9 dicembre 2020

QUESTIONE CITTÀ METROPOLITANA, QUESTIONE DI EQUITÀ

I nodi irrisolti non si sciolgono da soli


Comuni e cittadini che fanno parte della Città metropolitana non dispongono tutti delle stesse opportunità e risorse. La localizzazione, più o meno distante dal capoluogo, genera squilibri che non solo danneggiano i comuni più svantaggiati, ma fortemente limitano il ruolo che il sistema metropolitano milanese potrebbe svolgere a livello nazionale e internazionale.

pompilio

Anche per questi motivi, per correggere questi squilibri, le norme assegnano al piano territoriale della Città metropolitana (PTM) qualche competenza in più di quelle assegnate ai piani territoriali delle province. Le differenze esistenti tra i comuni centrali e periferici sono questione vitale per il governo del territorio metropolitano, e sono oggetto di analisi in questo mio terzo intervento sui temi del PTM adottato a luglio dal Consiglio metropolitano (1).

Per comuni centrali si intendono quelli che già il PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) del 2013 (2) identificava come “città centrale”, costituita da comune capoluogo e comuni di cintura con i quali il capoluogo condivide alcuni servizi sovracomunali, quali il trasporto pubblico e una parte dei parchi cittadini. I comuni periferici, esterni alla “città centrale”, sono più distanti dal capoluogo e in parte gravitano su poli urbani diversi dal capoluogo per i servizi sovracomunali (ad esempio scuole superiori e ospedali). In realtà la reale città metropolitana si estende anche oltre i confini amministrativi della Città metropolitana attuale (3) e arriva fino a comprendere comuni capoluogo e poli urbani delle province confinanti, ai quali fanno riferimento per alcuni servizi anche i comuni periferici della Città metropolitana.

La Legge 56/2014 che ha introdotto l’elezione indiretta degli organi delle province ha anche attivato il nuovo livello amministrativo della Città metropolitana. A quest’ultima ha assegnato compiti di coordinamento territoriale, che dal 1990 rientrano tra le funzioni fondamentali dei PTCP delle province. A differenza delle province ha anche assegnato qualche competenza aggiuntiva riconoscendo la peculiarità delle aree metropolitane (4). Non è solo una questione di dimensione. Nelle aree metropolitane l’intreccio di relazioni tra le diverse parti del territorio è molto complesso, coinvolge capoluogo, poli urbani, comuni medi e piccoli, infrastrutture, mondo agricolo e aree naturali. Quanto accade in ciascuna di queste parti, anche la più piccola, può più facilmente che nelle province avere ripercussioni sul complesso del sistema territoriale.

Gli squilibri tra risorse e opportunità sono un tema critico, dalla cui risoluzione dipende la possibilità del sistema metropolitano di funzionare adeguatamente. Sono anche un problema difficile da risolvere e da illustrare in due-tre pagine. Il rischio di banalizzare semplificando eccessivamente è alto. Ci provo in ogni caso e a tale fine prendo a prestito i tre nodi che Giancarlo Consonni ha efficacemente usato per descrivere la questione metropolitana al punto 6 del suo articolo su Arcipelago Milano del 1 novembre 2020.

I cittadini dei comuni periferici impiegano tempo a raggiungere il capoluogo e la zona centrale dove sono concentrate la maggiore parte delle opportunità di lavoro. Si tratta di tempo di viaggio sottratto alla disponibilità personale, che crea disparità tra chi abita vicino e chi abita lontano dal luogo di lavoro. Il PTM affronta questa disparità con interventi volti a migliorare l’offerta quantitativa e qualitativa del servizio di trasporto pubblico, puntando a realizzare eguali opportunità di accesso alla rete primaria di mobilità da ciascun punto del territorio metropolitano (1). Nel prossimo futuro qualcosa potrebbe cambiare per l’influenza che potrebbe avere quella quota di lavoro in remoto che continuerà comunque, anche dopo la fine dell’attuale emergenza pandemica.

I cittadini dei comuni periferici dispongono generalmente di un’offerta di servizi più limitata, per possibilità di scelta e talvolta anche per qualità. Attualmente il capoluogo e i comuni limitrofi ospitano funzioni di rilevanza metropolitana e sovracomunale.

Le prime caratterizzano l’area metropolitana a livello sovraregionale, nazionale e internazionale (esempio: polo fieristico Rho-Pero, università, aeroporto Linate, Teatro La Scala, centro direzionale Garibaldi-Repubblica, Pinacoteca di Brera e altri musei, Forum Assago, ecc.).

