9 aprile 2024

LA MATERNITÀ È UN FATTO PRIVATO, UNA MALATTIA? 

Riflessioni sulla “statua della donna che allatta”


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Una tenera madre tiene sollevato, davanti a sé con entrambe le mani, un piccolo infante. Il  volto è inclinato verso di lui: vuole conoscerlo e proteggerlo, come fanno tutte le madri. Il seno, fonte del nutrimento, è scoperto; la parte inferiore del corpo è coperta da un drappeggio simile a quello di una dea greca… Lei è la dea mater, l’emblema della vita; del significato più profondo e universale dell’esistenza.

Era stata offerta alla città… ma quella statua, per il momento, non andrà da nessuna parte, e Milano non potrà vederla: lo ha deciso una “Commissione di esperti in materia di opere d’arte per la valutazione di proposte di collocazione di manufatti artistici negli spazi pubblici di Milano”, nella seduta del 5 marzo 2024. La motivazione? Vediamo il verbale:

La Commissione esprime all’unanimità parere negativo, sia per la tipologia dell’opera proposta, sia per la posizione. Si suggerisce invece che l’opera venga proposta in donazione a un Istituto privato (ad es. un ospedale o un istituto religioso), all’interno del quale sia maggiormente valorizzato il tema della maternità, qui espresso con delle sfumature squisitamente religiose.

“Tipologia dell’opera proposta?”: forse la tipologia non è la stessa della Pietà Vaticana di Michelangelo, o della Madonna Sistina di Raffaello? Lì è esplicitamente Maria a tenere fra le  braccia il figlio: e quelle opere, certo, non sono mai state relegate al “privato”. La religiosità  nominale, in entrambi i casi e come sovente accade, è stata trascesa dal significato tutto umano  della maternità.

Nella statua di Vera Omodeo la figura femminile è una madre, una qualsiasi, una di noi,  senza alcuna connotazione religiosa o di parte… e perché mai dovrebbe andare in un  ospedale? È una malattia, forse, diventare madri? È emblema di una patologia da curare?  E perché mai il tema della maternità dovrebbe essere valorizzato in luoghi chiusi? In questi tempi di violenza, di prevaricazioni, di guerre, di stermini, quella tipologia che la Commissione vorrebbe oscurare è la prima che potrebbe salvare il genere umano.  Ma andiamo avanti col verbale che, subito dopo, recita:

Si è infatti discusso di come la scultura rappresenti valori certamente rispettabili ma non universalmente condivisibili da tutte le cittadine e i cittadini, tali da scoraggiarne l’inserimento nello  spazio pubblico.  

Mi chiedo solo quali parametri siano stati utilizzati e a quale visione del mondo si faccia  riferimento. La maternità è un valore assoluto e universalmente condivisibile!  Per fortuna il giudizio della Commissione non è stato condiviso (la notizia è recente), né dal Sindaco Sala, né dall’Assessore alla Cultura Tommaso Sacchi e l’offerta della statua alla città di Milano verrà di nuovo presa in esame. Ma fa pensare con quanta superficialità o insipienza possano essere date valutazioni, in particolare su oggetti il cui valore e il cui significato non  siano numericamente determinabili. E, a lato, come le informazioni distorte si diffondano a  macchia d’olio anche tra i giornalisti, che si sono impossessati della notizia, in questi giorni, in maniera frenetica e acritica.

La statua non è quella di una madre che allatta (come leggo su molti organi di stampa),  e neppure quella di maternità intesa in senso stretto, ma emblema della possibilità per il  sapiens sapiens di una possibile convivenza (e sopravvivenza) della specie, e simbolo potente  di una spiritualità disinteressata, in un mondo dominato dall’avidità, dalla violenza, da un egoismo.

Forse è giunto il momento di cambiare lo scenario in cui viviamo, e di sostituire – al centro  delle piazze – statue di madri a quelle di generali a cavallo che, a rileggere la storia, sono stati  portatori più di morte che di vita

Giuliana Nuvoli

Anche a nome delle associazioni Toponomastica Femminile e DonneinQuota



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  1. MaurizioL'opinione della commissione in effetti è sembrata "incredibile" a tanti, a tal punto che mi domando se esista un modo di interpretarla che le dia un minimo di "giusto senso". Non so, forse si ritiene che donne che hanno perso un figlio si sentano addolorate vedendo la statua, oppure che venga interpretata come un indicazione che fare un figlio e allattarlo sia un imperativo morale da imporre a ogni donna (starebbe qui forse il "non universalmente condivisibili"?). Roba simile. Qualcuno saprebbe "difendere" (diciamo così) l'opinione della Commissione, che a me come a tanti è sembrata "grottesca"? Questo al di là del valore artistico della statua, che ovviamente sarebbe un altro discorso.
    20 aprile 2024 • 09:44Rispondi
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