3 febbraio 2016

sipario – UN CAFFÈ CON … LA MATRIGNA DI CENERENTOLA


UN CAFFÈ CON … STEFANIA BALLONE

Quattro chiacchiere, due mandarini, un caffè ed è nata questa intervista a Stefania Ballone, ballerina del corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano e dottoressa magistrale in Lettere moderne e Scienze dello spettacolo. Vera protagonista della Cinderella del neonominato direttore del corpo di ballo scaligero Mauro Bigonzetti, balletto di apertura della stagione 2015/16 al Teatro alla Scala, ha ricevuto applausi a scena aperta in tutte le recite con il suo ruolo della Matrigna, interpretazione che le è valsa il premio “Europa in Danza” organizzato dall’Accademia Nazionale di Danza in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma. Non smette mai di ricercare nella danza, che è il suo mestiere, e per la danza, che è la sua passione.

sipario04FBaIl tuo successo nella Cinderella è stato indiscusso e applaudito dal pubblico e dalla critica. Che cosa pensi del successo della Cinderella di Bingozetti e in particolare del tuo?
Devo dire che un successo così forte per me era inaspettato. Ho dato il massimo, mi sono calata completamente nel ruolo, in primis dal punto di vista del personaggio, la danza è venuta in un certo senso dopo, l’ho ‘aggiustata’, ho fatto sì che seguisse il personaggio che volevo caratterizzare. Devo ammettere che non è stato troppo complicato sentirmi il personaggio che visualizzavo. Quando, poi, ho visto il plauso come risposta del pubblico – a loro è arrivato quello che sentivo – è stato bellissimo. Mi ha fatto soprattutto piacere che il mio personaggio è stato molto riconoscibile, forse grazie alla grande interpretazione – perché non era solo un ruolo tecnico – percepita dal pubblico in maniera così esplicita.

Il vasto pubblico ha apprezzato e anche la critica ha riconosciuto che il mio ruolo è stato interpretato a un certo livello, ma il bello è stato che la Matrigna ha catturato tutti: è stato un ruolo “nazional popolare”! [ndr. ridiamo] Non si tratta solo della questione del linguaggio più moderno, anche più immediato dal punto di vista dell’effetto e della capacità espressiva, mi hanno fermato tutti, anche nei reparti alla Scala, tutti mi riconoscono come la Matrigna, un’icona quasi! La sartoria, la calzoleria, l’orchestra, il coro, i macchinisti, tutti venivano da me a farmi tanti complimenti; anche il direttore di scena e il direttore d’orchestra, con cui ho avuto un rapporto anche speciale.

Questo dalla parte del pubblico si vedeva, il direttore ha diretto l’orchestra con la musica che andava insieme a voi come un’onda unica.
Il direttore d’orchestra [ndr. Michail Jurovskij] ci teneva a raccontare la storia, che conosce benissimo. Ha visto la mia prima prova e si è subito avvicinato, mi ha voluto conoscere, mi ha detto subito delle bellissime parole, tra cui che voleva «parlare con me» di questo ruolo, perché aveva capito che io volevo entrarci davvero da punto un di vista introspettivo. Essendo lui uno specialista di Prokof’ev, conosce la partitura a menadito e non dirigeva solo l’orchestra, creava la storia ogni serata: infatti, guardava solo noi in scena. E proprio lui voleva parlare con me, spendere del tempo con me. Dalla prima prova mi ha detto: «Ci tengo che tu veda il film russo di Cenerentola insieme a me, con l’attrice della matrigna che è una grandissima interprete»; poi purtroppo non siamo riusciti, ma lo vedrò con Anna, la traduttrice. A un certo punto si avvicinava la prima e Jurovskij mi ha detto: «Stefania, fa’ la prima, poi le prime recite. Non devi vedere prima il film, perché tu hai trovato una tua caratterizzazione della Matrigna e ho paura che tu possa influenzarla. Lo vedrai più avanti: è giusto così».