Le seconde invece (scuole superiori, servizi ospedalieri, ecc.) servono parti del territorio metropolitano, comunque inclusive di più comuni. Le funzioni sovracomunali del capoluogo servono non solo i comuni di cintura, ma sono di riferimento anche per chi abita nei comuni più distanti. In realtà sarebbe più efficace, in una logica policentrica, collocare i servizi sovracomunali nei poli urbani più prossimi agli utenti. In questo modo si creerebbero occasioni per valorizzare i comuni periferici, si taglierebbe il perditempo negli spostamenti, e si contribuirebbe a decongestionare la circolazione di capoluogo città centrale”. Il probabile permanere in remoto, anche dopo la fine della crisi pandemica, di una parte del lavoro potrebbe essere di stimolo per andare verso questa direzione.

Non si deve inoltre dimenticare, come detto all’inizio, che la redistribuzione ottimale dell’offerta dei servizi dovrebbe anche coinvolgere le province confinanti. L’apertura nell’ultimo decennio delle linee di trasporto pubblico del sistema S suburbano ha facilitato l’accesso ai servizi collocati nei comuni capoluogo delle province confinanti anche da parte dei cittadini dell’area metropolitana.

Grandi aree dismesse esistono nel capoluogo e nei comuni di cintura, ma sono presenti anche nei comuni esterni all’area centrale, fino a quelli più lontani, lungo le vallate del Ticino e dell’Adda. Tuttavia mentre nel capoluogo e nei comuni di cintura, in una situazione di mercato immobiliare comunque attivo, molte aree dismesse sono state o sono in fase di recupero e riuso, negli altri comuni le opportunità di riuso sono scarse. Nei comuni più piccoli spesso le aree industriali dismesse sono localizzate nelle immediate vicinanze dei centri storici, rendendo più complicato il riuso, e perpetuando condizioni di degrado che non aiutano a frenare il progressivo abbandono dei centri storici stessi, dove gli esercizi commerciali tradizionali non riescono a competere con la grande distribuzione.

In una situazione di carenza di entrate di bilancio i comuni periferici sono costretti ad accettare le proposte insediative della logistica, che tuttavia è difficile da collocare nelle aree dismesse, finendo per causare ulteriore consumo di suolo, che genera impatti rilevanti sul traffico locale, e non porta grandi vantaggi in termini occupazionali. Anzi, progressivamente si sta impoverendo il ricco patrimonio di competenze tecniche professionali che un tempo era presente nei territori della Città metropolitana.

Grandi differenze di opportunità immobiliari comportano forti squilibri nella disponibilità di risorse economiche (derivanti da oneri di urbanizzazione, contributi di costruzione, imposte sulla proprietà), con i comuni periferici che si trovano nell’impossibilità di migliorare i servizi offerti e di mettere in campo azioni per contrastare il progressivo abbandono e degrado dei centri storici.

Gli effetti non sono solo locali. In un’area metropolitana i destini delle diverse componenti sono strettamente tra loro intrecciate. La sofferenza di una parte del territorio ha ripercussioni su tutto il sistema, sul suo funzionamento stesso, sulle sue capacità produttive, sulla sua possibilità di essere attrattivo e competitivo a livello nazionale e internazionale.

Il capoluogo e i comuni di cintura più ricchi, che beneficiano di una situazione di mercato immobiliare favorevole, nonostante la crisi economica che da più di dieci anni investe il Paese, non possono ignorare questa condizione. Non si tratta solo di solidarietà, ma di intervenire in quanto la sofferenza di una parte del territorio coinvolge tutto il sistema metropolitano frenandone le possibilità di sviluppo.

Ogni giorno entrano nel comune capoluogo circa 400.000 pendolari per motivi di lavoro (dato ISTAT al 2011). Probabilmente tutte o quasi le attività produttive e terziarie del capoluogo si fermerebbero se non ci fosse l’apporto delle competenze professionali di questi pendolari. Milano ha bisogno di queste competenze, del territorio metropolitano che la circonda, dell’hinterland come un tempo veniva chiamato, senza il quale non potrebbe esercitare alcun ruolo a livello europeo e mondiale. All’estero vedono Milano come un’unica area metropolitana, non conoscono i confini amministrativi del capoluogo e neppure quelli della Città metropolitana.

