18 luglio 2017

sipario – CIGNI DI MEZZA ESTATE, UN “SOGNO” AL “LAGO”


In questo numero usciranno due articoli, uno sulla recita del 7 luglio del Sogno di una notte di mezza estate di George Balanchine e appena di seguito l’altro sulla recita del 15 luglio del Lago dei cigni di Marius Petipa e Lev Ivanov riallestito in filologico da Aleksej Ratmanskij; entrambi rappresentati al Teatro alla Scala di Milano su due produzioni che sono uniche ed esclusivo patrimonio teatrale e artistico milanese.

SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

Teatro alla Scala di Milano, recita del 7 luglio 2017

Balletto in due atti dalla commedia di William Shakespeare. Musica di Felix Mendelssohn-Bartholdy. Coreografia di George Balanchine © The George Balanchine Trust, ripresa da Patricia Neary. Scene e costumi di Luisa Spinatelli. Produzione del Teatro alla Scala.

Marta Romagna (Titania), Timofej Andrijašenko (Oberon), Gabriele Corrado (Cavaliere di Titania), Federico Fresi (Puck), Alessandra Vassallo (Elena), Antonella Albano (Ermia), Massimo Dalla Mora (Demetrio), Riccardo Massimi (Lisandro), Gaia Andreanò (Ippolita), Emanuele Cazzato (Teseo), Matthew Endicott (Bottom), Vittoria Valerio (farfalla). Pax de deux atto II: Nicoletta Manni e Marco Agostino. Ragazze cerimonia: Mariafrancesca Garritano, Vittoria Valerio, Marta Gerani, Chiara Fiandra, Martina Arduino, Denise Gazzo. Ragazzi cerimonia: Massimo Garon, Mattia Semperboni, Christian Fagetti, Andrea Crescenzi, Andreas Lochmann, Walter Madau.

Corpo di ballo del Teatro alla Scala e allievi della scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretti da Frédéric Olivieri. Voci soliste: Ewa Tracz (soprano) e Mareike Jankowski (mezzosoprano). Coro di voci bianche dell’Accademia Teatro alla Scala diretto da Marco De Gaspari. Orchestra dell’Accademia Teatro alla Scala, direttore David Coleman.

Torna la prima ballerina Marta Romagna a emozionare il pubblico in un ruolo che ha interpretato tanto e che calza addosso come un guanto. Nel Sogno la sua Titania è “signora” nel senso di ‘padrona’ e nel senso di ‘nobildonna’, padrona controllata della tecnica e nobile nella delineazione delle figure e nelle linee da design, che Balanchine tanto ama per il corpo femminile danzante. Accanto a lei due danzatori dalle fattezze nobles, Timofej Andrijašenko per il re del bosco incantato e Gabriele Corrado per il Cavaliere di Titania. Bellissimi nelle loro diversità: nordico principe delle fiabe dalle batterie precisissime e controllo dell’uso del basso gamba Andrijašenko; sensuale corteggiatore e servitore mediterraneo Corrado, dall’eleganza tecnica vestita di forza e dedizione alla partner.

Troppo principe Oberon. Senza per nulla intaccare l’esecuzione e l’interpretazione del danzatore, noto come l’icona Bolle si sia un po’ troppo imposta a Milano, svilendo quello che è uno dei principali elementi comici della trama e soprattutto del personaggio di Oberon.

sipario27FBIl balletto incomincia con il litigio dei coniugi del bosco Oberon e Titania, la quale si intrattiene con il suo Cavaliere per ingelosire il marito. La comicità di Shakespeare ricostruita in danza da Balanchine si colloca nelle differenze fisiche dei due uomini: infatti, Oberon – creato da Balanchine su Edward Villella, italoamericano oggi ottantunenne poco più alto di un metro e 60 – non è un principe delle fiabe, è un danzatore brillante e veloce, molto più simile all’elfo Puck; mentre il Cavaliere – in origine Jacques d’Amboise alto circa un metro e 80 – rappresenta l’ideale classico del danseur noble.

Di conseguenza, risulta comico che la regina litigando col marito si intrattenga con il principe azzurro, mentre alla fine si rappacifica con Oberon, ricomponendo la coppia di lei, alta e imponente come il suo nome suggerisce, e lui piccolo: comico quasi come nel film del 2001 Amore a prima svista in cui Jack Black (basso e tarchiato) si accompagna e corteggia un’alta e slanciata Gwyneth Paltrow!