È stato molto professionale a rispettare la tua artisticità.
È stato un grande! Questa Cinderella mi ha dato occasione di incontrare persone grandiose. Gli incontri rappresentano una delle situazioni più fortunate di questa produzione, per esempio anche con il costumista Maurizio Millenotti, con cui è nato subito un feeling, che è un grande artista e mi elogiava pubblicamente, anche in maniera molto affettuosa. Lui lavora tantissimo nel cinema e nel teatro, e a me fa onore essere apprezzata da un uomo di una vastissima cultura, cinematografica, teatrale e generale. Ho adorato i costumi che ha fatto: mi hanno aiutato tantissimo nell’interpretazione. Il contributo di Maurizio [ndr. Millenotti, costumista], il contributo di Michail [ndr. Jurovskij, direttore d’orchestra], il contributo di Mauro [ndr. Bigonzetti, coreografo], il contributo del light-designer Carlo Cerri hanno dato una dimensione bella e umana alla produzione di Cinderella, che ha tirato fuori il meglio di noi.

Com’è nato l’affidamento dei ruoli?
sipario04FBMauro [ndr. Bigonzetti] è venuto la prima volta a giugno per due settimane di laboratorio con noi, in cui aveva già una lista provvisoria. Io ero presente, ma nel gruppo dei danzatori. Lui ha voluto vedere tutti e ha cominciato a montare il materiale che è stato parte dello spettacolo. Pur avendo io ballato in Mediterranea [ndr. Teatro degli Arcimboldi di Milano, 2008], non conoscevo bene Mauro: noi ballerini avevamo lavorato più con Sveva [ndr. Berti, assistente coreografa]. Dalle prove dello scorso giugno è nato un feeling artistico, ho avuto l’impressione di riuscire a cogliere facilmente quello che lui voleva. Mi piaceva molto quello che stavamo facendo e avevo già delle belle aspettative per la produzione; poi, a ottobre facevamo la Bella addormentata nell’allestimento di Ratmanskij, in una pomeridiana facevo la fata Fior-di-Farina, dopo Mauro mi ha detto: «Ho pensato di voler costruire il ruolo della Matrigna su di te se a te fa piacere. Dal laboratorio di giugno, ho capito che tu potresti essere la persona adatta e ho idee su di te non solo dal punto di vista attoriale e interpretativo, ma anche da quello fisico». Io ho dato la mia massima disponibilità, perché ero felicissima e onoratissima. Durante la Manon, dal 13 novembre abbiamo cominciato le prove e costruito il personaggio. Molte novità del percorso di formazione del trio [ndr. Matrigna-Sorellastre] sono venute fuori sulla scena, e sempre meglio man mano che finivano gli spettacoli.

Infatti, dalla prima recita delle prove generali a metà dicembre fino allo spettacolo del 12 gennaio ho visto proprio questo cambiamento e progresso notevole in tutti i danzatori, non solo nel trio. Tutti erano maturati coreograficamente e musicalmente, anche a livello della narrazione. La partitura di Prokof’ev non è facile, la fiaba è conosciuta e rischia di cadere nel banale, quindi Cenerentola diventa un balletto difficilissimo. Invece, con questa Cinderella Bigonzetti pare aver raggiunto una via di mezzo, proprio per la volontà di caratterizzare personaggi in una certa parte di contorno, cosa che ha reso nuova, originale e piacevole questa produzione.
Ho capito anche meglio il mio ruolo sul palco. Nella scena del ballo ero quasi rivale di Cenerentola, perché cercavo tutte le attenzioni sulle mie figlie. Io come personaggio domino la vicenda, ma il mio piano viene sconvolto da questa presenza di Cenerentola, che rappresenta tutto quello che io non voglio, che io non accetterei mai. Quando arriva il Principe io sono molto fiera, perché ho la sensazione che in qualche modo io e le mie figlie lo conquisteremo; ma quando entra Cenerentola, vedo il loro primo incontro, capisco che qualcosa andrà storto. Con le figlie – con cui, tra l’altro, si è creata una complicità unica – che si rattristavano e piangevano io dovevo essere la figura forte, la madre, e avrei fatto qualunque cosa pur di conquistare il Principe, perché sarebbe stata pure una conquista mia. Era una sfida mia, infatti, sono io che vivo la rivalità con Cenerentola. Quando Principe e Cenerentola cominciano a ballare insieme, io mi avvicino molto a loro e capisco che cambierà tutto; ma non può esistere un’altra fine diversa da quella che io ho deciso a casa mia. Le mie figlie capiscono questo mio timore e piangono, questo è per me un momento tragicissimo.