Allo stesso tempo il territorio metropolitano ha bisogno del suo comune capoluogo, delle sue capacità di governo, per l’effetto di traino che riesce a sviluppare. Capoluogo, comuni di cintura e comuni periferici, grandi o piccoli che siano, vicini o distanti dall’area centrale, vivono in stretta simbiosi, sono per così dire sulla stessa barca e ne condividono la direzione e il destino. Una più equilibrata distribuzione tra tutti i comuni delle risorse economiche è più che opportuna se si vuole fare sistema, se si vuole che il tutto funzioni al meglio, se si vuole che siano sviluppate tutte le potenzialità.

Si devono migliorare i servizi a disposizione dei cittadini e delle imprese in tutti i comuni, indipendentemente dalla distanza dal capoluogo, se si vuole che l’area metropolitana sia un luogo più attrattivo per le imprese e più vivibile per i suoi abitanti.

Le considerazioni qualitative fino a questo punto svolte sono intuitive, facili da comprende, ma sono difficili da attuare, soprattutto nell’attuale situazione di incertezza normativa. La legge 56/2014 ha riformato a metà il livello intermedio di governo, con indicazioni poco chiare sulle funzioni fondamentali e sulle risorse per esercitarle. Il perenne conflitto tra livello statale e regionale in questi mesi di pandemia ha messo a nudo i limiti della riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, anche quella una riforma affrettata, poco meditata, per rispondere all’allora forte spinta federalista, che però non ha avuto la forza di affrontare il tema delle risorse e di chiarire i rapporti tra livelli istituzionali.

In una situazione dai contorni incerti, con informazioni e risorse a disposizione molto limitate (1), con norme di aiuto scarso se non nullo o addirittura controproducenti, il PTM ha comunque lavorato per creare le condizioni, in termini di indirizzi e procedure, per affrontare concretamente e correggere le situazioni di squilibrio fino a questo momento descritte.

Come noto la Legge 56/2014 e i successivi interventi normativi hanno quasi dimezzato le risorse di personale e praticamente azzerato le risorse economiche delle città metropolitane e delle province, che fanno molta fatica a svolgere anche la normale manutenzione ordinaria delle strade. A maggiore ragione non sono quindi in grado di sostenere progetti di scala sovracomunale.

La mancanza di risorse economiche non costituisce l’unico problema degli enti intermedi ma è sicuramente quello che deve essere affrontato per primo. Una norma recente della Regione Lombardia (5) ha introdotto la possibilità per i comuni di accordarsi al fine di creare fondi alimentati con risorse proprie e dedicati alla realizzazione di interventi che interessano più territori comunali. La stessa norma assegna alla Città metropolitana il compito di gestire questi fondi, per garantire unitarietà di intenti, quando riguardano interventi di rilevanza sovracomunale considerati prioritari per l’interesse della comunità metropolitana e come tali individuati nel PTM.

Il piano territoriale adottato a luglio utilizza questa opportunità, elenca i temi sovracomunali prioritari e per questi definisce percorsi più rapidi di approvazione e attuazione. Individua inoltre altre possibili fonti di finanziamento da affiancare alle risorse dei comuni che da sole non sarebbero sufficienti per mobilitare e aggregare i sindaci attorno a progetti sovracomunali.

Per gli interventi sovracomunali che rientrano tra quelli considerati prioritari dal PTM la Città metropolitana assiste i comuni nella predisposizione di proposte da presentare nei bandi finanziati con i programmi europei, nazionali e regionali.

Ulteriori risorse possono essere ricavate da una nuova forma di perequazione di scala metropolitana introdotta dal PTM. Le funzioni di rilevanza metropolitana sono prioritariamente localizzate nei comuni della “città centrale”. Per compensare il plusvalore generato da questa disposizione, una parte dei contributi di costruzione di questi comuni viene dedicato alla realizzazione di interventi di rilevanza sovracomunale nei comuni esterni alla “città centrale” (6).

Con questo maggiore contributo chiesto ai comuni favoriti dal mercato immobiliare il PTM punta a realizzare interventi che supportino il rilancio delle aree territoriali più sofferenti, con progetti ambientali, infrastrutturali e servizi, che difficilmente i comuni singoli riuscirebbero ad attuare. Tra questi, per citarne solo alcuni dall’elenco contenuto nel PTM (7): il recupero di aree dismesse e degradate che sono da tempo in questa condizione non avendo prospettive di mercato (spesso in quanto poco appetibili per localizzazione o per dimensione); parcheggi e altri servizi di supporto alla mobilità nelle stazioni di interscambio modale delle linee suburbane S; progetti per il potenziamento della rete verde di collegamento tra i parchi (forestazione, percorsi ciclopedonali, laghi e fontanili, corridoi di mitigazione dell’isola di calore, ecc.); progetti per la laminazione dei fenomeni meteorici.

