23 gennaio 2024

QUESTIONE ABITATIVA A MILANO: ALCUNI DATI

Il confronto con la realtà


Progetto senza titolo (12)

Per inquadrare meglio la questione della domanda abitativa sociale oggi oggetto di dibattito, si riportano di seguito alcuni dati. Si tratta di dati largamente noti, ma spesso ignorati e che quindi potrebbe essere utile riprendere.

Come prima cosa, potrebbe essere utile farsi un’idea della quota di domanda abitativa che non è solvibile sul libero mercato, ovvero della quota di domanda espressa dalla  popolazione il cui reddito non appare sufficiente all’acquisto o affitto di un’abitazione agli attuali prezzi di mercato. Comprende sia i casi di “difficoltà” (ovvero di redditi prossimi ai prezzi richiesti), sia i casi di “grave difficoltà” e di “impossibilità”.

Di seguito alcune stime:

– in base alla ricerca Ance/Cresme del 2012(1), la percentuale della domanda di edilizia sociale sul totale della domanda abitativa è di circa il 70%.

– in base alla ricerca Cisl/Politecnico del 2011(2), la percentuale è di circa il 75%

– in base alla ricerca Nomisma del 2021(3) (i cui risultati però sono espressi però in modo differente e non facilmente comparabile) si può ritenere che la percentuale sia oltre il 40%-60%. È da rilevare che tale ricerca segnala anche i segmenti di domanda non coperti da una specifica politica pubblica (il che beninteso non comporta che le politiche esistenti siano sufficienti)

– in base al rapporto fra le domande presentate dalle famiglie per ottenere un alloggio di edilizia popolare (circa 17.000 valide su un totale di oltre 20.000 presentate) e domanda residenziale aggiuntiva di PGT (circa 80.000 abitanti), considerando che la famiglia media è composta da poco di più di 2 componenti, la percentuale di domanda di sola edilizia popolare è circa il 45% della domanda abitativa totale.

Si tratta ovviamente di stime, svolte con metodologie diverse, ma tutte abbastanza convergenti ad indicare una quota percentuale significativa.

A titolo di confronto, l’attuale percentuale di edilizia sociale cittadina esistente nei suoi diversi segmenti (dalla convenzionata alla sovvenzionata) sul totale dell’edilizia abitativa è del 10%(4).

Si può esaminare poi quale sia l’entità della risposta a tale domanda, vale a dire l’offerta di edilizia residenziale sociale a prezzi calmierati in base agli strumenti urbanistici e alle politiche pubbliche.

In base al PGT vigente, la quota aggiuntiva di edilizia residenziale sociale a vario titolo sul totale della nuova edilizia residenziale prevista è del 5% (da tale quota sono esclusi i programmi già previsti da provvedimenti precedenti, che porterebbero la percentuale a circa il 15%)(5).

In base ai dati sui titoli abilitativi edilizi, la quota di edilizia sociale (cooperative ed enti pubblici) realizzata negli anni 2015-21 sul totale dell’edilizia residenziale è del 10%(6), dato peraltro coerente con quello precedente.

Si può ritenere quindi che l’attuale PGT preveda come ordine di grandezza un’offerta di edilizia residenziale sociale pari a circa un quinto-un decimo della domanda effettiva.

Si ricorda che comunque, in base alla legge(7), la percentuale di edilizia sociale dovrebbe essere come minimo il  40% e come massimo il 70% del totale della nuova edilizia residenziale prevista.

Si potrebbe ritenere che tale quota non sia economicamente fattibile, che non ci siano cioè le risorse pubbliche e private per realizzarla. Si ricorda a tale proposito che nei PRU deliberati dalla Giunta Formentini (1995) la percentuale di edilizia sociale era del 50% sul totale (tutta realizzata).

Si potrebbe ritenere infine che tale ridotta quota di edilizia sociale nel PGT vigente sia dovuta ad altre scelte strategiche più rilevanti, quali ridurre il carico insediativo cittadino o aumentare le dotazioni di aree verde e servizi, che non consentano quindi di riservare quote consistenti di risorse all’edilizia residenziale sociale.