È come se venisse, dunque, a mancare la tua figura di madre. Nella mia lettura ti ho considerata «marionetta» nei movimenti e «burattinaia» nella drammaturgia, perché tu volevi sempre gestire e controllare tutto.
Esatto, quando perdo il controllo, mi rattristo con le figlie, ma non posso permettermelo. Allora, fingo che Cenerentola non sarà un problema, che succederà qualcosa. Mi sono detta che bisognerà fare una Cinderella 2 – La Matrigna non si arrende! [ndr. ridiamo]

Me lo auguro … anzi insieme lo chiediamo a Bigonzetti! [ndr. ridiamo]
Connessi a questo aspetto sono i particolarissimi costumi, quelle che io chiamo «corazze di bisso», che hanno valore solo dentro casa vostra e io leggo come le vostre sovrastrutture, che non appartengono agli altri e vi separano dal resto del mondo.
Esatto, la nostra ‘corazza’, la nostra difesa, ma anche la raffigurazione del fatto che le Sorellastre sono mie creature. Tutto quello che loro pensano, dicono a fanno è mio, loro sono una parte di me.

Ecco perché voi siete anche fisicamente unite …
… perché loro sono il frutto del mio pensiero, di quello che io voglio, del mio “male”. L’interpretazione iniziale del coreografo che io ho colto è quella di lasciare il mio personaggio al limite dell’ironico, nonostante la drammaturgia e la partitura parlino del male vero.

La fiaba originale parla del male e rappresenta la matrigna come il demonio …
… e del conflitto nel dualismo tra male e bene: la partitura, infatti, è stata composta dopo la seconda guerra mondiale in un epoca in cui si stava ancora capendo che cosa fosse successo.
Nella Cinderella il messaggio della fiaba arriva, ma con un aspetto più ironico, di una “macchietta”. Così anche la corazza buffa rappresenta il mio pensiero, io che mi emano su di loro. Siamo chiuse e inglobate … “una e trina” [ndr. ride]! Nella corazza siamo molto burattine, perché manovrate da questo pensiero che io emano. A vederlo è anche un po’ caricaturale perché è un po’ sopra le righe. Quando ci fossilizziamo in una convinzione, può diventare per gli altri una caricatura.

Che cosa vuol dire interpretare un ruolo?
La fortuna di vivere un’altra vita, scordarsi chi sei, dei tuoi problemi e avere la possibilità di essere in un altro mondo. È una fortuna incredibile. La sfida si pone nell’essere coerenti con il personaggio, come fosse vero, con il suo carattere e le sue emozioni.

Come raggiungi questa coerenza?
Partendo da un sostrato di danza, si parla di una mimica fatta di una gestualità, di danza e di passi. Questo a volte complica pure le cose, perché io che voglio giustificare al “200%” il mio personaggio, voglio riuscirci anche in un piqué arabesque, in un développé, in una pirouette. Potrebbe, infatti, uscire in quel momento il personaggio: mi servo del linguaggio della danza per essere quello che voglio essere. Per esempio, con me la prima cosa che ha fatto Mauro [ndr. Bigonzetti] è stata la variazione del secondo atto. Mi dava delle indicazioni di passi e io le ho fatte subito mie, perché ho capito che cosa volesse. Mi diceva pure come lo voleva questo personaggio, c’erano alcuni movimenti un po’ strani, degli scatti un po’ sinistri, acidi, che fanno quasi ridere.

