10 settembre 2021

UNA LOGISTICA IN PIAZZA DUOMO

Un approccio “metropolitano”


pompilio

Mentre nel capoluogo si continua a dibattere di città dei 15 minuti e di riapertura della cerchia dei Navigli, nel resto della Città metropolitana i cittadini e le rispettive amministrazioni comunali non sanno più a che santo rivolgersi per resistere alla pressante e incontrollata avanzata degli insediamenti di logistica.

Ritorno in queste righe sui problemi territoriali dei comuni di cintura e periferici della Città metropolitana, che incidono anche sulla vita dei cittadini del capoluogo, ma sono da questi ultimi ignorati, così come sono ignorati dal Sindaco e dalle due Amministrazioni di cui è a capo: il Comune e la Città metropolitana di Milano.

Nell’ultimo articolo del 16 maggio 2021 avevo illustrato l’iniziativa che la Regione sta portando avanti per la realizzazione di un nuovo tratto di tangenziale esterna tra Melegnano e Binasco e le sue ricadute su un ampio territorio, capoluogo incluso (1).

Poche settimane prima, il 20 aprile, avevo sottolineato i rischi conseguenti a un possibile alleggerimento del Piano Territoriale Metropolitano – PTM (2). L’11 maggio scorso, l’alleggerimento è stato approvato dal Consiglio metropolitano. Le conseguenze sul territorio non hanno tardato a manifestarsi. Ne riporto di seguito un esempio significativo.

Da diversi mesi si parla nel Comune di Paullo di un’area a destinazione commerciale, mai attuata, che l’Amministrazione decide di modificare in destinazione logistica attraverso una variante del PGT. La localizzazione prossima al casello della Tangenziale Est Esterna (TEEM) rende infatti questo territorio molto accessibile e quindi appetibile per la logistica. I cittadini preoccupati dagli effetti dell’impianto e del traffico indotto (inquinamento dell’aria, congestione viaria, consumo di suolo, ecc.) hanno organizzato numerose iniziative pubbliche per protestare e manifestare il loro dissenso.

Il Comune in un primo momento ha ritenuto di potere governare la situazione inserendo nel PGT la destinazione logistica e allo stesso tempo richiamando nel piano vincoli e condizioni per gli impianti di logistica presenti nel PTM adottato a luglio 2020. Contava infatti, con l’appoggio di disposizioni di livello metropolitano, di negoziare con l’operatore da una posizione di maggiore forza per ottenere attenzione al contenimento degli impatti e al miglioramento delle compensazioni e delle ricadute positive per la comunità locale. Tuttavia, avuta notizia dell’alleggerimento a maggio del PTM, constatato il conseguente indebolimento del PGT in materia di logistica ha preferito rinunciare al cambio di destinazione.

Il comitato di cittadini è probabilmente soddisfatto di questa decisione in cui ha prevalso il bene della comunità locale. Ma si tratta di un singolo episodio a esito positivo, una goccia di fronte ad un fenomeno ampio, in forte crescita, che sta mettendo in crisi il precario equilibrio ambientale, economico e sociale del territorio metropolitano tutto, nessun comune escluso, neppure il capoluogo.

La questione non si pone nei termini di essere in generale a favore o contro il settore logistico, la cui rapida crescita, accelerata ulteriormente durante la crisi pandemica, è un dato di fatto di questi anni, intrinseco all’organizzazione contemporanea del sistema produttivo. Rinunciare alla logistica, ammesso che sia possibile, marginalizzerebbe il sistema produttivo metropolitano rispetto al contesto internazionale, con tutte le conseguenze economiche e sociali che si possono immaginare. Con la crescente domanda di insediamenti di logistica bisogna misurarsi, per governarla, per non subirla, evitando gli errori commessi nel passato quando erano, e in parte sono ancora oggi, i grandi centri commerciali a minacciare gli equilibri del territorio metropolitano. Si tratta di un tema di scala vasta, che non può essere affrontato dal singolo comune, ma necessita di strumenti di scala metropolitana, con regole precise per la localizzazione degli impianti, per il loro inserimento nel territorio e nell’ambiente, per compensare e distribuire in modo equilibrato tra le amministrazioni comunali oneri e opportunità che da questi impianti possono derivare.

