26 aprile 2016

SCALI FERROVIARI, NUOVO PGT E CONFLITTI FUTURI


A distanza di quattro mesi dal conflitto che ha opposto il Consiglio Comunale alla Giunta, per la mancata approvazione dell’Accordo di Programma sugli scali ferroviari, vale la pena che si faccia una pacata riflessione sulle cause che l’hanno provocato. Una riflessione che può fare chiarezza su come ognuno intende la politica urbanistica per la città e la sua futura direzione di sviluppo, ed evitare alla prossima Giunta ulteriori conflitti o forzature.

03goggi15FBA mio parere, l’origine dei conflitti sta nell’impostazione che è stata data al PGT di Milano. Il PGT, come elaborato dalla Giunta Moratti, è forse l’unico piano urbanistico d’Italia che non preveda vincoli per aree destinate a servizi pubblici, ma solo per verde e infrastrutture. Questa scelta fu sorretta da una visione di sussidiarietà che prevedeva che i nuovi servizi fossero realizzati a carico degli interventi immobiliari. Visione che ha un senso per la realizzazione di piccoli servizi di quartiere, ma che non può reggere quando si tratta di localizzare un polo scolastico, uno ospedaliero o altri grandi servizi analoghi.

A pochi anni dall’approvazione del PGT ci siamo trovati con la proposta di localizzare un nuovo grande polo universitario (quello della Statale che considera obsolete le sue strutture di Città Studi) e uno ospedaliero (la Città della Salute), ma per queste funzioni nella pianificazione milanese non c’era posto, benché a Milano vi siano quasi quattro milioni di mq di aree pubbliche disponibili (compresi gli scali ferroviari), ma non destinate a servizi. Sappiamo che sono poi stati previsti in aree non adeguatamente accessibili, come già ho argomentato in precedenza.

A Torino, la nuova sede dell’Ospedale delle Molinette sarà sull’area degli ex-scali ferroviari, altamente accessibile. A detta dei dirigenti delle FS sarebbe potuto succedere anche a Milano, peccato che nessuno l’abbia chiesto. Qui tutta la superficie degli scali è stata lasciata alla libera edificazione privata, con quel po’ di verde e di edilizia sociale che non si nega a nessuno, beninteso, ma ben al di sotto di quanto i cittadini vorrebbero e di quel che farebbe fare un salto di qualità alla città.

Questa mancanza di visione non è l’unico problema del PGT adottato nel 2010, c’è anche un’irragionevole previsione d’aumento della popolazione (foriera di una capacità insediativa sovrabbondante), un sistema di perequazione assai problematico (di cui ho già scritto in altra sedei) e c’era una rete di nuove metropolitane assai stravagante. Quest’ultima fortunatamente superata dal PUMS adottato dall’attuale Giunta, che ha riportato la rete a un assetto razionale (senza però ripristinare tutti i tagli d’importanti linee operati dal PGT), sempre che venga approvato.

La Giunta Pisapia, ereditando il PGT adottato, ha scelto di affrontarne la revisione da un punto di vista meramente quantitativo, e questo è il vero problema. L’urbanistica attiene più alla qualità della vita dei cittadini che alle quantità edificatorie. Attiene al problema della casa per chi non si può rivolgere al libero mercato immobiliare (e sono ormai diecine di migliaia di famiglie); alla disponibilità e all’accessibilità ai servizi d’istruzione, sanitari, culturali; alla disponibilità e all’accessibilità ai luoghi di lavoro. Attiene ai modi d’integrazione con la circostante area urbana, Città Metropolitana e non solo. In una parola: la struttura della città.

Non si può pensare che la riduzione delle densità volumetriche possa, da sola, risolvere le questioni e trasformare il futuro di Milano. (Peraltro, la densità prevista dall’accordo di programma sugli scali non è poi tanto moderata, com’è già stato dimostrato su queste pagine).

