1 febbraio 2017

sipario – ECO DI FONDO: TEATRO DI SUGGESTIONI, OMBRE E COLORE


Anche nel nuovo anno continua il percorso di Sipario – dietro le quinte alla scoperta delle giovani compagnie protagoniste del teatro milanese. Si riprende con Eco di Fondo, fondata nel 2009 da Giacomo Ferraù e Giulia Viana, diplomati all’Accademia dei Filodrammatici di Milano e dediti al teatro per adulti e per ragazzi, con un repertorio stilisticamente vario ma sempre attento all’attualità e dunque coerente con le finalità di Melting, il sodalizio artistico di cui la compagnia fa parte dal 2015.

Proprio per la sua sensibilità alle questioni contemporanee e ai temi etico sociali, la compagnia ha ottenuto diversi riconoscimenti: nel 2008 il Premio ANPI Cultura (con il monologo Le rotaie della memoria); nel 2010 il bando Schegge – Cerchio di Gesso di Torino e il bando Presenze.2 – Teatro Filodrammatici di Milano (con lo spettacolo Bestie); nel 2014 il Premio Pradella dell’Accademia dei Filodrammatici di Milano. Lo spettacolo La Sirenetta (patrocinato da Amnesty International Italia e EveryOne Group) è stato inoltre selezionato sia nel 2015 che nel 2016 da Next, laboratorio delle idee e ospitato dal Piccolo Teatro di Milano, dal Teatro di Roma, e dai Circuiti del Teatro Pubblico Pugliese e di Piemonte dal Vivo.

sipario04FBNei vostri spettacoli miti e fiabe più famosi sono stravolti e utilizzi come spunto di riflessione su temi attuali e complicati come l’eutanasia, l’identità sessuale, la migrazione e la discriminazione, la solitudine dell’individuo di fronte al pregiudizio sociale. È un modo per suggerire che le storie dai significati “stereotipati” sono ormai inadeguate a spiegare i comportamenti moderni, o un espediente per rivivificarle e arricchirle di nuove possibili interpretazioni?

Gli archetipi costituiscono una base condivisa sulla quale si possono incardinare tentativi (attuali e inediti) di fornire risposte a quelle domande universali che sono (consapevolmente o meno) condivise da tutti gli uomini, in tutte le epoche. I modelli proposti dal mito e dalle fiabe hanno il vantaggio di agire immediatamente sull’immaginario collettivo: sono subito riconoscibili e interpretabili, ma proprio per questo, per non trasformarsi in “stereotipi”, devono essere riletti e rielaborati alla luce delle contingenze moderne. Anziché cristallizzarsi e banalizzarsi, le immagini della tradizione divengono spunti di riflessione sugli aspetti contingenti della nostra contemporaneità, e dunque si arricchiscono di significati e accrescono la nostra consapevolezza e sensibilità.

In diverse opere che avete realizzato si nota una particolare attenzione all’aspetto del “gioco”. Esiste un collegamento tra quest’ultimo e il teatro?

In ottica pedagogica, la nostra società utilizza i giocattoli antropomorfi come strumento educativo, per mimare e riprodurre le dinamiche dei rapporti sociali e delle situazioni emotive con delicatezza e leggerezza. Il gioco è al tempo stesso il mezzo per recuperare l’innocenza infantile perduta, e l’ambito in cui, anche nei bambini, si manifestano violenza, egoismo, prevaricazione. Giocare serve a imparare l’esistenza di regole e ruoli, e dunque il significato della “trasgressione”, il valore (o disvalore) degli stereotipi e il modo per ribaltarli. Per noi il gioco è anche un modo di approcciarsi al lavoro: pensiamo a un teatro che non solo sappia rivolgersi ai bambini traendo spunto dall’infanzia, ma che sia in grado di ricreare uno spazio “puro”, senza pregiudizi, per incontrare l’altro, il “diverso”; un teatro come metafora di un linguaggio comune, per comunicare e “divertire”, cioè trovare la porta d’accesso alla dimensione in cui lo spettatore reagisce in modo spontaneo, abbandonando qualsiasi “posa” socialmente codificata. E nulla è più spontaneo di una risata.