Purtroppo da alcuni anni si è molto indebolita nelle istituzioni la possibilità di affrontare e governare i temi di area vasta. Tutti sembrano ormai avervi rinunciato, dando per scontata l’incapacità decisionale della politica di fronte ai temi complessi. Guardando all’area tra Milano e Pavia, tra le più colpite dallo sviluppo di impianti di logistica, sia il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) della Provincia di Pavia che il PTM della Città metropolitana di Milano contengono regole stringenti per governare il fenomeno. Eppure la Provincia di Pavia ha fatto in modo da non applicare le regole del PTCP del 2015 alle proposte progettuali degli operatori, e ora sta per approvare una variante al PTCP al fine di ammorbidire o vanificare una volta per tutte tali regole. Sul PTM si è già detto all’inizio, le regole contenute nel piano adottato sono state in fase di approvazione sospese in attesa della preparazione di un documento di approfondimento che, per come è stato pensato e previsto nel piano, ci vorranno se va bene almeno 3-5 anni per sviluppare e approvare (2).

A giugno scorso in un seminario pubblico sulla logistica al quale ero invitato come relatore mi sono permesso di sottolineare che per affrontare i problemi territoriali causati dalla logistica si deve prima recuperare la capacità di governo dell’area vasta, correggendo le storture introdotte con la Legge 56/2014, la famosa Riforma Delrio, che ha modificato e sostanzialmente svuotato le province in attesa di una formale cancellazione dell’ente dalla Carta costituzionale, che non è mai avvenuta in conseguenza della bocciatura a dicembre 2016 del referendum costituzionale. Si deve inoltre intervenire su quella parte della stessa Legge 56/2014 che ha istituito le città metropolitane ma che le ha create deboli, senza risorse né forza politica.

Chi ha organizzato il seminario mi ha risposto, in modo anche un po’ infastidito, che la modifica della Legge Delrio non è nell’agenda politica, quindi inutile parlarne. Forse proprio questo è il problema: la politica è ormai troppo distante dai problemi reali, sembra incapace di vederli o disinteressata a considerarli, tutta concentrata sull’autocitazione autoreferenziale.

Se questo accade a livello nazionale non molto diversa è la situazione a livello locale. Lo Statuto della Città metropolitana fin dalla sua prima edizione, del dicembre 2014, prevede l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano da parte dei cittadini di tutti i comuni. Dovrebbe essere una priorità per una Milano che aspira a confrontarsi alla pari con le grandi aree urbane metropolitane del mondo, e invece la questione metropolitana non solo è stata del tutto ignorata nel mandato amministrativo che si sta per concludere, ma non rientra neppure nelle agende dei candidati alle elezioni del prossimo ottobre, almeno di quelli di maggiore peso, a partire dal Sindaco uscente. Sono trascorsi ad oggi ben sette anni dall’approvazione dello Statuto, c’era tutto il tempo.

Il Sindaco metropolitano continuerà ad essere eletto dai soli cittadini del comune capoluogo, i quali si comportano come se vivessero in una bolla sospesa, avulsa dal contesto. I Milanesi hanno perso ogni senso di appartenenza territoriale: tutti occupati dal confronto con la scala planetaria, non si rendono conto che una parte significativa dei problemi che affliggono la loro quotidianità non hanno origine oltreoceano ma derivano dal mancato o cattivo governo di problemi che si generano in zone contigue al capoluogo.

L’espansione della logistica, con cui ho iniziato questo articolo, presenta impatti territoriali ma è anche necessaria per il sistema imprenditoriale e per il funzionamento del territorio metropolitano. Deve essere governata alla scala metropolitana, e per certi aspetti anche regionale. Se la si lascia ai comuni, molti di questi piccoli e poco attrezzati, è forte il rischio di perdere gli effetti positivi per il sistema imprenditoriale metropolitano e di subire unicamente gli effetti negativi e le ricadute non solo nel comune sede dell’impianto e in quelli confinanti ma anche nel comune capoluogo, su temi come l’inquinamento atmosferico, l’intensificarsi dei fenomeni climatici estremi, l’impoverimento delle acque, del suolo e delle altre risorse naturali, l’indebolimento di molti comparti produttivi e dell’offerta di lavoro, e altri (1).

Ringrazio i lettori attenti e pazienti che sono arrivati fino a queste righe finali. Quanti hanno iniziato la lettura incuriositi dal titolo, più coinvolgente di “Una logistica a Paullo”? A Piazza Duomo un impianto di logistica non sorgerà mai, o almeno così si spera (!), ma si potranno certamente respirare gli effetti di quello di Paullo.

Marco Pompilio

Note:

  1. Nell’articolo del 16 maggio 2021 illustro il collegamento tra logistica e nuova viabilità e le ricadute del progetto di nuova tangenziale sui comuni, anche sul capoluogo. Link: https://www.arcipelagomilano.org/archives/58568

  2. Il rapporto tra PTM e pianificazione comunale, del capoluogo e degli altri comuni, è oggetto dell’articolo pubblicato il 20 aprile 2021. Link: ahttps://www.arcipelagomilano.org/archives/58330



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