18 gennaio 2017

sipario – “CINEMA” ALLA SCALA CON MACMILLAN


Teatro alla Scala di Milano, recita del 15 gennaio 2017 trasmessa in differita su Rai 5.
Romeo e Giulietta Balletto in tre atti, otto scene ed epilogo di Adrian Pëtrovskij e Sergej Radlov dall’omonima tragedia di William Shakespeare.

Musica di Sergej Prokof’ev. Coreografia di sir Kenneth MacMillan, ripresa Julie Lincoln. Scene di Mauro Carosi. Costumi di Odette Nicoletti. Luci di Marco Filibeck. Produzione del Teatro alla Scala.
Misty Copeland (principal dell’ABT di New York, Giulietta), Roberto Bolle (étoile del Teatro alla Scala e principal dell’ABT di New York, Romeo), Antonino Sutera (Mercuzio), Mick Zeni (Tebaldo), Marco Agostino (Benvolio), Riccardo Massimi (Paride), Alessandro Grillo (Lord Capuleti), Emanuela Montanari (Lady Capuleti), Luigi Saruggia (il Duca), Chiara Borgia (Rosalina), Monica Vaglietti (la nutrice), Matthew Endicott (Frate Lorenzo), Christian Fagetti (solista mandolino). Tre zingare: Virna Toppi, Denise Gazzo, Beatrice Carbone. Giuseppe Conte (Lord Montecchi), Francesca Podini (Lady Montecchi). Sei amiche di Giulietta: Vittoria Valerio, Agnese Di Clemente, Marta Gerani, Daniela Cavalleri, Chiara Fiandra, Alessandra Vassallo.
Corpo di Ballo del Teatro alla Scala di Milano diretto da Frédéric Olivieri. Orchestra del Teatro alla Scala, direttore: Patrick Fournillier.

sipario02FBQuando si assiste a un balletto di sir Kenneth MacMillan, si ha l’impressione di guardare un film: Mayerling e Anastasia da sempre repertorio del Royal Opera House di Londra, di argomento storico rispettivamente sulle famiglie degli imperatori d’Asburgo e degli zar Romanov, con il Romeo e Giulietta e L’Histoire de Manon, reperorio condiviso con il Teatro alla Scala, scorrono diegeticamente in un susseguirsi di scene ‘cinematografiche’.

Il Romeo e Giulietta è l’unico dei citati balletti di MacMillan ad avere una partitura espressamente commissionata dal direttivo dell’odierno Teatro Mariinskij (allora Teatro Kirov) a Sergej Prokof’ev per questo balletto. La musica di Prokof’ev mostra la peculiarità di usare per ogni personaggio un tema musicale specifico, capace di rendere immediatamente percepibile l’andamento della vicenda come una colonna sonora, contribuendo così in modo molto fruttuoso alla ‘cinematograficità’ della coreografia.

La compagnia del Teatro alla Scala mostra una grande padronanza del balletto di MacMillan, nonostante la difficoltà per il repentino cambio di programma a poco dall’apertura della stagione 2016/17 rispetto all’annunciata Coppélia di Bigonzetti. La produzione scaligera si contraddistingue per uno spiccato ‘localismo’, in linea con l’uso di mandolino, cornetta e viola d’amore nell’orchestra da parte del compositore per dare un carattere maggiormente italiano alla musica. Tutto vuole tornare all’italianità veronese della storia: la piazza richiama le gradinate dell’Arena di Verona, il balcone riprende quello che si può visitare nella città veneta e la scena in sé è orientata verso il tragico epilogo della morte; infatti, sembra di essere già dall’inizio nella cripta finale. A un corpo di ballo dei popolani ‘incolore’ di un bianco senza bandiera, che ora parteggiano per Tebaldo Capuleti ora esultano per Mercuzio Montecchi, fanno da contrasto le tonalità accese del rosso/bordeaux dei costumi dei Capuleti e le tonalità fredde del blu/verde dei costumi della famiglia di Romeo.