Tutti i vostri protagonisti sembrano in qualche modo “in fuga” dal loro presente, alla ricerca di una realtà alternativa identificabile nel sogno di un amore stereotipato (Il più bel giorno della mia vita), in un’infanzia ritrovata (Nato ieri), in una nuova società (I Candidi), o addirittura in una morte dignitosa e liberatoria (Orfeo ed Euridice). Il teatro è fuga o richiamo alla realtà?

In parte il fascino del teatro risiede proprio nella capacità di essere “evasione”, distrazione dal proprio sé, divertimento. Ma il teatro è vivo, reale, concreto: è qui e ora e sarà tale a ogni performance. Come la vita che scorre è fatto di situazioni al tempo stesso replicabili ma irripetibili, e questo aspetto stupisce molto i ragazzi delle scuole che assistono ai nostri spettacoli. In un’epoca come la nostra in cui tutto è immateriale ed evanescente, si è perso il senso del valore dell’istante, di qualcosa di bello e unico che deve essere colto al volo, perché non tornerà più così com’è. Il teatro può educare anche a questo.

In Sogni e Coppia aperta viene proposta un’immagine molto diversa del rapporto amoroso: nel primo appare come una parentesi di vita “vera” ma effimera ritagliata nella nebbia onirica dell’esistenza quotidiana. Nel secondo è invece descritto come “gabbia” da cui liberarsi per riconquistare l’autonomia perduta. Eppure solo il rapporto rappresentato nella commedia di Fo in qualche modo riesce a durare. Quale modello è più praticabile oggi?

Qualsiasi spettacolo che voglia parlare d’amore, parte da una domanda fondamentale: “Cos’è famiglia?”. Famiglia è qualsiasi luogo in cui ci sia affetto, calore, sicurezza; una “situazione”, uno “stato” più che una serie di rapporti ben delineati e stereotipati. Lo stesso vale per la coppia, che è il primo nucleo della famiglia. Amarsi significa disegnarsi attorno la propria esistenza condivisa (quello che fanno sul palco i protagonisti della commedia di Fo utilizzando lavagne e gessetti), e anche in questo torna l’aspetto del “gioco”, della spontaneità, dell’assenza di regole predefinite. Qualsiasi risultato si ottenga da questo processo è valido purché i protagonisti vi si riconoscano e si sentano “a casa”, altrimenti la fuga è inevitabile (Ken che tradisce Barbie con un orsetto di peluche ne è un esempio emblematico).

Amore è anche amore verso se stessi (tema centrale nella Sirenetta): una presa di coscienza profonda, realizzare di essere “speciali” piuttosto che “diversi” (un concetto che presuppone che altrove ci sia una qualche “normalità). Se si considera che ciascun individuo è differente dall’altro, in quanto unico e irripetibile, la “diversità” si trasforma in valore ed eccezionalità.

Soprattutto perché se da un rapporto di coppia si può in qualche modo fuggire, negare se stessi è impossibile se non trasformandosi in ombra e scomparendo.

La regia dei vostri spettacoli rivela una predilezione per l’aspetto corporeo e per l’elemento cromatico: ombre, contrasti tra bianco e nero, uso di colori luminescenti e luci fluorescenti. Da cosa deriva questa attenzione?

Sinceramente la regia dei nostri spettacoli non nasce mai a priori, ma è un work in progress insieme al testo e a tutti gli elementi dello spettacolo. È come se le cose (movimenti, oggetti) “comparissero” spontaneamente per creare la situazione. Talvolta prendiamo spunto da ciò che leggiamo: per esempio nella Sirenetta ci siamo basati sulle lettere di ragazzi morti suicidi per non dover sopportare il giudizio sulla loro omosessualità; molti di loro dicevano di sentirsi “ombre tra gli altri, senza identità”. Così è venuta l’idea di usare davvero le ombre sulla scena e di proporre l’alternativa tra ombre immagini immateriali che svaniscono e altre che si riempiono di colore. L’idea dell’acqua ci è venuta invece dal recupero dei teli di plastica trasparente che abbiamo trovato in teatro il primo giorno di prove.

Sempre le ombre ci sono sembrate adatte come metonimia dell’infanzia, che è l’età che ogni adulto ricorda solo come “suggestione” evocata da oggetti e istanti frammentari.

Inoltre ci piace avere la possibilità di lavorare con altri registi e drammaturghi che ci aiutino a crescere fornendoci stimoli nuovi ed energie che forse da soli non avremmo avuto.

Chiara Di Paola

 

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questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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