10 ottobre 2019

LA RIVOLUZIONE DI GISELLE: L’IDEALE AL DI LÀ DELLA MORTE

Nicoletta Manni e Timofej Andrijašenko al Teatro alla Scala


Giselle è una rivoluzionaria. Una pasionaria, se vogliamo. Tutto quello di cui siamo (spesso malamente) imbevuti sul romanticismo o, direi meglio, sulle “romanticherie” viene smentito da Giselle. Per intenderci, la principessa in pericolo che attende di essere salvata dal principe azzurro sul cavallo bianco? Frutto di una mentalità borghese e conservatrice di metà ’900. Non è romanticismo.

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Il romanticismo è ben altro. Il romanticismo è una rivoluzione. Nell’arte e nella letteratura lo chiamiamo “romanticismo”, ma nella filosofia lo stesso movimento di fine Settecento e metà Ottocento si chiama “idealismo”. L’eroe romantico è il protagonista della propria vita, non importa se sia uomo o donna: è colui che crede in un ideale in modo così intenso e profondo da non temere nemmeno la morte. Giselle ‘rivoluziona’ persino questo altissimo concetto, portandolo all’estremo: il suo ideale vive anche al di là della morte.

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L’amore per Albrecht, sebbene causa della sua morte, sarà per Giselle occasione per dimostrare come una donna fragile abbia uno spirito tanto forte da essere lei a salvare il principe in pericolo. Infatti, Giselle è l’emblema del balletto romantico e può essere considerato un esempio mirabile di romanticismo e idealismo.

Giselle il 30 settembre 2019 al Teatro alla Scala ha le sembianze di Nicoletta Manni, prima ballerina. Alla Scala e nelle tournée l’ha danzata tante volte sia con il primo ballerino Claudio Coviello sia con Timofej Andrijašenko, primo ballerino e fidanzato. Stavolta Andrijašenko ha indossato i panni del principe Albrecht accanto a Manni.

Nicoletta ha una tecnica fenomenale, una padronanza dei principi e un controllo del corpo impressionante: la sua Giselle è precisa. La contadina del primo deve maturare un suo stile, per esempio, le braccia alla terza con i gomiti troppo tesi – secondo l’abitudine attuale – restringono la cornice del viso e chiudono il décolleté: la cornice Cecchetti delle braccia nello stile Ottocento ha il suo perché coreografico nell’atto I di Giselle.

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Appare, invece, perfettamente matura in Manni la willi Giselle dell’atto II. I salti in battere con il corpo superiore che tira verso il basso e le gambe che slanciano in alto confluiscono al degas un rigonfiamento che confluisce una gradevole ballon e un’aria eterea e fluida come quella di uno spirito della notte. Gli occhi sempre verso il basso danno verità e intenzione al ruolo e allo spettacolo.

Il suo Albrecht è un vero danseur noble. Andrijašenko ha le proporzioni slanciate, è elegante: la stanchezza di Albrecht dell’atto II è la sua stanchezza. La sua tecnica è solida, la variazione dell’atto II con la coda degli entrechats six è stata di grande impatto; con le sue linee e proporzioni può prendere Ha poi una grande capacità di sentire la focosità nel carattere dei personaggi, la loro mancanza di controllo. Già aveva dimostrato questa capacità in una bella recita della «Kameliendame» di John Neumeier un paio di stagioni fa; e si è cimentato di nuovo in una bella prova nella scena che chiude il primo atto di Giselle, in cui Albrecht è combattuto tra l’imbarazzo, la rabbia, il senso di colpa e la disperazione. Timofej è stato uno splendido interprete.

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A guardare il balletto Giselle mi sono sempre chiesto perché Hilarion muoia e Albrecht no. In fondo, è morta di crepacuore per il dolore dell’inganno di Albrecht. Hilarion, il guardiacaccia del villaggio, da sempre innamorato sinceramente di Giselle, ha smascherato il principe travestito da popolano per il ‘bene’ di Giselle (o per il proprio, perché magari credeva che lei a quel punto lo avrebbe sposato?).

Ecco anche in questo Giselle è rivoluzionaria. Siamo abituati nella nostra cultura postmoderna a un manicheismo irreale in cui il buono è buono sempre e il cattivo non ha alcuna speranza di redenzione, perché compirà sempre malvagità. Ma non è vero. Non esiste questa divisione netta e inconciliabile tra bene e male. Albrecht è buono, perché si è scoperto innamorato sinceramente di Giselle, anche se inizialmente l’ha sedotta per gioco o per capriccio; Hilarion è buono, perché ama da sempre Giselle e vuole proteggerla. Albrecht è cattivo, perché nel suo egoismo non prevede le conseguenze possibili del suo gesto sia con Giselle sia con la corte; Hilarion è cattivo, perché il suo amore è possessivo, non valuta la posizione di Giselle.

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E allora, perché Albrecht viene salvato e Hilarion viene ucciso? La passione in senso etimologico, la ‘sofferenza’ e il ‘sentimento’, di Giselle fa la differenza. È lei che decide. E la fanciulla fragile fisicamente e psicologicamente che in prima persona decide si vivere il suo ideale, il suo primo amore, che anche se breve è stato la felicità più grande della sua vita. Non importa se poi ne sia morta per questo. Importa che lei decida di salvarlo, perché lei vuole che il suo primo e unico amore continui a vivere (anche se forse già sposato con la promessa Bathilde). Questo è il romanticismo, altro che principessa che attende il principe!

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E com’è l’Hilarion di Marco Agostino? È un guardiacaccia invadente, dalla fisicità prepotente e dall’atteggiamento sarcastico. Un personaggio che allo stesso tempo suscita attrazione e antipatia, uno di quelli che si ricorda. Padrone della scena, ammirabile per il realismo il momento in cui correndo verso la porta di Giselle si accorge del corno e dello stemma inciso che corrisponde a quello della spada di Albrecht. Ha paura, invece, nell’atto bianco. È però abituato a combattere: le sue forze le risparmia per l’esplosiva variazione nel cerchio magico delle Willi e per la diagonale di chaînés ‘a salire’ molto ritmici e potenti. Anche se trema di fronte alle implacabili Willi e alla loro regina Myrtha, fino a cedere.

Myrtha è una fredda ed energica María Celeste Losa, un ruolo ben calibrato per lei. Le ancelle sono Caterina Bianchi e Vittoria Valerio, due willi molto diverse tra loro. Scattosa ed elegante Caterina, leggera e forte Vittoria, una Giselle in miniatura, come sa essere lei.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano © Teatro alla Scala. Foto 1: Nicoletta Manni nell’atto I. Foto 2: Timofej Andrijašenko nell’atto II. Foto 3: Nicoletta Manni in grand jeté nell’atto I. Foto 4: Timofej Andrijašenko nell’atto I. Foto 5: Marco Agostino e Timofej Andrijašenko nell’atto I. Foto 6: Nicoletta Manni e Timofej Andrijašenko nell’atto II.



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