5 ottobre 2016

TRE GIORNI DI MILANOLTRE, TRE “S” DI DANZA CONTEMPORANEA


Teatro Elfo Puccini di Milano, 30 settembre, 1 e 2 ottobre 2016
Phase. Four Movements to the Music of Steve Reich. Coreografia di Anne Teresa De Keersmaeker. Musiche di Steve Reich. Luci di Remon Fromont e Mark Schwentner. Costumi di Martine André e Anne Teresa De Keersmaeker. Produzione e Interpreti: Compagnia Rosas. (30.9.2016)
Verklärte Nacht. Coreografia di Anne Teresa De Keersmaeker. Musica di Arnold Schönberg. Luci di Luc Schaltin e Anne Teresa De Keersmaeker. Regia di Anne Van Aerschot. Produzione e Interpreti: Compagnia Rosas. (1.10.2016)
Col corpo capisco #1. Coreografia di Adriana Borriello. Musica di Roberto Paci Dalò. Luci di Adriana Borriello. Produzione e Interpreti: Compagnia di Adriana Borriello. (1.10.2016)
Alter. Coreografia di Stefania Ballone. Musiche di Davide Deleo. Luci di Valerio Tiberi. Costumi di Stephan Janson. Regia di Stefania Ballone e Massimo Fanelli. Interpreti: Stefania Ballone e Massimo Murru. (prima assoluta, 2.10.2016)
Horizon. Coreografia di Manfredi Perego. Musiche di Paolo Codognola. Luci di Antonio Rinaldi e Manfredi Perego. Regia e Interprete: Manfredi Perego. (2.10.2016)

In occasione del 30º anniversario del festival MilanOltre organizzato dal direttore artistico Rino De Pace presso il Teatro Elfo Puccini di Milano, l’apertura ha visto un fine settimana densissimo di spettacoli, ‘storici’ e una nuova produzione in prima assoluta. Coreografi giovani dividono la scena insieme ad artisti di grandi storia e gloria in una commistione che si è rivelata nei soli primi tre giorni del festival ricca di spunti. Tre “S” hanno caratterizzato queste prime tre serate: spazio, studio, suono.

sipario32fbManfredi Perego con una bella qualità di movimento, fluidità e controllo del corpo ha trasmesso l’ossessiva ricerca – ‘martellante’ come la musica iniziale – di un’Isola dei Beati che non si vede all’orizzonte. L’orizzonte di Perego è in diagonale, delineato nella contraddizione di una musica martellante con movimenti fluidi delle braccia e di scatti ‘epilettici’ su un musica morbida e lirica; il tutto incorniciato da un minimalismo (vicino allo zero) di scene e luci, che lascia la possibilità di immaginare il proprio orizzonte.

Molto più concreto, vicino al lavoro quotidiano nella sala di danza è stato lo studio di Adriana Borriello con due sue allieve, che parte da semplici gesti di riscaldamento che diventano danza man mano che si prende sempre più coscienza del proprio corpo: ecco che già lo studio nella sala si fa spettacolo e viene ‘trasfigurato’ nel suggestivo finale di silhouette bianche fluoroscenti nell’oscurarsi della scena. Anche se la trasfigurazione poteva essere il Leitmotiv che legava i due spettacoli, l’abbinamento nella stessa sera con la Verklärte Nacht [Notte trasfigurata] di Anne Teresa De Keersmaeker non mi è sembrato opportunamente fruttuoso. Il capolavoro di De Keersmaeker narra una storia d’amore sulle note decadenti del giovane Schönberg, mostra un certo decadentismo in alcuni momenti coreografici, evidenziato dai due interpreti come calamite respingenti di polo uguale e dalla assoluta, ricercata ordinarietà dei costumi, ora stropicciati, ora mal messi.

Estremizzando, forse, il principio sinestetico della «musica da vedere» di Balanchine, De Keersmaeker nei quattro movimenti di Phase fa dell’iterazione e della sincronia delle due interpreti una danza ipnotica, che come un mantra cattura la mente nel suo vortice coinvolgendola dal 1982 fino a oggi. Il primo movimento Piano Phase i vortici di movimenti «di danza puerile» (come ha detto la coreografa nell’incontro con il pubblico dopo lo spettacolo) ora si inseguono ora si incrociano in sincronia perfetta: infatti, il movimento è suddiviso in tre fasce che attraversano orizzontalmente il palco e studiano lo spazio bidimensionale, passando da una fascia all’altra attraverso gli otto punti del quadrato Vaganova.