Sarebbe questa la finalità della Fondazione che si occupa dell’allestimento dei balletti di Balanchine: preservare davvero la volontà del coreografo e il significato intrinseco ai suoi balletti, non la sola esecuzione. Al di là di questa parentesi storica e interpretativa, Timofej Andrijašenko è stato un Oberon strepitoso, Marta Romagna una Titania maestra e non frivola e Gabriele Corrado un principe vero.

Frizzante quasi isterico, perfetto per l’elemento burlesco del personaggio è Federico Fresi nei panni di Puck. Lineare da un punto di vista drammaturgico e mai sottotono nell’espressione di vivacità elfica: un bel personaggio che apre e chiude la commedia, interpretato da un bravo ballerino, affiancato dalla presenza eterea, da vera farfalla, di Vittoria Valerio. Le coppie di amanti e le loro peripezie hanno regalato momenti di riso, particolarmente divertente Antonella Albano. Una scheggia di personalità nel suo ingresso per riordinare il subbuglio del bosco incantato è stata Gaia Andreanò. Nonostante la piccola défaillance nell’ingresso di Ippolita, la sua presenza è stata molto forte e intensa, anche nell’eleganza dell’atto II.

Il divertissement dei festeggiamenti per le triplici nozze è reso magico dai solisti del passo a sei e dalla presenza solida ed eterea al tempo stesso del passo a due di Nicoletta Manni e Marco Agostino, che in chiave metateatrale, cioè di “teatro nel teatro”, ripresentano nobilitata la rappresentazione Piramo e Tisbe della commedia di Shakespeare, in un adagio d’amore disegnato in modo astratto con grandi difficoltà tecniche di passo a due, firmato dal genio coreografico di Balanchine.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): Marta Romagna e Gabriele Corrado nel passo a due di Titania e il Cavaliere nel «Sogno di una notte di mezza estate» di George Balanchine © The George Balanchine Trust.

***

IL LAGO DEI CIGNI

Teatro alla Scala di Milano, recita del 15 luglio 2017

Balletto fantastico in tre atti e quattro scene su libretto di Vladimir Petrovič Begičev e Vasilij Fëdorovič Gel’cer. Musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Coreografia di Marius Petipa (scene 1 e 3) e Lev Ivanov (scene 2 e 4), integrata e riallestita in filologico da Aleksej Ratmanskij. Scene e costumi di Jérôme Kaplan. Luci di Martin Gebhardt. Coproduzione tra Opernhaus Zürich e Teatro alla Scala.

Nicoletta Manni (Odette / Odile), Timofej Andrijašenko (Siegfried), Mick Zeni (Rothbart), Caroline Westcombe (Regina), Andrea Pujatti (Wolfgang, il precettore), Christian Fagetti (Benno, il migliore amico di Siegfried). Pas de trois scena 1: Virna Toppi, Alessandra Vassallo e Christian Fagetti. Piccoli cigni: Vittoria Valerio, Stefania Ballone, Antonella Albano, Marta Gerani. Grandi cigni: Francesca Podini, Virna Toppi, Alessandra Vassallo, María Celeste Losa. Danza spagnola: Emanuela Montanari, Marta Gerani, Riccardo Massimi, Massimo Garon. Coppia ungherese: Chiara Fiandra e Alessandro Grillo.

Corpo di ballo del Teatro alla Scala e allievi della scuola di ballo dell’Accademia Teatro alla Scala diretti da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: Michail Jurovskij.

A distanza di un anno torno a vedere lo stesso Lago con lo stesso cast, ma la poesia di un mondo lontano, romantico del diciannovesimo secolo, perduto che Ratmanskij ricostruisce e restituiscono gli artisti del corpo di ballo della Scala è nuova: migliore e più intensa.

Si vede come i ballerini abbiano maturato e interiorizzato questo nuovo inserimento nel repertorio scaligero della scorsa stagione, dopo aver lasciato il Lago dei cigni di Rudol’f Nureev per la ricostruzione romantica di Ratmanskij, e dopo averlo portato anche in tournée al Palais des Congrès per il pubblico parigino.