Il riequilibrio delle condizioni e delle opportunità tra comuni centrali e periferici è tema centrale del PTM, che investe molte delle sue disposizioni e azioni, non solo quelle relative ai fondi perequativi. Se ne ricordano alcune tra quelle più significative: l’individuazione del sistema suburbano S come nervatura portante della mobilità della Città metropolitana (1); le disposizioni volte a favorire lo sviluppo policentrico del territorio attraverso il potenziamento dei servizi sovracomunali nei poli urbani attrattori; l’organizzazione operativa della Conferenza metropolitana in sette zone omogenee dove i sindaci di ciascuna zona possono sviluppare forme decentrate di autogoverno sui temi sovracomunali; le disposizioni per la localizzazione dei grandi insediamenti, inclusi quelli di logistica, volte a limitarne il consumo di suolo e gli altri effetti sull’ambiente, sul traffico, e su quartieri residenziali e centri urbani; gli indirizzi per migliorare l’organizzazione del patrimonio di insediamenti produttivi e l’offerta di servizi rivolti alle imprese.

I nuovi strumenti che il PTM introduce per affrontare gli squilibri esistenti tra le diverse parti del territorio, tra centro privilegiato e periferie in progressivo decadimento, sono un’occasione unica, da non disperdere, da cogliere in tutta la sua potenzialità e attuare in tempo utile, prima del prossimo turno elettorale di primavera.

Marco Pompilio

 

NOTE:

  1. Il primo intervento sul PTM è del 3 ottobre 2020, di introduzione ai contenuti del piano e il secondo è del 28 ottobre 2020, sugli aspetti di mobilità e trasporto pubblico . Gli elaborati del PTM adottato a luglio 2020 sono visionabili sul sito della Città metropolitana di Milano.
  2. Il PTCP vigente fino alla definitiva approvazione del PTM è stato approvato nel 2013. Gli elaborati sono disponibili sul sito della Città metropolitana di Milano.
  1. L’area metropolitana milanese effettiva è molto più ampia dei confini amministrativi dell’ente Città metropolitana. Vedere su questo articolo il mio articolo Bike sharing e confini della Città metropolitana pubblicato su Arcipelago Milano dell’11 maggio 2016 .
  2. In particolare l’articolo 1 comma 44 lettera b) della Legge 56/2014 introduce la funzione: “pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano”.
  3. Si tratta dell’articolo 11 comma 2ter della LR 12/2005, introdotto dalla LR 18/2019: “I comuni, anche in accordo con altri enti territoriali, possono prevedere, in relazione alle specifiche competenze e nel rispetto dei vincoli di destinazione previsti dalla normativa vigente, forme di perequazione territoriale intercomunale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato con risorse proprie o con quote degli oneri di urbanizzazione e altre risorse conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati. A tal fine definiscono, d’intesa tra loro, le attività, le modalità di finanziamento e ogni altro adempimento che ciascun ente partecipante si impegna a realizzare, con l’indicazione dei relativi tempi e delle modalità di coordinamento. Il Piano territoriale metropolitano (PTM) determina i casi nei quali la gestione unitaria del fondo è affidata alla Città metropolitana di Milano al fine di sviluppare progetti e attuare interventi di rilevanza sovracomunale”.
  4. Di seguito il testo completo dell’articolo 24 comma 3 delle Norme di attuazione del PTM: “Il PTM riconosce e valorizza il contributo dei comuni esterni alla Città centrale al funzionamento complessivo del sistema metropolitano Milanese. Al fine di conseguire un parziale riequilibrio del plusvalore creato nei comuni della Città centrale dalla disposizione di cui al precedente comma 3, una parte dei contributi di costruzione per interventi insediativi di rilevanza metropolitana e sovracomunale realizzati nei comuni della Città centrale viene destinato a supportare i fondi perequativi la cui gestione è affidata alla Città metropolitana ai sensi dell’articolo 11 comma 2ter della LR 12/2005 e smi, e viene utilizzato per realizzare, prioritariamente nei comuni esterni alla Città centrale, interventi di interesse sovracomunale che rientrino nelle tipologie elencate all’articolo 11 comma 6”.
  5. L’elenco completo è visionabile all’articolo 11 comma 6 delle Norme di attuazione del PTM.



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