19 gennaio 2016

sipario – CINDERELLA DI BIGONZETTI ALLA SCALA, E SE …


Cinderella Balletto in tre atti

Musica di Sergej Sergeevič Prokof’ev. Coreografia di Mauro Bigonzetti. Scene e luci di Carlo Cerri. Costumi di Maurizio Millenotti. Video-design di Carlo Cerri, Alessandro Grisendi, Marco Noviello. Nuova produzione del Teatro alla Scala.

Polina Semionova (Cenerentola). Roberto Bolle (Principe). Stefania Ballone (Matrigna). Sorellastre: Alessandra Vassallo, Chiara Fiandra. Amici del Principe: Angelo Greco, Marco Messina, Valerio Lunadei, Matteo Gavazzi. Nicoletta Manni (Fata madrina). Fate delle Stagioni: Marta Gerani, Gaia Andreanò, Maria Celeste Losa, Serena Sarnataro. Christian Fagetti (Padre).

Corpo di ballo del Teatro alla Scala diretto da Machar Vaziev. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: Michail Jurovskij.

 

Teatro alla Scala di Milano, recita del 12 gennaio 2016

E se perde la gonna e non la scarpetta di cristallo? E se il padre è vivo? Chi decide quale sia lo “standard” di riferimento? Perché, poi, dovrebbe esserci un archetipo?

Cinderella di Mauro Bigonzetti da subito dà un’originale interpretazione dell’elemento folklorico «universale» – come lo chiamano gli antropologi -, mantenendo quelli che sono i punti chiave, di snodo della vicenda, lasciando un po’ sfumata la drammaturgia. La fiaba rappresenta la speranza di ‘riemergere’ dopo aver raggiunto il ‘fondo’ e che si tratti della fiaba di Cenerentola, si deduce dal trio malefico della matrigna con le sorellastre, dall’intervento della fata madrina e dalla perdita di un oggetto, che sarà l’elemento del riconoscimento finale e del lieto fine.

Tutto il resto privilegia puramente il lato emotivo ed evocativo della realtà: è una Cinderella «espressionista». Gli elementi di percezione oggettiva della realtà hanno un’importanza relativa all’interno del balletto senza tempo di Bigonzetti. Importa poco se i costumi siano in stile Velázquez del barocco spagnolo del XVI e XVII secolo, perché verrebbero contraddetti dalla scenografia videoproiettata che richiamerebbe gli interni dei palazzi ottocenteschi e dalle crestoline del corpo di ballo femminile da belle époque anni Venti, per non parlare dell’attualissimo spritz bevuto dalla matrigna durante il ricevimento; nonché la presa d’iniziativa di Cenerentola di fronte a un principe impietrito dall’innamoramento, fatto che ben poco condivide coi galatei dei secoli scorsi.

L’immagine e l’espressione scaturite dalla partitura magica di Prokof’ev – che fa il balletto già da sé stessa – e dalla coreografia sono il focus della rappresentazione. A una coreografia disegnata su Roberto Bolle, che ha perfettamente interpretato il ruolo del principe a lui consono, ispirata alla ricerca della linea, ha fatto da contrasto e complemento quella di Cenerentola, in cerca del terreno secondo la poetica contemporanea. Tecnico, complesso e suggestivo il partenering dal punto di vista coreografico: Bolle è un partner forte e preciso, che trasmette grande sicurezza.

Polina Semionova è una Cenerentola determinata e forte, precisa tecnicamente e pienamente addentro al personaggio voluto da Bigonzetti: si presenta da sé al Principe folgorato per lei, decide lei di appartarsi nel cortile, è artefice del proprio destino. Cenerentola si deve ‘difendere’ in un contesto ostile, che nella Cinderella di Bigonzetti si delinea maggiormente a tinte fosche per una sorta di connivenza del padre alle angherie di matrigna e sorellastre. Nonostante l’affetto, evidente dal passo a due dell’atto I, il padre sembra non vedere la dura vita della figlia e Christian Fagetti, che coniuga artisticamente l’esecuzione tecnica all’interpretazione mimica, ha espresso efficacemente questo duplice sentimento.

I danzatori del corpo di ballo hanno riempito con ritmo e sintonia le scene impersonando gli invitati (atto II) e il popolo (atto III); sostanzialmente sincroni e presenti. Particolarmente interessante ho trovato il momento in cui le danzatrici in posizione prona flettono un ginocchio sollevando il basso gamba e simultaneamente sollevano il petto e la testa quasi a chiudersi in un triangolo: la figura, unita alle crestoline parallele dei capelli, come il nemes del faraoni, ricorda le numerose sfingi che accompagnano l’ingresso del tempio egizio di Karnak. Nei ruoli solisti, divertenti, un po’ sbruffoni gli amici del principe, la cui coreografia molto dinamica nei repentini cambi di direzione, ‘atletica’ e spesso aerea è stata ben recepita da tutti e quattro i danzatori; lo stesso per le fate delle stagioni, anche se non a pieno definite nella drammaturgia, le quali con le coreografie in assolo e in coppia con gli amici hanno arricchito la scena: particolarmente luminosi sul palco Marta Gerani e il solista Angelo Greco. A capo delle fate, la fata madrina Nicoletta Manni che nei suoi sostenuti equilibri in punta ha espresso con leggerezza il personaggio meno romantico e più partecipe del destino della protagonista, quasi come un suo alter ego. Significativo il disegno coreografico dell’orologio e dello scoccare della mezzanotte, ‘impersonato’ coreicamente dalla fata madrina stessa.

sipario02FBVere e indiscusse protagoniste, applaudite anche a scena aperta, le interpreti del trio della matrigna Stefania Ballone e delle sorellastre Alessandra Vassallo e Chiara Fiandra, cattive ma non troppo; simpatiche perché fuori dal contesto. Nelle loro ‘corazze di bisso’ che le unisce indissolubilmente sono protette nelle proprie convenzioni e quella testuggine di abiti accollati funge anche da séparé tra loro e il resto dei personaggi e ha valore solo negli atti I e III, cioè solo dentro la propria casa; durante la festa a palazzo sono schernite ed emarginate nonostante i loro sforzi di ricerca di visibilità. Il loro linguaggio coreografico è per lo più diverso dagli altri, più contemporaneo, spezzato, dinoccolato (quasi claudicante) e marionettistico, manovrato dalla marionetta-burattinaia matrigna, che nell’iconografia e nei colori richiama i ritratti cinquecenteschi della regina Elisabetta I d’Inghilterra. Autentica è stata la ricerca delle interpreti nell’evoluzione e innovazione del trio malefico nel corso di tutte le recite di Cinderella, ricerca di cui realmente oggi necessita la danza.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto: Brescia-Amisano, A. Albano – S. Ballone – V. Toppi (primo cast)

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org



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