meglio chiamare come una volta, “sygkinesis” … “commozione”. (Narciso Silvestrini)

 

Mario Bisson



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