Quello che mi colpisce e mi resta impresso sempre di più è il tempo, cioè la scansione e l’esecuzione della partitura. Appare di gran lunga più veloce – in tutte le sue parti – di quelle delle versioni cui siamo abituati ad assistere, per esempio quella di Jurij Grigorovič per il Teatro Bol’šoj di Mosca o quella di sir Peter Wright per il Royal Ballet di Londra. La velocità contribuisce alla brillantezza e quindi a una maggiore teatralità dell’azione coreografica: la trama stessa si segue meglio.

Per la brillantezza un plauso va a Stefania Ballone per la tenuta e la velocità di basso gamba, tutta pepe nel breve minuetto e fuga della scena 1 che mescola alla danza una pantomima con il precettore ubriaco. Così pure brillanti e coinvolgenti le scene ‘bianche’ 2 e 4 con l’ingresso dei cigni, che mostrano una maggiore interazione e partecipazione tra loro rispetto ai freddi e ieratici cigni delle versioni più attuali. Di grande impatto la scena dei cigni impauriti di fronte ai cacciatori che li braccano prima dell’arrivo di Siegfried.

La teatralità è data dall’attenzione sottile e precisa al gesto e ai dialoghi mimici, cui ciascuno del pubblico può provare a immaginarne le parole, partecipando esso stesso alla rappresentazione. Sembra di essere vivamente interpellati dai danzatori grazie agli spot, cioè i punto fisso cui guardare per orientarsi durante i giri, che in questa versione appaiono molto spesso rivolti al pubblico anche negli avanzamenti in diagonale – come la coda del Cigno nero o la serie di pirouettes del pas de trois.

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Nelle geometrie per il corpo di ballo si riconosce di più l’impronta dell’Ottocento: infatti, il grande uso dell’en face, che limita l’interazione tridimensionale sul palco, è una peculiarità del teatro ottocentesco. Grandioso il valzer della scena 1, durante la festa del principe, che compone diverse figure, soprattutto la giostra con il palo della cuccagna. Sfarzose ma con criterio e gusto le danze di carattere della scena 3: la danza spagnola con i ritmi andalusi della seguidilla, la tarantella napoletana, la csárdás ungherese e la mazurka russa.

L’anima del Lago dei cigni, la fanno i protagonisti. Forza, precisione, determinazione ha dimostrato la prima ballerina Nicoletta Manni nel doppio ruolo di Odette e Odile: meglio come Cigno nero, che ha saputo stregare il pubblico con sfrontatezza dello sguardo e l’impeccabile virtuosismo dei trentadue fouettés al garretto. Eppure, molto attenta alla mimica e all’espressività nel Cigno bianco. Soprattutto, quando incontra Siegfried e si frappone tra la balestra che sta per scoccare una freccia contro lo stregone Rothbart, perché se Rothbart morisse, sarebbe la fine pure per Odette. La variazione di Odette ha visto un minimo calo di tensione nella diagonale, ma subito dopo nella coda di batterie e con punte veloci aggredisce la musica pur mantenendo la dolcezza di una ragazza-cigno sopraffatta dagli eventi.

L’uomo è indubbiamente penalizzato da punto di vista coreico in un riallestimento in filologico ottocentesco: infatti, al di là della scena 3 e il famoso pas de deux del Cigno nero, a Siegfried restano per lo più parti di pantomima. Andrijašenko mostra adesso una notevole attenzione e chiarezza del mimo e dei dialoghi. Nei panni dell’amico del principe Christian Fagetti è un danzatore completo di tecnica, presenza scenica e mimica, un Benno che con il difficilissimo pas de trois apre di fatto l’intero balletto: ballerino di corpo di ballo che ha saputo riaffrontare e ri-superare egregiamente una prova da primo ballerino che solitamente porta alla promozione. Accanto a lui due virtuose Virna Toppi e Alessandra Vassallo, abili interpreti delle velocità e batterie, che oggi difficilmente si vedono a quelle velocità nelle danzatrici.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): Nicoletta Manni e Timofej Andrijašenko nel pas de deux del Cigno nero.

questa rubrica è a cura di Domenico Giuseppe Muscianisi e di Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org



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