21 marzo 2023

NOTTE FONDA SUI SERVIZI A MILANO

Maneggiare gli oneri di urbanizzazione con attenzione ed equità


rification (2)

Un tempo (erano i terribili anni ’70) quando a Milano si realizzava un servizio convenzionato, era norma non conteggiarlo nella volumetria edificabile. Ed è giusto che sia così: se faccio un servizio, un’urbanizzazione, una cosa che serve, una scuola, un campo giochi, una palestra, un servizio sociale, sto facendo qualcosa di utile ai cittadini, no? Certo, purché il servizio sia effettivamente non solo utile, ma anche aperto a tutti, a prezzi accessibili. E anche gli oneri di urbanizzazione, le tasse che si pagano quando si costruiscono le case, è normale che non siano da pagare, lo dice la legge stessa: se si fanno le urbanizzazioni, non si pagano le tasse che servono appunto a fare le urbanizzazioni, è logico.

Anni dopo, ai tempi della Moratti, l’Assessore Masseroli ci spiegò che con il nuovo PGT i servizi convenzionati non sarebbero più stati conteggiati nella volumetria edificabile. Cara grazia, era così anche prima, ma tant’è, male non fa.

Adesso l’ultima novità in materia: con una delibera di Giunta della settimana scorsa(1), hanno deciso che sì, i servizi convenzionati continuano a non fare parte della volumetria; ma che vanno conteggiati i vantaggi monetari privati che derivano da questo, in modo da tradurli in equivalenti benefici monetari pubblici. Detto così potrebbe anche sembrare logico; ma andiamo a vedere come vengono conteggiati.

Quali sarebbero questi vantaggi? Innanzitutto, che non si pagano oneri. E ci credo, è la legge che lo prevede. È anche logico, se fai delle urbanizzazioni, perché pagare le tasse sulle urbanizzazioni? (ma questo l’abbiamo già detto). E poi si perde del tutto la logica degli incentivi: se pago meno oneri perché faccio qualche beneficio pubblico, perché poi dovrei restituire la differenza?

L’altro vantaggio sarebbe che visto che i servizi non fanno volumetria, bisogna calcolare il valore di questa volumetria, come se fosse residenziale, commerciale o ad uffici, e restituire parte di questo valore in altre forme. E perché mai? Forse se si scomputano dalla volumetria poniamo le scale (un tempo di computavano), dovrei pagare la differenza? Un tempo, per fare un altro esempio, i parcheggi erano compresi nella volumetria, a un certo punto sono stati considerati urbanizzazioni, e quindi sono stati esclusi. Si è pagato qualcosa? No, ovviamente. E facciamo un esempio ancora più radicale. Se prendessi un laboratorio (che fa volumetria) e lo trasformassi in un deposito senza permanenza di persone (che non la fa), forse dovrei pagare qualcosa? E allora perché dovrei farlo se invece realizzo un servizio? (che tra l’altro rende dannatamente meno, questo è il punto)

Perché infatti il bello è: come si calcola secondo la delibera questo valore del volume non realizzato? Secondo loro, bisogna fare riferimento alle tabelle OMI, che riportano i valori di vendita degli edifici privati (residenza, commercio, uffici). Ora credo che sia evidente a tutti che i servizi (le biblioteche, i ricoveri per i senzatetto, i servizi per disabili, ecc.) rendono meno del commercio, e quindi hanno un prezzo inferiore (e infatti ci sono dei correttivi, almeno questo). Ma il punto è che nel bollettino OMI ci sono i prezzi di vendita di un prodotto finito, che comprende quindi anche i costi di costruzione, le tasse, il prezzo del terreno, eccetera: e quindi non solo il valore del (teorico) diritto volumetrico. Questo è proprio uno svarione, che mostra chiaramente una scarsa conoscenza della materia.

E subito dopo, un’altra chicca: se trasferisco un volume esistente in un altra zona (cosa che il PGT consente di fare per gli edifici privati in aree di rigenerazione, senza pagare nulla), se invece lo trasferisco da un servizio, quello diventa un vantaggio economico che si computa in base al differenziale localizzativo: in centro di più, in periferia meno. Per carità, potrebbe anche essere logico, ma perché i volumi privati non pagano e quelli derivanti dai servizi sì? Qual è la fonte normativa? Qual è la ratio? Ricordo che sul tema erano state anche presentate osservazioni al PGT volte a considerare il differenziale localizzativo nelle cessioni dei diritti edificatori: osservazioni però a suo tempo tutte respinte.