Brillanti, estremamente tecnici e accattivanti dal punto di vista mimico sono i ruoli solistici delle tre gitane e del solista mandolino, dai colori sgargianti nei costumi ed estranei alle vicende politiche cittadine per il carattere ‘fumoso’ delle loro stesse professioni. Christian Fagetti mostra una grande padronanza della scena come della tecnica, che gli permette di esprimere nel breve e pirotecnico ruolo il suo carattere naturalmente allegro. Importanti per la diegesi sono le tre donne di strada, che hanno una danza molto contaminata con il carattere (scarpe con tacco) e con il linguaggio corporeo esasperato del physical theatre: hanno mostrato una convincente omogeneità tecnica e mimica nei diversi ingressi.

Molto simili per vivacità i ruoli coprotagonisti di Mercuzio e Benvolio, gli amici fidati di Romeo, che danzano coreografie spesso speculari, dettate dal ritmo di salti brillanti e contre-temps, e di Tebaldo Capuleti, il violento cugino di Giulietta, che riaccende con pretesti la faida e uccide a tradimento Mercuzio. Antonino Sutera e Marco Agostino nei rispettivi ruoli di Mercuzio e Benvolio sono due interpreti adatti a trasmettere la freschezza e spavalderia della gioventù aristocratica un po’ incosciente e un po’ viziata sempre nella solida gestione della tecnica; grande la complicità dei due danzatori sulla scena. Feroce e credibile Mick Zeni fino alla scena della morte, in cui non smette di mostrare il suo odio e rancore verso Romeo, che vendica il migliore amico, il burlone Mercuzio, il quale invece anche nella morte, regolata da una coreografia scomposta, non riesce a non mostrare la propria ‘clowneria’ caratteriale.

Nella danza dei cavalieri e nel madrigale dell’atto II l’intervento delle sei amiche di Giulietta riesce a mostrare l’autentica semplicità fanciullesca, precise le interpreti tra le quali spicca per delicatezza e connaturato senso di eleganza Vittoria Valerio, che diventa quasi una seconda Giulietta nel breve passaggio di partnering con Romeo.

Eppure, la coreografia di MacMillan ruota marcatamente intorno ai due protagonisti, che possiedono alcuni tra i più belli ed ‘esportati’ singolarmente pas de deux del repertorio ballettistico del Novecento. Tutta la vicenda viene scandita dalla maturazione di Giulietta e Romeo; per questo è estremamente importante l’aspetto recitato e interpretativo dei danzatori sul palco.

Misty Copeland, prima ballerina dell’American Ballet Theatre di New York per la prima volta sul palco scaligero, è stata una Giulietta diversa da quelle dei ricordi milanesi di Alessandra Ferri e di Carla Fracci (versione di John Cranko), è apparsa più scattosa ed elettrica nella tecnica e nella presenza, secondo la maniera americana. Ha mostrato, altresì, una notevole capacità mimica nell’interpretare i passaggi psicologici di Giulietta in modo del tutto chiaro al pubblico, dalla bambina o adolescente entusiasta (atto I scena 2), alla giovane donna innamorata (pas de deux del balcone), alla matura e disperata moglie che nell’esilio del neosposo si sente già vedova (pas de deux della camera da letto, atto III scena 1), fino alla piena consapevolezza del coraggio e della morte d’amore (epilogo). Il convincente pathos di Copeland non è sempre stato ‘corrisposto’ da Roberto Bolle, che ha il grande merito di aver fatto conoscere al pubblico milanese un’ospite nuova dai suoi lunghi soggiorni oltreoceano, e che con il suo sorriso da «eroe positivo» è apparso a tratti rigido nelle parti più mimiche, ma che ha mostrato la sua perizia tecnica e sicurezza di porteur nei momenti più lirici e drammatici del balletto.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano (Teatro alla Scala): Misty Copeland e Roberto Bolle nel pas de deux della camera da letto.

 

questa rubrica è a cura di Domenico G. Muscianisi e Chiara Di Paola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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