23 maggio 2017

sipario – NEL BAROCCO E NEL GROTTESCO DA HÄNDEL A BIGONZETTI


Teatro alla Scala di Milano, Prima assoluta del 20 maggio 2017.

Progetto Händel. Coreografia di Mauro Bigonzetti. Musche di Georg Friedrich Händel. Costumi di Helena de Medeiros. Luci di Carlo Cerri. Nuova produzione del Teatro alla Scala.

Interpreti principali: Svetlana Zacharova e Roberto Bolle. Interpreti Prima Parte: Antonella Albano, Marco Agostino, Federico Fresi, Gaia Andreanò, Tmofej Andrijašenko, Stefania Ballone, Agnese Di Clemente, Christian Fagetti, Chiara Fiandra, Denise Gazzo, María Celeste Losa, Fabio Saglibene, Giulia Schembri, Gioacchino Starace. Interpreti Seconda Parte: Antonella Albano e Massimo Garon (coppia solista), Vittoria Valerio e Marco Agostino (coppia solista), Philippine de Sevin e Christian Fagetti, Alessandra Vassallo e Gabriele Corrado, Chiara Fiandra e Walter Madau, Martina Arduino e Nicola Del Freo.

Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Frédéric Olivieri. Solisti dell’Orchestra del Teatro alla Scala: James Vaughan (pianoforte, clavicembalo), Francesco De Angelis (violino), Fabien Thouand (oboe), Andrea Manco (flauto), Massimo Polidori (violoncello), Sandro Laffranchini (violoncello).

Bigonzetti è barocco e il grottesco è la sua firma. Nell’arte figurativa del Seicento esseri ibridi e mostruosi fusi a decorazioni geometriche e floreali (il grottesco) riempiono le pareti dei palazzi e delle regge. Così i danzatori creano con i propri corpi figure mitologiche dalle schiene curve e linee fratte con intrecci e passaggi complessi, come fu per la Cinderella al Teatro alla Scala dell’apertura della scorsa stagione.

La peculiarità sta nella scelta della musica da camera di Georg Friedrich Händel, compositore di opere, cantate e musiche liturgiche, di cui indubbiamente più famose e ascoltate sono le arie. La scelta è ricaduta sulle suites strumentali composte nel periodo di principale attività dal viaggio in Italia fino al periodo alla corte di Giorgio I d’Inghilterra. Musiche danzabili, eseguite da un’orchestra da camera ‘moderna’ con la presenza ‘filologica’ del clavicembalo; alcune che erano già vere e proprie danze, perché all’epoca non c’era troppo distinzione tra le arti sceniche.

L’eccesso del barocco è smorzato bruscamente dalla totale assenza di scenografia, rendendo il balletto puramente concertante nei giochi di luci, e dalla presenza di costumi che richiamano la stravaganza del grottesco. Fogge diverse e colori più sgargianti avrebbero forse riempito più intensamente il vuoto scenografico con un richiamo ‘barocco’ in continuità con la musica. Il linguaggio coreografico bigonzettiano minimalista stride con l’eccesso barocco, la vivacità dei trilli e il virtuosismo tastieristico di Händel, rendendo il Progetto interessante.

sipario_19FBInteressante soprattutto per la presenza di Svetlana Zacharova – étoile del Teatro alla Scala e del Teatro Bol’šoj di Mosca – come interprete principale. Di certo è la danzatrice meno ‘bigonzettiana’ che si possa pensare, eppure mostra vivacità nelle sequenze veloci, brillanti, scomposte e nei medi salti, culminanti sempre nelle geometriche linee da design. Ha dato piacevolmente l’impressione di divertirsi danzando tutto il tempo della rappresentazione, emozione cui non si è tanto abituati ad assistere nel ‘suo’ repertorio.

Decisa, di stacco, teatrale e libera la presenza della bigonzettiana Stefania Ballone per l’attacco del balletto dopo la catena umana in penombra, così come il duetto con Denise Gazzo in parte eseguito senza musica. Dei passi a due i più intriganti sono quello ginnico di Antonella Albano e Timofej Andrijašenko, fatto di contorsioni e figure complesse, e quello sensuale e muscolare di Agnese Di Clemente con Gioacchino Starace, che mostra sempre più e meglio carattere e personalità sulla scena. Stravaganti, tecnici nel physical theatre Marco Agostino e Christian Fagetti con il duetto maschile brillante e fratto.

Fondamentale peculiarità nell’armonia barocca è il contrappunto libero, quando voci melodiche si sovrappongono seguendo linee a sé. Nel disegno di Bigonzetti della prima parte ho avuto l’impressione di slegatura, ogni danza si susseguiva all’altra staccata persino dall’esecuzione al pianoforte delle suites. Un maggiore legato, come nelle arie händeliane di Cecilia Bartoli, avrebbe conferito anche alla prima parte quell’armonia barocca e quel trasporto nel passato suggerito dalla partitura.

Al contrario la seconda parte, espressamente creata per il corpo di ballo scaligero, nelle sue più frequenti danze d’insieme, presenta un contrappunto coreico gradevole alla vista; particolarmente divertente l’ensemble femminile con Vittoria Valerio. Non c’è differenza evidente, infatti, tra gli interpreti principali, i solisti e il corpo di ballo, tutti sovrappongono la stessa coreografia su piani differenti come nel contrappunto.

Grottesco negli intrecci in dinamica, contorto nelle pose il passo a due di Roberto Bolle e Svetlana Zacharova, un misto tra la ricerca della linea da pas de deux di repertorio e la suggestione tecnica del pas de deux di Cinderella, che era di Polina Semionova – allora Erste Solistin allo Staatsballett Berlin ora principal all’American Ballet Theatre di New York. Gli assoli di Bolle emergono molto en face, come una presenza bidimensionale che si stacca dalla catena umana di inizio e fine della prima parte. Per Bolle sembra trovarsi un tributo barocco con i piccoli salti nello stile barocco e italiano di Cecchetti, in cui saltando le ginocchia vengono piegate e le caviglie incrociate, per mantenere la sospensione.

Nell’ultimo ensemble, il Larghetto, la coreografia prevede un linguaggio semplice di pochi elementi – per esempio, tendu effacé con schiene arcuate in lordosi e secondo port de bras aperto al di là della linea delle spalle; chiusura dei gomiti sul viso proiettato in alto e frattura continua nella linea del corpo. Gli interpreti tutti insieme eseguono i movimenti che si ripetono, ma che cambiano continuamente orientamento ora a coppie ora a piccoli gruppi, conferendo nella stasi tutta la tridimensionalità dello spazio scenico, come se improvvisamente fauni e chimere su una carta da parati barocca prendessero corpo e vita.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): Svetlana Zacharova, Roberto Bolle e il corpo di ballo.

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e di Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


20 dicembre 2022

IL LATO OSCURO DI RUDOLF NUREYEV

Domenico G. Muscianisi






9 novembre 2021

IL “SENSO” RITROVATO

Paolo Viola



26 ottobre 2021

MADINA ALLA SCALA

Paolo Viola



2 maggio 2021

DA DOVE RIPARTIRÀ IL TEATRO FRANCO PARENTI?

Andrée Ruth Shammah



18 ottobre 2020

UNA CATTIVA REGIA PER UN PESSIMO SPETTACOLO

Luigi Corbani


Ultimi commenti