Sembrano cose da specialisti, ma, quando non si avverte la tensione verso la trasformazione della città e verso il conseguimento di migliori opportunità per tutti, i cittadini se ne accorgono, le forze politiche ne traggono poi le conseguenze. Peraltro, in digressione, si può osservare che la densità edificatoria non è un imperativo categorico che non possa ammettere qualche – limitata – flessibilità, quando ci fossero importanti contropartite.

Confrontiamo due scenari. Da una parte una città in cui i grandi servizi (ospedali, università, uffici pubblici) sono collocati sulle linee ferroviarie passanti e sulle metropolitane, più centrali ma accessibili in tempi urbani anche da tutta la Città Metropolitana (e da buona parte della Regione) e con una densità edificatoria lievemente maggiore nei punti di elevata accessibilità. Dall’altra parte una città tutta lasciata all’edificazione privata, a minore densità ma con i servizi e i luoghi di lavoro sparsi in siti meno accessibili, raggiungibili con difficoltà dall’area urbana circostante.

Penso che pochi avrebbero dubbi nella scelta. Nel secondo caso avremo contrastato un poco di più la rendita fondiaria (già ampiamente acciaccata dalla crisi di domanda, e più ancora dall’assetto urbano poco polarizzato che ne deriverà) ma i cittadini di Milano staranno peggio e quelli della Città Metropolitana ancora di più.

Urge, quindi, ripensare la città, urge comprendere a fondo i bisogni dei cittadini. Non solo, occorre produrre una visione a medio-lungo termine dello sviluppo che faccia capire a tutti dove si sta andando e a quale livello di vita si sta puntando. Occorre comprendere che oggi Milano è tutt’uno con la sua Città Metropolitana e che, perché tutti i suoi abitanti siano pienamente milanesi nelle opportunità, nell’accesso ai servizi e al mercato del lavoro, la strategia di localizzazione delle attività sulla rete dei trasporti è cruciale.

Occorrerà anche porre mano al PGT – come la legge prevede allo scadere del quinquennio, ma consente in ogni momento – producendo un Documento di Piano che dia una nuova prospettiva ai milanesi. Operazione che può essere anche molto veloce, se ci si limita al solo Documento di Piano, ma che può essere anticipata dall’enunciazione dei nuovi indirizzi e dal dibattito che ne seguirà.

Riproporre semplicemente la stessa politica urbanistica lascerà inalterati i conflitti e non potrà evitare altri scontri tra le forze politiche.  Ne dovrebbero tenere conto i candidati sindaci.

Giorgio Goggi

 

(i) G. Goggi, Il PGT di Milano, perequazione, diritti edificatori e diritti dei cittadini, in: Scienze Regionali – Italian journal of Regional Science Vol. 13 – n. 2-2014.

 

IL DIBATTITO SUGLI SCALI FEROVIARI

Mario De Gaspari SCALI FERROVIARI: IL RUOLO DI MILANO NELL’ECONOMIA DEL PAESE

Paolo Pomodoro A PROPOSITO DI SCALI FERROVIARI

Federico Oliva SCALI FERROVIARI: IL MEGLIO È NEMICO DEL BENE

Giuseppe Longhi SCALI FERROVIARI: “AS USUAL” O DELLA RINUNCIA ALL’INNOVAZIONE

Stefano Boeri LÀ DOVE C’ERANO GLI SCALI UN “FIUME VERDE”

Sergio Brenna IL DIBATTITO SUGLI SCALI E LE OCCASIONI PER LA CITTÀ 

Alessandro Balducci L’ACCORDO SUGLI SCALI: UNA STORIA, I CONTENUTI 

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Michele Monte SCALI FERROVIARI: OLTRE L’APPROCCIO IMMOBILIARE

Emilio Battisti IL RECUPERO DEGLI SCALI, CIRCLE LINE E SECONDO PASSANTE

Marco Ponti PERCHÉ VECCHI BINARI NELLA NUOVA CITTÀ

Guido Trivellini Marina Trentin “ROTAIE VERDI”, UN PROGETTO ECO-FERROVIARIO PER MILANO



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