18 aprile 2023

PERCHÈ MILANO “SCOPPIA”

Risposta alla lettera di Beltrami Gadola*


Copia di rification (1)

Caro Luca, rispondo alla tua sollecitazione in risposta alla domanda di Giancarlo Lizzeri: “Perché solo Milano “scoppia” e non altre città italiane?” Per rispondere ho ripreso, in parte, due interviste ad Antonio Accetturo del centro studi di Bankitalia e alla prof.sa Alessandra Faggian, prorettrice dell’Istituto Scientifico del Gran Sasso, economisti del territorio, da me condotte per conto di INU, nel 2021, per capire i possibili scenari del dopo pandemia da Covid.

In generale

In generale la forza attrattiva di una città è proporzionale alla sua dimensione (legge di “gravità”). In tutto il mondo la popolazione si è concentrata nelle città maggiori che sono diventate megalopoli. Il fenomeno si è accentuato con la globalizzazione delle relazioni economiche. La storica struttura policentrica dell’Italia ha solo in parte contrastato tale tendenza.

Secondo studi della Banca d’Italia (Accetturo) la produttività delle città europee (quindi l’efficienza economica e la conseguente spinta alla crescita) è direttamente proporzionale alla loro dimensione e inversamente proporzionale al livello di congestione e inquinamento. Le agglomerazioni urbane in Italia contribuiscono poco alla crescita economica, rispetto a quelle europee, perché sono congestionate (i tempi di spostamento interni sono mediamente più alti). 

Milano metropolitana è la più grande e ha il sistema di trasporto più efficiente rispetto alle altre città metropolitane d’Italia. Il livello di inquinamento è elevato ma per ora non sembra frenare il processo di crescita. Milano è dunque in condizioni di crescere più delle altre città italiane.

Crescita equilibrata e crescita “eccessiva”: la storia dello sviluppo.

Lo sviluppo territoriale nella fase dell’economia manifatturiera del secondo dopoguerra.

Milano si è sviluppata come capoluogo di una vasta area manifatturiera, a scala metropolitana (3,5 milioni di abitanti) e a scala di regione urbana lombarda (6 milioni di abitanti). Il territorio manifatturiero è stato la base della crescita che ha poi indotto la concentrazione delle attività terziarie e direzionali nel capoluogo. Ma attività terziarie e direzionali si sono sviluppate anche nei capoluoghi di secondo livello, sia nell’area metropolitana che nell’area urbana regionale, in relazione ai loro territori manifatturieri di riferimento. In questa fase dunque si è mantenuto un relativo equilibrio dello sviluppo territoriale e si è consolidato il carattere policentrico dell’area forte lombarda, pur con la netta preminenza del Capoluogo della sua area metropolitana.

La fase dell’”economia globale” 

(libertà di movimento di capitali, merci e persone in gran parte del mondo).

Con l’economia globale il rapporto tra la città centrale e il suo territorio si allenta(*).

Gli attori internazionali, non solo i promotori immobiliari ma anche le multinazionali per la  localizzazione dei loro headquarters, quando decidono di investire considerano le dimensioni e la qualità delle attività concentrate nei capoluoghi delle are metropolitane; l’area metropolitana in sé non è oggetto di interesse; la sua dimensione conta per aver storicamente determinato la concentrazione di funzioni nel capoluogo.  Per gli investitori internazionali conta la concentrazione di “capitale umano” perché funzionale ai settori economici trainanti. Anche la prossimità delle relazioni e quindi la concentrazione conta, anche se il Covid ha fatto crescere le relazioni on line (Faggian). Gli altri fattori di scelta sono la qualità ambientale urbana (centri storici) e naturale e i livelli di inquinamento (**).

Sullo scenario internazionale Milano è dunque la città italiana che offre le migliori condizioni per gli investitori internazionali ed è probabilmente l’unica città italiana in grado di competere con le metropoli di altri paesi. La mancanza di investimenti internazionale in altre città italiane sembra confermata dai primi studi di Bankitalia nel campo, anche se incompleti (Accetturo).

 (*) In realtà in Lombardia la manifattura mantiene ancora un ruolo rilevante ma soprattutto la media (o grande) industria che sviluppa rapporti internazionali più che locali (Accetturo).

(**) Naturalmente di tutt’altra natura sono gli investimenti in località “turistiche” connotate da eccezionali condizioni ambientali e paesaggistiche.

