7 marzo 2023

CUIUS COMMODA EIUS ET INCOMMODA

Il trasporto privato: la comodità di alcuni è la scomodità di altri


 copertine am (7)

Milano ha dal 2013, aggiornato nel 2022, un PGTU, Piano Generale del Traffico Urbano, all’interno del quale c’è il PUP, ovvero il Piano dei Parcheggi Urbani. Essendo l’aggiornamento redatto sulla base delle problematiche e dei dati ricavati dagli anni del Covid il PGTU andrebbe rivisto alla luce della cosiddetta “nuova normalità”, ma leggerlo è comunque istruttivo. Ricco di dati e in gran parte giustamente centrato su mezzi pubblici e mobilità leggera, il PUP quando arriva al tema della mobilità automobilistica e dei parcheggi diventa improvvisamente generico, pieno di buone intenzioni e raccomandazioni, ma proposte zero.

In questo non è peggio dei PGTU di altre città, Torino, Roma, Bologna, tuttavia resta un documento che individua e  illustra i problemi ma non è in grado di avviare un programma fattibile per la loro soluzione e che non meriterebbe il nome di Piano. Se il problema più grave del sistema dei trasporti a Milano è il contenimento del traffico pendolare, il sostanziale fallimento della Zona B, unico provvedimento preso finora in tale direzione, ne è la prova.

Veniamo ai fatti.

Ogni giorno feriale tuttora circolano o stazionano in città circa 1.200.000 tra automobili, furgoni e camion, la metà delle quali provenienti dall’hinterland. Mezzi che con i motocicli sono responsabili della quasi totalità dell’inquinamento acustico, e in larga misura dell’inquinamento dell’aria, in gas e polveri sottili, in una città già penalizzata più di altre da varie criticità climatiche.

Le autovetture in sosta nel perimetro urbano di Milano occupano permanentemente circa il 25% del suolo pubblico, non solo dove ciò è a vario titolo consentito, ovvero sui circa 300.000 stalli esistenti, strisce bianche, blu e gialle, ma anche abusivamente agli incroci, in doppia fila, su parterre alberati e marciapiedi, invasi questi anche da motociclette e monopattini. Una stima non ufficiale dice che circa il 20% dei veicoli in sosta a Milano lo è in modo irregolare.

La diffusione della sosta selvaggia, ovvero fuori dagli spazi riservati o senza pagamento, è di fatto tollerata, visto che i controlli sono limitati e occasionali, ed è diventata perciò “normale”. Come consideriamo “normale” che le motociclette siano parcheggiate  sui marciapiedi, anche se di fatto è un abuso, essendo gli spazi di sosta a loro dedicati totalemente insufficienti,

E spesso lo spazio di marciapiede che motociclette, bici e monopattini posteggiati irregolarmente lasciano libero per il transito dei pedoni è talmente tortuoso o stretto da impedire il passaggio di disabili e carrozzine per bambini.

Il problema è sicuramente causato dall’enorme e anomalo afflusso quotidiano di mezzi privati dall’hinterland, effetto in primis della dispersione insediativa che ha caratterizzato mezzo secolo di politiche urbanistiche sbagliate, aggravato da una inefficiente gestione del trasporto pubblico interurbano, soprattutto su ferro. Problema che il potenziamento dei parcheggi di interscambio potrebbe in parte risolvere, vista la buona copertura dei trasporti pubblici nell’area urbana.

Ma una tale anomalia resta inconcepibile nella maggior parte delle grandi città europee da Copenhagen a Barcellona, che hanno tassi di motorizzazione e dispersione insediativa minori ma simili, ma non hanno esitato a prendere provvedimenti restrittivi drastici, mentre la nostra amministrazione pubblica stenta a prendere provvedimenti che non siano di piccolo cabotaggio, come l’imposizione del limite di velocità a 30Km/h in alcune strade che senza controlli nessuno rispetterà mai, perciò inefficaci.

È sul quadro globale dunque che dobbiamo riflettere, sul perchè le abitudini di chi è motorizzato sembrano intoccabili, ma non solo. È anche da capire la sostanziale assenza di reazioni da parte della gran maggioranza dei milanesi al degrado che questa situazione anomala genera.

Una prima ipotesi è che il raggiungimento (costoso) del possesso di un mezzo di trasporto motorizzato, peraltro stimolato dal consumismo, ingeneri nell’acquirente la convinzione che ne consegua automaticamente il diritto di usarlo liberamente come e dove ci pare, e nel pubblico non motorizzato un acquiescente riconoscimento di questo presunto diritto.

Se questo diritto vale per un tostapane, che sta all’interno della nostra casa e pertanto siamo liberi di usare quando vogliamo, non può valere per un mezzo di trasporto privato da utilizzare esclusivamente all’esterno su terreno e infrastrutture pubblici. E, dato che la dotazione di garages a Milano è molto ridotta, la sosta di quel mezzo milione di auto ferme ogni giorno avviene per lo più occupando spazio pubblico.

