19 ottobre 2016

sipario – QUAL È IL SENSO DI GISELLE?


Teatro alla Scala di Milano, prima del 4 ottobre 2016
Balletto in due atti di Jules-Henry Vernoy de Saint-Georges dal racconto di Théophile Gautier. Musica di Adophe Adam. Coreografia di Jean Coralli e Jules Perrot, ripresa da Yvette Chauviré. Scene e costumi di Aleksandr Benois, rielaborati da Angelo Sala e Cinzia Rosselli. Produzione del Teatro alla Scala.
Svetlana Zacharova (Giselle), Roberto Bolle (Albrecht), Giuseppe Conte (Duca), Caroline Westcombe (Bathilde), Monica Vaglietti (madre di Giselle), Marco Agostino (Hilarion), Riccardo Massimi (Wilfried), Massimo Garon (gran cacciatore). Passo a due dei contadini: Vittoria Valerio e Antonino Sutera. Amiche di Giselle: Marta Gerani, Daniela Cavalleri, Martina Arduino (sostituta di Giulia Schembri), Stefania Ballone, Denise Gazzo, Lusymay Di Stefano. Nicoletta Manni (Myrtha). Willi soliste: Alessandra Vassallo e Virna Toppi (sostituta di Emanuela Montanari).
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala diretto da Mauro Bigonzetti. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: Patrick Fournillier

Dopo la lunga tournée in Oriente che ha visto le rappresentazioni di Giselle, molto apprezzate dal pubblico cinese per il ‘sentimento occidentale’ presentato a Tianjin, l’ultimo balletto della stagione 2015/16 cominciata con la nuova Cinderella di Bigonzetti ritorna a essere Giselle, prima dell’autunnale tournée parigina al Palais des Congrès con il Lago dei cigni in filologico di Ratmanskij.

sipario34fbIl balletto Giselle torna sul palco della Scala di fatto ogni stagione. Perché? Perché è un balletto di repertorio. Quindi il senso di Giselle rientra in una più ampia domanda di che cosa si intenda per repertorio e quale sia il senso del classico oggi. Il “repertorio” è tale non perché venga ripescato dagli archivi e dai depositi, ma perché viene di volta in volta ‘(ri)scoperto’ e ‘(ri)letto’ (infatti, la parola deriva dal verbo latino reperio ‘scoprire’) dagli interpreti e dal pubblico durante ogni recita. In questo “repertorio” è sinonimo di “classico”, cioè di modello che si legge e rilegge, guarda e riguarda per imparare nella ‘ripetizione’ qualcosa che nelle precedenti visioni e letture non si era notato. Attualizzazione del classico vuole dire essere in grado di ripresentare il significato profondo del messaggio al pubblico di ogni tempo attraverso una ricerca artistica e interiore di stile.

Lo stile è mancato agli interpreti protagonisti di questa prima recita, coadiuvato da scelte poco opportune del direttore d’orchestra con l’unico obiettivo di ottenere un virtuosismo fine a se stesso che non aveva significato, né ragion d’essere nella Giselle, perché «il virtuosismo della Giselle consiste nel rendere invisibile la tecnica» (Yvette Chauviré). Mi riferisco in particolare all’adagio dell’atto II quando avviene l’incontro tra Albrecht e lo spirito di Giselle: la musica è stata rallentata al punto da diventare greve, invece di romantica, e la nota sulla presa aerea di Giselle distesa su Albrecht è state per due volte allungata, fino a sospenderla, in modo da evidenziare la pesantezza fisica di Bolle nel sollevare Zacharova.

Questo ha fatto perdere tutta la drammaturgia di una presa aerea che avrebbe dovuto descrivere lo spirito che aleggia disteso con il cou-de-pied e le braccia allungate a L sull’amato a protezione di quello che sarebbe successo in seguito con Myrtha e le Willi; invece, Zacharova ha preferito la più compatta posa in doppia attitude delle gambe con la schiena molto inarcata in cambré, che appartiene allo stile orientale della Bayadère, non alla Giselle. Da artisti del calibro di Roberto Bolle e Svetlana Zacharova e da professionisti come Patrick Fournillier non ci si sarebbe aspettata una tanto grave mancanza di cura del repertorio e dello stile.

La mancanza e l’impossibilità di modifiche – che dovrebbero essere proprie del repertorio – non rendono lo spettacolo una mera esecuzione, perché la ri-scoperta per sua natura è novità, anche se si trovi nella tradizione. Lodevolissima la presenza di Nicoletta Manni, che ha interpretato la regina delle Willi con il carattere adeguato al freddo personaggio e l’immancabile solidità della tecnica, e di Marco Agostino con il suo notevole realismo nella scena in cui correndo verso la porta di Giselle si accorge del corno lasciato dal gran cacciatore appeso all’imposta e del simbolo regale identico a quello sulla spada di Albrecht appena scovata nel capanno.

Il corpo di ballo mostra una adusità al balletto, che da un punto di vista coreico diventa precisione tecnica e musicale negli ensembles (vendemmiatori, adagio delle Willi) e capacità di gestione degli spazi da parte delle Willi soliste, del gruppo delle sei amiche di Giselle e dei due contadini nel pas de deux. Particolarmente brillante il passo a due dei contadini con Antonino Sutera e Vittoria Valerio, che si è rivelato adatto agli interpreti frizzanti e all’occorrenza esplosivi.

Domenico Giuseppe Muscianisi

 

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): Svetlana Zacharova (Giselle) nella scena della pazzia.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi e Domenico G. Muscianisi

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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