Come quando tu continuamente ti accostavi al Principe per ballare, invece lui ti lancia via più volte. La gente al teatro proprio rideva durante questa scena.
Questo è stato un momento creato successivamente per il giorno della prima. Mauro ha sentito l’esigenza di fare questa aggiunta, che ha aiutato molto me e anche Roberto [ndr. Bolle]. C’è stata una relazione Principe-Matrigna in questo senso proprio perché il mio è un personaggio ironico, dentro al suo mondo, un po’ fuori luogo: lei, per esempio, si sente la star del ballo. Appena entriamo noi ci sentiamo sul red carpet, così ha voluto il coreografo. La situazione è ironica, ma anche drammatica, subentra la tenerezza di una persona che non si rende conto di vivere in una bolla, che risulta dal di fuori ridicola.

Per arrivare a questo ci vuole intelligenza, non solo sensibilità artistica, ma anche culturale.
Durante le recite di Cinderella, quando noi tre eravamo dentro la nostra corazza al preludio musicale con il sipario chiuso, chiaramente ci sono sempre le “farfalle nello stomaco”, si ripassava qualcosa, ci guardavamo, ci correggevamo. Quella prima parte agitava agli inizi, perché dovevamo essere insieme, meccaniche, giuste. Io le sentivo agitate ed ero anche lì già “mamma” e dicevo che non importava sbagliare qualcosa, ma bisognava ricordare chi siamo, che cosa stiamo facendo e perché! L’importante è motivare ogni cosa. Loro mi seguivano su tutto: alle prime prove con Denise [ndr. Gazzo, Matrigna secondo cast] si chiedevano alcuni chiarimenti e le Sorellastre rispondevano ridendo «Non sappiamo, noi seguiamo la Stefi!» [ndr. ridiamo].

Eri diventata non più la mamma, ma la chioccia!
Anche con le Sorellastre del secondo cast mi sono trovata bene, purtroppo abbiamo lavorato di meno, ma siamo arrivate il 12 gennaio che è stata la recita più bella e ci siamo divertite moltissimo. Il feeling maggiore è avvenuto con le prime due Sorellastre, perché il viaggio che si è fatto insieme dalle prime recite è stato più lungo, ma il bello è che ognuna di noi [ndr. Matrigna, prime e seconde Sorellastre] aveva degli spunti.

Tutte, infatti, eravate molto tipizzate, sia fisicamente per i lineamenti più o meno marcati di ognuna, che restavano impressi e venivano riconosciuti. Che cosa ha significato Cinderella per la Scala, per il corpo di ballo, ma in particolare per te, Stefania?
Per me Cinderella è stata chiaramente una svolta dal punto di vista artistico, un occasione geniale, una chance incredibile. Artisticamente ho potuto esprimermi al meglio in questo ruolo che ha avuto un’ottima risposta, un grande successo di pubblico e critica, ma di più un ruolo che ho sentito mio, cucitomi addosso. L’occasione di incontrare grandi persone, belle persone, lo scambio vicendevole che c’è stato. In primis l’incontro con Mauro [ndr. Bigonzetti] e tutta la sua cerchia è stata la più grande fortuna. C’è stato subito un grande feeling, un bellissimo rapporto. La partitura di Prokof’ev è meravigliosa, danzare su questa musica è stata una fortuna incredibile. Tutto il balletto Cinderella ha avuto anche un grande successo di pubblico e critica e sono molto contenta per noi, per la Scala, perché è un nostro prodotto. Spero che potrà andare in giro, perché noi ci possiamo rappresentare con un balletto così, e la compagnia viene fuori molto bene. Sono felice anche per Mauro, perché se lo merita!

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

Foto di Franco Covi (ritratto) e di Monica Bragagnoli (Matrigna) per concessione di Stefania Ballone

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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