Ma andiamo avanti. Chi è esentato da questa follia? Guarda caso, se si realizzano uffici comunali convenzionati, nulla è dovuto. Anche se si realizzano abitazioni convenzionate (che sono utili sì, ma non esattamente un servizio: non sono accessibili a tutti e chiedono pur sempre urbanizzazioni, strade, verde, scuole, ambulatori, ecc), non ci sono compensazioni da fare. Se invece realizzo un museo o un asilo nido, tutte cose utili alla città, ecco la compensazione che scatta. Per gli uffici comunali no, evidentemente si sentono più indispensabili, sulla cultura invece (che notoriamente rende tantissimo, pensate ad esempio all’investimento di capitale non remunerato che ci vuole per fare una biblioteca specializzata, bisogna proprio essere dei benefattori, o dei robber baron desiderosi di farsi perdonare, chissà) su quello saranno severissimi (volete fare un museo? Ve la facciamo pagare noi, maledetti).

Passiamo poi ai vantaggi pubblici, definire quello che serve veramente alla città. Qui la delibera diventa stranamente evanescente, solo qualche vago e scontato accenno alla qualità e a valutazioni da fare poi, con calma. Finita la parte in cui si scandaglia l’ipotetico vantaggio privato, non si ha più nulla da dire.

Cosa si sarebbe dovuto fare, invece? Innanzitutto, tracciare una linea chiara: ci sono servizi che fanno volume, altri no. Servizi privati dove si entra solo con una tessera, a prezzi stratosferici, per attività che non interessano a nessuno, quelli fanno volume. Servizi dove tutti possono entrare, a prezzi onesti, per attività che migliorano la vita dei cittadini: quelli invece non lo fanno. O sei dentro o sei fuori; e in ogni caso, nulla è dovuto.

In secondo luogo, capire che molti servizi non generano alcun reddito: si fanno per volontariato, per passione, per fare qualcosa di bello per la città. Indicare magari tariffe e orari minimi, tipo quelle già in uso per i corrispondenti servizi pubblici, con magari un’attenzione in più per gli spettacoli o cose simili, che a volte rendono molto; impedire poi che si formino circoli chiusi (ricordo che il centro sportivo Pirelli, aperto a tutto il quartiere quando era privato, quando poi divenne comunale fu assegnato a una società sportiva agonistica che subito chiuse l’accesso ai cittadini della zona). Tutto qua.

E quindi lasciare perdere discorsi poco fondati sul computo dei vantaggi economici del tutto teorici dei privati. So che qualcuno adesso dirà: ma lo prevede il PGT. Ma, a parte che per il PGT questa è una facoltà e non un obbligo, rendiamoci conto che il PGT è pieno di sciocchezze (tipo ad esempio considerare assurdamente gli alberghi e il commercio di vicinato “servizi” al pari dei servizi sociali, sì è così, controllate se non ci credete, qualche correttivo su questo forse servirebbe), non è insomma un libro sacro, e questa è solo una delle tante cose fatte male che ci possiamo trovare, non siamo obbligati a seguirlo pedissequamente.

Ma allora perché è stata fatta una delibera del genere? Così mal concepita, nell’impostazione e nei dettagli? Con un simile passo indietro rispetto a quanto sembrava acquisito da tempo? Siamo abituati ahimè all’ignoranza, all’incompetenza e all’arroganza dei nostri burocrati. C’è anche un po’ l’effetto “vestito nuovo dell’Imperatore”: a forza di dirsi “ah come siamo bravi ah come siamo belli” nel loro circolo ristretto, finiscono anche per crederci. Ma attorno a questa delibera si sente un cattivo odore, di chi si diverte a soffocare l’attività altrui. C’è qualcosa d’altro. Qui serve un esorcista.

L’osservatore attento

*disclaimer: l’autore sta tentando di realizzare alcuni servizi convenzionati in Comune di Milano. Spero perdonerete quindi l’anonimato: non vorrei finire sulla graticola più di quanto stia già avvenendo

(1) delibera GC n. 288 del 10 marzo 2023



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  1. Pietro VismaraNell'intervento (peraltro largamente condivisibile) mi sembra che ci si dimentichi che nel PGT i servizi esistenti (quelli realizzati senza che facessero volume) magicamente sono stati dotati di slp (per poterli vendere, immagino). I nuovi invece non fanno slp, ma bisogna versare la differenza. La logica mi sembra chiara (tutto nell'interesse dei cittadini, evidentemente)
    21 marzo 2023 • 22:46Rispondi
  2. Cesare MocchiIn altre parole, è un po' come se il Comune dicesse: siccome non ti ho dato una bastionata sulla testa, mi devi il 50% delle spese mediche che ti ho fatto risparmiare. Bell'affare!...
    22 marzo 2023 • 08:39Rispondi
  3. Annalisa FerrarioNella delibera comunale segnalo anche la scarsa attenzione posta alle società del Terzo Settore o no-profit, che erogano servizi senza poterci guadagnare nulla per statuto. Di fatto vengono assimilate alle attività private (c'è giusto una percentuale più generosa) ma sembra debbano passare anche loro dalle forche caudine del bollettino OMI, ecc. Stesso discorso per la sanità SSN, che per quanto magari non ci piaccia del tutto, non può certo essere paragonata frettolosamente con la sanità privata. Saluti
    22 marzo 2023 • 18:15Rispondi
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