Di seguito si riportano due tabelle, già pubblicate precedentemente (qui), dove si rimanda per le precisazioni, da cui si rileva come invece negli ultimi anni le politiche urbanistiche cittadine abbiano incrementato gli indici edificatori privati e ridotto le dotazioni di aree a verde e servizi,

pr

consentendo verosimilmente di destinare risorse a tale obiettivo:

pre

(NB: in blu l’intervento su aree inedificate, in arancione quello su aree già edificate; in grigio le medie cittadine esistenti)

Poi beninteso ognuno ne può trarre le valutazioni che crede, eh.

Gregorio Praderio

(1) “2° Rapporto Congiunturale Previsionale del Mercato Immobiliare 2012”, a cura di Cresme/Ance, in particolare Capitolo 2. Inquadramento Demografico e Fabbisogno Abitativo

(2) “Fabbisogno di abitazioni a Milano e nella Provincia”, a cura di DiAP/Cisl, 2011

(3) “MILANO INCLUSIVA La produzione di case in locazione a costi accessibili”, Nomisma 2021

(4) Una Nuova Strategia per la Casa”, Comune di Milano 2023

(5) Documento di Piano – Milano 2030 Visione, Costruzione, Strategie, Spazi –

Relazione Generale” 14.10.2019, pag 47 e 69, elaborazione

(6) “Non è una città per chi lavora – Costi abitativi, redditi e retribuzioni a Milano – Primo rapporto di ricerca OCA sull’abbordabilità della casa” a cura di Massimo Bricocoli e Marco Peverini, DAStU Politecnico di Milano 2023

(7) L 865/71 art. 29



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  1. Gregorio PraderioPreciso che la quota del 10% di edilizia sociale esistente in città è in realtà la sola quota di edilizia pubblica (non comprende cioè l'edilizia convenzionata). Più che "sociale" avrei dovuto chiamarla quindi "popolare" (ovvero ERP, sovvenzionata, ecc.). Mi scuso per l'imprecisione. Segnalo inoltre che nel PGT vigente ad alcune condizioni l'indice 1 è raggiungibile anche su aree inedificate. Pertanto la linea azzurra dovrebbe presentare anche un andamento ascendente fra il 2015 e il 2020; si tratta comunque di dettagli.
    24 gennaio 2024 • 08:37Rispondi
  2. Cesare MocchiLa casa è l'unica delle opere di carità (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati...) che il mercato non è riuscito a risolvere, per svariati motivi (i costi unitari, l' impossibilità della produzione industriale di massa, ecc). Oggi gioca un ruolo di raccolta dei risparmi delle classi medie, come mostra ad esempio Enrico Moretti nel suo La nuova geografia del lavoro (i prezzi immobiliari sono una funzione dei redditi, che finiscono solo per remunerare la rendita). In Italia si è scelta la strada della diffusione della casa in proprietà, ma questa mostra i suoi limiti sia perché è un freno alla mobilità, sia perché (nel caso di un'unica proprietà in uso alla famiglia) si tratta di fatto di una ricchezza indisponibile.
    25 gennaio 2024 • 08:26Rispondi
  3. Cesare MocchiIn altri paesi europei, il settore è calmierato dalla rilevante quota di patrimonio pubblico di abitazioni e aree di espansione. Qui invece il (poco) patrimonio viene venduto (o mal gestito) e con i fondi Gescal si fa altro... Ad maiora!
    25 gennaio 2024 • 08:52Rispondi
  4. Chiara VogliattoIn realtà le aree destinate a ERS in PGT hanno una superficie ben inferiore a quella dichiarata (meno della metà); in più, vengono utilizzate per fare altre cose (senza essere sostituire con altre). Quindi la stima di quel misero 5% è anche fin troppo generosa. Il problema del PGT insomma è che ha pensato di risolvere questioni come queste semplicemente nascondendole sotto il tappeto e sperando che nessuno se ne accorgesse (ma non avranno mai il coraggio di ammetterlo).
    16 aprile 2024 • 08:19Rispondi
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