Spazio pubblico però limitato e non espandibile, il cui uso pertanto va limitato con divieti o imposizione di oneri, come si fa con qualunque altro bene comune quando la domanda di accesso o uso supera l’offerta. Esempi di come fare (congestion charge, road pricing, ecc.) ce ne sono dovunque, ormai ovvii, ma evidentemente alieni per la cultura dell’automobilista italiano.

In due parole, si dovrebbe semplicemente applicare un principio sancito sin dal tempo dei romani e integrato nel sistema giuridico vigente: “cuius commoda eius et incommoda”. In questo caso se siamo in troppi a voler usare l’automobile (commoda) in un certo luogo, il privilegio di poterlo fare ha un costo e comporta dei limiti (incommoda).

Dovrebbe essere tutto ovvio, per gli utenti e anche per l’autorità alla quale il Codice della Strada affida la gestione di quanto sopra. Ma non lo è.

Ci sono mezzi, automobili e motociclette, che pagano una tassa di circolazione. Tuttavia è sempre più evidente che questa tassa non copre che in parte minima gli oneri di cui sopra, soprattutto in un contesto fortemente urbanizzato come quello milanese.

Ma non la pagano biciclette e monopattini, anche se usano anch’essi infrastrutture pubbliche. Dunque molti cittadini che non posseggono un veicolo e usano solo i mezzi pubblici pagano tasse anche per garantire ai proprietari di veicoli il privilegio di usare i loro mezzi in sedi appropriate.

Poi autoveicoli e motoveicoli per circolare devono essere immatricolati e assicurati, ma altri mezzi, come le biciclette e i monopattini, sono esentati da questo obbligo, anche se la libertà di circolare sui marciapiedi e contromano o di sfrecciare sulle strisce pedonali aumenta i rischi di conflitto con i pedoni, e in caso di incidente non c’è modo di identificare i responsabili.

Non me ne vogliano i ciclisti e monopattinisti, sempre meritevoli se lasciano a casa l’automobile, ma non di meno perchè non dovrebbero essere anche loro assicurati, e i loro mezzi immatricolati? (Cuius commoda eius et incommoda…). Ma la vera carenza di responsabilità civile, e di senso dell’autorità nell’amministrazione pubblica,  riguarda la sosta dei veicoli privati, ovvero l’occupazione di fatto permanente del suolo pubblico da parte di essi.

Le strade urbane sono destinate alla libera circolazione di mezzi pubblici e privati, ma non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che l’occupazione duratura di un bene comune per necessità private dovrebbe essere tassata. Lo è (o dovrebbe essere, quando cesseranno le esenzioni da Covid?) per i dehors, tavolini dei bar, chioschetti eccetera. Lo è, o dovrebbe essere, anche per tutto ciò che staziona per un certo tempo sullo spazio pubblico.

Detto apertis verbis, tutti e dovunque in Milano dovrebbero pagare il diritto di lasciare l’auto parcheggiata in strada, anche i residenti.

Il fatto che l’amministrazione pubblica accetti il contrario, e più in generale ancora non si metta nelle condizioni di reprimere tutti gli abusi sopra elencati (per mancanza di personale? Ma il personale si può ripagare con le sanzioni stesse), è l’indice di una visione del bene comune lassista e fondamentalmente prona di fronte ai privilegi precostituiti. Diceva bene Gadola la settimana scorsa, siamo rimasti alle “grida” manzoniane.

Ricapitolando, come detto sopra le auto in sosta a Milano dispongono di circa 300.000 stalli,  ma di fatto si può calcolare che esse occupino circa il 25% di tutto il suolo pubblico esistente a Milano. Una percentuale enorme del suolo, bene pubblico, pemanentemente sepolto sotto autoveicoli utilizzati a andar bene qualche ora al giorno. E in gran parte senza alcun onere per gli occupanti.

Quanti automobilisti pagano per questa occupazione? Gli stalli a pagamento sono il 35%, e la sosta nella maggior parte di essi è gratuita di notte e per i residenti in zona, che peraltro dispongono, senza pagare alcunchè, del 18% dei restanti stalli. Dunque ben più del 65% dei proprietari di automobili occupa stabilmente e dove gli fa comodo un bene comune senza pagare nulla.

Per renderci conto di quanto ciò sia assurdo, immaginiamo di piazzare il divano a tre posti che abbiamo in soggiorno ad occupare in strada lo spazio di un auto per il 90% dei giorni e delle notti, e per molti anni, e senza tirare fuori un euro. In base a quale diritto?

Chi possiede un’automobile, e magari in più un’altra e una moto, ha tutto il diritto di usarle per muoversi sul territorio: ma sa che se vuole spostarsi in autostrada non basta che paghi l’energia necessaria per muoverla, deve pagare un pedaggio. Ebbene, è ora che capisca che anche usarla in città e parcheggiarla sotto casa anzichè in un garage utilizzando beni comuni comporta un pedaggio. Cosa che tra l’altro dovrebbe pretendere che avvenga soprattutto chi fa un uso più limitato di tali beni comuni e paga comunque tasse per mantenerli in efficienza per chi ne fa più uso di lui.

