24 gennaio 2023

ANDAVO A 30 ALL’ORA A TROVAR LA BIMBA MIA! O NO?

Mobilità urbana. Rifletter


Progetto senza titolo (5) (1)

E’ un vecchio cavallo di battaglia degli ambientalisti la città a 30 all’ora: più fluido il traffico, meno arresti e ripartenze vuol dire meno emissioni nocive e la velocità ridotta diminuisce di molto gli incidenti.

Qualche mese fa un gruppo di associazioni (“Sai che puoi”, “Cittadini per l’aria”, “FIAB” e “Genitori antismog”) diedero appuntamento davanti a Palazzo Marino ai consiglieri comunali con tanti cartelli che chiedevano il divieto di superare i 30 Km/h e di liberare le strade dalle auto davanti alle scuole.

Nacque lì l’idea di costruire un Ordine del Giorno che contenesse queste richieste. Un Ordine del Giorno è uno strumento con cui il Consiglio Comunale “invita la Giunta” a fare determinate cose. Purtroppo, la stragrande maggioranza degli Ordini del Giorno approvati giacciono in qualche cassetto coperti di polvere, ma tentar non nuoce e, comunque, è utile sollecitare i problemi e proporre soluzioni serie ed efficaci, così magari la Giunta esce dal letargo.

Anche perché molte città europee e italiane stanno applicando o sperimentando il provvedimento, che non è solo diminuire la velocità, ma trasformare la città in un luogo di condivisione, di piste ciclabili, piazzette vivibili, giardini e luoghi di socializzazione, modificando così la funzione delle strade dei quartieri e, in prospettiva, anche di quelle che incanalano il flusso del traffico urbano.

Il tutto anche a partire dal magico dato, che pochi sanno, e cioè che la percorrenza media di un’auto dentro la città è di soli 4 Km al giorno, come ben rilevato dal Piano Urbano della Mobilità Sostenibile.

Certo, il problema centrale, come ci ricordano gli esperti di viabilità, è comunque quello di ridurre il numero di auto in città: da tempo immemore ripetiamo, inascoltati, che questa configurazione di Area B così com’è non funziona perché abbiamo tutti i giorni feriali 900.000 ingressi di auto, di cui 200.000 prima delle ore 7.30 e dopo le ore 19.30, cioè fuori dagli orari di divieto.

Lo stesso numero di ingressi di prima dell’entrata in funzione delle telecamere.

Il perché è evidente e lapalissiano: se con la mano sinistra metti un divieto e con la destra lo togli attraverso una deroga che aggira il divieto, il risultato è che tutto è come prima.

Le deroghe generalizzate di orario e il Move-in hanno vanificato tutto.

È ovvio che debbano poter entrare a Milano coloro che non possono non utilizzare l’auto, quelli che non hanno i mezzi economici per praticare un’alternativa e quelli che utilizzeranno il car-pooling: un’auto che entra a Milano con tre persone a bordo ci fa risparmiare altre due auto.

Bisogna studiare bene e seriamente il problema.

Ma per tornare alla velocità, ci racconta l’urbanista Mario Dondè che Graz è città a 30 all’ora dal 1982 e che, all’inizio, l’80% dei residenti erano contrari ma, due anni dopo e ancora oggi, i contrari sono scesi a solo il 20%.

A Barcellona studiano e applicano sistemi di sensi unici che spostano ai margini dei quartieri le vie di percorrenza, evitando che all’interno (dove vengono incrementati gli spazio verdi, di incontro e di gioco) entrino le auto dei non residenti.

Da Bruxelles, dove il divieto è in vigore dal 30.01.2021, la mia amica Ben Mucchi mi dice su Facebook che la qualità della vita è migliorata, che si può andare in giro in bicicletta in sicurezza, senza aver paura, e che non c’è alcun congestionamento del traffico.

Parigi e Londra stanno andando in questa direzione.

A Valencia il 73% delle strade hanno questo limite e in pochi anni la circolazione delle auto è calata del 10%; in un articolo di Roberto Maggioni su “il manifesto”, l’Assessore Giuseppe Grezzi (l’italiano che ha cambiato il modo di muoversi in quella città di quasi 800.000 abitanti) racconta che a ogni limitazione per le auto è stato affiancato un potenziamento del mezzo pubblico e delle bici, togliendo carreggiate ai veicoli a motore e sostituendole con piste ciclabili con percorsi sicuri.

E ci spiega che hanno contenuto i prezzi dei mezzi pubblici, spostando gli aumenti veri sulle tasse locali, sui redditi più alti e sugli immobili di lusso, rimarcando che per un Governo progressista il costo della transizione ecologica deve pagarlo chi è più ricco.

Forti, quindi, di queste indicazioni e certezze e del fatto che la velocità media delle auto a Milano è di 13 Km/h, andiamo in Aula con l’Ordine del Giorno scritto da Mazzei, che viene inaspettatamente e sorprendentemente approvato con l’adesione entusiastica della Giunta.

Esce con clamore su tutti i giornali che Milano è una città a 30 Km/h; da Roma mi chiamano i miei amici ambientalisti entusiasti, e la notizia è diventata nazionale.

Ma, subito dal giorno dopo, iniziano i raffreddamenti, prima da parte della Giunta, che dice che sarà un punto d’arrivo, e, due giorni dopo, il Sindaco che dice, con l’abituale franchezza, che è uno stimolo, certo non dappertutto, certo non subito, che andrà a Parigi e a Londra a studiare il problema. Le associazioni ambientaliste (“Lega Ambiente” e “Sai che puoi”) si preoccupano e chiedono subito atti concreti.

I giornali titolano: “Frenata del Sindaco”, e noi riponiamo nel cassetto gli entusiasmi assieme agli altri Ordine del Giorno impolverati.

Si andrà avanti come adesso con qualche piccola Zona 30 ogni tanto, ma niente di grandioso come nelle altre città.

La mobilità a Milano rimane, ormai, con un’Area B che non funziona, orfana dei 30 Km/h, con qualche pista ciclabile (bene, ma troppo poche) e con qualche piazza “tattica” (bene, ma troppo poche).

Torniamo, quindi, tranquillamente all’età della pietra, senza perderci d’animo.

Carlo Monguzzi



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