Concentrazione /congestione

A Milano gli investimenti immobiliari si sono prima concentrati entro la cerchia dei Navigli; poi l’ambito degli investimenti si è allargato alla periferia urbana, all’anello ferroviario degli scali e alla prima cintura metropolitana. A parte gli storici episodi di “decentramento” di Metanopoli a San Donato e di Milanofiori ad Assago / Rozzano, più recentemente si stanno realizzando “Mind” a Rho, che è un intervento pubblico e l’intervento di recupero delle aree Falck a Sesto s. Giovanni, quest’ ultimo con qualche difficoltà. Ma il luogo privilegiato dello sviluppo immobiliare è sempre il capoluogo metropolitano: il resto dell’area metropolitana è fermo, come gli altri capoluoghi regionali. L’effetto dello sviluppo concentrato sui valori della rendita urbana è noto (il prezzo medio della residenza a Milano è di oltre 5.000 €/mq; nell’hinterland 1.800 €/mq). L’esito della concentrazione è la “gentrificazione della città centrale” e l’uso intensivo della città, non sempre apprezzato dai “milanesi”. Ma chi sono ormai i milanesi? Solo il 40% degli attuali milanesi lo era anche quindici anni fa; il ricambio è stato stravolgente. (“Una nuova strategia per la Casa” – Comune di Milano – 17 marzo 2023).

Che fare? 

Le città italiane sono per lo più sotto la soglia dimensionale e/o troppo congestionate (trasporti inefficienti) per attrarre investimenti dalla platea internazionale e quelle del nord troppo vicine a Milano per non subirne la concorrenza.

Può darsi tuttavia che in futuro, a fronte dell’affermarsi di un nuovo modello di sviluppo economico ecosostenibile, le città medie possano rivelarsi più adattabili, più resilienti come si dice, rispetto alle grandi aree metropolitane (Faggian).

Nel caso di Milano, oggi per ridurre l’eccessiva concentrazione e i relativi effetti sul mercato immobiliare e sull’uso della città, si dovrebbe ampliare l’ambito territoriale dello sviluppo: uno sviluppo più diffuso dovrebbe ridistribuire i valori della rendita urbana, ridurre quindi i costi di insediamento (costo delle abitazioni) e allentare l’intensità d’uso ella città.

Per raggiungere questo obbiettivo i modelli di governo, che del resto si ripropongono da decenni, sono, semplificando, due.

Il primo modello prevede di aumentare l’accessibilità di Milano rispetto al resto della regione, in modo da coinvolgere nello sviluppo i poli regionali secondari e i relativi sistemi urbani che si troverebbero entro un’isocrona  di 30 minuti dall’area centrale. La struttura “Milanocentrica” e radiale della regione urbana verrebbe consolidata. In quest’ottica si colloca coerentemente la proposta del Secondo Passante (vedi articoli di G. Goggi e altri su ArcipelagoMilano).

Il secondo modello di governo prevede di correggere la struttura monocentrica radiale lombarda sostenendo lo sviluppo dei poli secondari sia regionali che metropolitani e dei relativi sistemi urbani e implementando gli elementi non radiali della rete della mobilità. In tal modo si accrescerebbero le opportunità di investimento e di sviluppo in un’area ampia oltre la città centrale (si pensi alle numerose grandi aree industriali dismesse da rigenerare). Una crescita più equilibrata ridurrebbe i fenomeni di punta dello sviluppo concentrato e avrebbe effetto sul mercato immobiliare.

Il primo modello storicamente realizzato concentrando investimenti in infrastrutture di trasporto pubblico nell’area urbana centrale, ha tendenzialmente concentrato lo sviluppo nel capoluogo e se mai ha esteso l’area centrale dello sviluppo alla periferia urbana e poco oltre, con effetto drenante rispetto alla regione, almeno per ora.

L’esito positivo è che Milano città ha un ottimo livello di servizio di trasporto pubblico (assai meno il suo hinterland) ed è in grado di competere sullo scenario internazionale. 

Il secondo modello che dovrebbe correggere una struttura insediativa consolidata in decenni di sviluppo monocentrico, è più difficile da realizzare e presuppone una capacità di governo che l’attuale sistema istituzionale non ha. Presuppone di rafforzare il ruolo della Città Metropolitana e un impegno straordinario della Regione che ha competenza nella programmazione della rete infrastrutturale. Le occasioni di sviluppo decentrato andrebbero anche costruite agendo sugli elementi di qualità urbana e ambientale non sempre ben evidenti nell’area metropolitana.  

In realtà c’è un terzo modello: è quello in corso, ovvero il modello dello sviluppo concentrato secondo le spinte del mercato globale, con successiva correzione degli effetti indotti, per quanto possibile.

Ugo Targetti

*LETTERA DEL 12 APRILE 2023



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