Il garage costa? Il posteggio sotto casa costerà? Già. Possedere un automobile per chi abita a Milano diventerà un privilegio (commoda) sempre più costoso (incommoda)? Ebbene sì. Venire a Milano in automobile sarà un salasso? Ebbene sì, e facciamocene una ragione.

Questo è il messaggio che l’amministrazione pubblica dovrebbe inviare a tutti prima ancora di emettere “grida” così poco efficaci. Ma prima ancora ha moltissimo altro lavoro da fare: deve rendere l’alternativa sempre più accettabile. Parcheggi di interscambio gratuiti, mezzi pubblici frequenti, car sharing capillare, piste ciclabili protette, efficienti e ben distribuiti servizi di prossimità….Ma qui chiudo, consapevole di essermi già fatto fin troppi nemici, sia tra gli automobilisti che tra chi governa questa città.

Giorgio Origlia

 



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  1. Annalisa ferrarioA mio parere in questo ragionamento ci sono due (gravi) errori. Il primo, che il possesso di un'auto sia sempre e solo una scelta, una frivolezza a cui si può rinunciare. Per molti (tutti) il possesso di un'auto è invece una dura necessità: serve per lavorare o per svolgere attività famigliari non altrimenti fattibili. Il secondo, che il suolo pubblico sia del Comune, che può dunque tassarlo a piacimento. No, quelle strade sono state costruite con i soldi di tutti, e come non ci vengono chiesti pedaggi per camminare su un marciapiede o per andare in un parco, non vedo perché ci dovrebbe essere chiesto per parcheggiare l'auto che abbiamo dovuto comprare per necessità. Attenzione, perché se passa il principio che l'uso dei beni pubblici è soggetto a remunerazione, il passaggio alla tassazione dell'uso di strade e piazze particolarmente frequentate è un attimo (vedi Venezia). Vogliamo pagare il biglietto per andare al parco Sempione? Pensiamoci un attimo.
    8 marzo 2023 • 09:33Rispondi
  2. Oreste PivettaCaro Origlia, concordo del tutto. Mi risulta che in altre capitali europee (Parigi ad esempio) parcheggiare in strada costa. Cioè si paga l'occupazione del suolo pubblico. Se lo si proponesse a Milano, scoppierebbe la rivoluzione. Altro che assalto ai forni. Non fare nulla, nemmeno per vigilare sul corretto uso degli spazi pubblici, mi sembra però criminale e la solita beffa per chi cerca di rispettare elementari norme di convivenza (penso anche ai ciclisti e ai monopattinisti che scorazzano sui marciapiedi).
    8 marzo 2023 • 10:51Rispondi
  3. Piero BaracchiCaro Giorgio, quanto dici e' molto interessante e apre, a mio parere, un piu' ampio discorso sul futuro dell'automobile. Si tratta in effetti di un mezzo oramai molto sofisticato e molto costoso, che potrebbe percorrere nella sua vita una enorme quantita' di chilometri, ma che viene utilizzato, perlopiu', per una ridottissima percentuale delle sue potenzialita'. Da un punto di vista ambientale ed economico ci troviamo dunque di fronte a un vero nonsenso! Si prospetta in futuro una rivoluzione, gia' anticipata dalle proposte di leasing, affitti temporanei, condivisioni, carsharing, ecc delle auto individuali. E poiche' gli umani difficilmente rinunceranno alla mobilita' sara' necessario migliorare al contempo la qualita' e la quantita' dei mezzi collettivi. Volenti o nolenti i Comuni dovranno assecondare questa rivoluzione tassando il parcheggio delle auto sulle strade pubbliche e riversando le relative risorse economiche sui mezzi pubblici.
    9 marzo 2023 • 13:16Rispondi
  4. Francesco RussoL’articolo mette insieme svariate problematiche per non dire contraddizioni che vanno da chi incentiva l’acquisto dell’auto a chi vorrebbe che non là si usasse, dal trasporto pubblico, buono all’interno della città ma insufficiente verso l’hinterland e così via. Come dice il detto Roma non è stata costruita in un giorno e così bisognerebbe fare nel trattare questi argomenti. Tutto deve partire dal trasporto pubblico se questo non è efficiente nello scambio con l’hinterland tutto il resto è vano e se si spinge per far pagare tutto anche la sosta si fornisce un valido assist al Sindaco che vuole trasformare la città in una per short resident. Già ora molti giovani scappano verso l’hinterland aumentando il problema dell’accesso alla città , causa i costi sempre più elevati di acquisto e affitto casa, buona giornata
    10 marzo 2023 • 08:08Rispondi
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