Il movimento Come Out studia il gesto e nel suo stretto rapporto con la musica, nella fattispecie la voce, che viene distorta al punto che la frase «Come out to show them» con la sua prosodia diventa un suono fisso e indistinto, che non fa perdere il ritmo alle danzatrici. Con Violin Phase il movimento dell’assolo di De Keersmaeker studia lo spazio circolare con i suoi movimenti a raggio, che da iniziali in quarti diventano mezzi, costituendo alla fine un meraviglioso disegno di ruota a otto raggi, che richiama le diagonali dello spazio coreico nel primo studio di Cecchetti. L’ultimo movimento si serve del primo strumento musicale di cui l’uomo antropologicamente dispone, le mani: Clapping Music avanza lo studio dello spazio da solistico a duetto, creando le basi con la sincronia del movimento e dello spostamento retrogrado e diagonale di quello che diventerà un ‘corpo di ballo’.

Novità di questa inaugurazione di MilanOltre 2016 è la creazione di Stefania Ballone, che da danzatrice di repertorio (e non solo) al Teatro alla Scala sta sperimentando(si) nella coreografia. Alter in latino vuole dire ‘l’altro tra due’, titolo che descrive la consapevolezza di sé che Ballone ha voluto raccontare attraverso l’incontro con l’étoile Massimo Murru, che ora è maître al Teatro alla Scala. Non ha rinunziato al balletto narrativo, trasponendo un elemento anche autobiografico in una danza ben congegnata e calibrata nei momenti, ognuno dei quali mi ha richiamato alla mente uno stile delle danze classiche e folkloriche dell’India, il cui teatro partendo da un’esigenza antropologica del raccontare raggiunge la precisione dell’analisi dell’animo umano in età già molto antica.

La prima fase si configura più lirica in un abito trapuntato di stelle concepita su uno studio dello spazio circolare, con sollevamenti più morbidi e passaggi fluidi, i cui gesti mi ricordano le mudrā serpentine e le circolarità del kathak. Fa seguito una metamorfosi, quasi una muta come quella dei serpenti, che Murru fa indossare a Ballone, colorata delle preoccupazioni della crescita. Il nuovo modello di movimento di una passo a due fatto di contrasto è evidenziato coreicamente dai sollevamenti forzati, quasi prevaricatori, e dal movimento disegnato su diagonali nette, che diventa geometria angolare come quella del bharatanātāyam.

La svolta è evidenziata nella primitività tribale delle percussioni, nei vorticosi pivots dell’invasamento kālbeliyā nelle danze zingare del deserto del Rājasthān; una bambina giunge alla visione diretta della propria vecchiaia e della morte per ritrovarsi matura e consapevole, trasfigurata in un nuovo abito etereo forse in un sogno che sfuma nel volo. Grande emozione vedere nuovamente sul palco Massimo Murru, che ha mostrato la sua profondità artistica in una ricerca introspettiva e contemporanea di un passo a due difficile tecnicamente. In Alter vengono coinvolte l’amicizia e la professionalità di Massimo Murru e Stefania Ballone, generosa nel condividere la propria interiorità.

Domenico G. Muscianisi

Foto di Alfredo Sabbatini (Stefania Ballone e Massimo Murru), per concessione di Stefania Ballone

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


20 dicembre 2022

IL LATO OSCURO DI RUDOLF NUREYEV

Domenico G. Muscianisi






9 novembre 2021

IL “SENSO” RITROVATO

Paolo Viola



26 ottobre 2021

MADINA ALLA SCALA

Paolo Viola



2 maggio 2021

DA DOVE RIPARTIRÀ IL TEATRO FRANCO PARENTI?

Andrée Ruth Shammah



18 ottobre 2020

UNA CATTIVA REGIA PER UN PESSIMO SPETTACOLO

Luigi Corbani


Ultimi commenti