18 aprile 2023

MILANO: DA MODELLO A BOLLA?

I rischi di uno sviluppo acritico e deregolato


Copia di rification (13)

 La garbata polemica riportata nella recente lettera di Arcipelago* riguardo “Milano e il brand negativo” può essere concentrata in due significativi passaggi rintracciabili nei rispettivi interventi di Giancarlo Lizzeri (“che i vantaggi della elevata concentrazione di funzioni pregiate sulla città siano superiori agli svantaggi indotti in termini di costi della residenza e dei tempi/costi di trasporto) e Luca Beltrami Gadola (ho letto che a Milano il 7% di contribuenti possiede il 90% della ricchezza totale).

Direi che la questione sta proprio lì, nel 93% di possessori del residuo 10% della ricchezza totale. Ovvero nell’asimmetrica attribuzione dei “vantaggi” prodotti dalla  rendita immobiliare e finanziaria, ovvero della superfetazione del denaro che genera sé stesso scaricando tuttavia il “corrispettivo di produzione” sulla maggioranza degli svantaggiati.

Senza inoltrarci nella relativa critica ideologica si può osservare pertanto che il decantato “modello Milano” sia fondato su una doppia configurazione: competitiva all’esterno e gerarchica all’interno.

Verso l’esterno la competizione è globale. “Google, Novartis e Allianz magari rinunciano ad avere una sede in Italia e spostano i loro headquarters oltre confine”?  Non sia mai, la libera legge universale del mercato non ammette eccezioni. E tuttavia il costo corrispondente impone una  strutturazione della città di tipo gerarchico e regressivo, poco compatibile con la conclamata preminenza del sistema democratico e partecipativo.

La progressiva prostrazione della politica amministrativa, rinunciataria a fronte dello “spontaneo” squilibrio territoriale e sociale, ha consentito la stratificazione materiale della città in termini di dominio/subalternità tra centro e fasce periferiche. Un sistema tolemaico di corpi circolanti attorno ad un centro privilegiato.

La “cinta daziaria” segna il limite invalicabile tra un interno a sua volta ben distinto tra zone C e B, ed un esterno diffuso in un ampio contado disperso tra centinaia di comuni medi e piccoli, nonché in un’artificiosa provincia nata per rivalsa.

Sotto il profilo istituzionale-amministrativo pertanto il centenario confine (di cui si attende quest’anno un’adeguata celebrazione!) si affaccia dal lato interno su un irrilevante collana di Municipi fittizi e dall’altro su una Città Metropolitana altrettanto fasulla, brutta copia della vecchia ma per molti versi valida Provincia che si estendeva dalla media Brianza al Po. La monarchia insediata a palazzo Marino domina direttamente la città legale e indirettamente la più vasta area metropolitana.

Sotto il profilo territoriale e sociale tuttavia le cose stanno diversamente. La città metropolitana reale funziona come sistema. Le eccellenze vantate in premessa vivono dell’apporto quotidiano di forze materiali e intellettuali provenienti da un intorno che lambisce gli estremi della regione ma risulta ovviamente più intenso nell’hinterland, nella Brianza tutta e nel Bustocco-Gallaratese.

La rendita immobiliare sostanzialmente parassitaria viene pertanto pagata in termini di espulsione della residenza e disagi conseguenti: una “tassa occulta” imposta a svantaggio di una collettività già penalizzata da pesanti condizioni ambientali. Consumo di suolo, siccità, aria sporca, surriscaldamento colpiscono i quattro elementi empedoclei in un contesto di sviluppo caotico e inquieto.

L’arretramento di fronte all’onnipotenza economico-finanziaria si lega pure ad una ritirata sul fronte culturale e mediatico. Un rinnovato “tradimento dei chierici” segue il degrado della funzione politica. L’urbanistica, tenacemente difesa su queste colonne da Ugo Targetti, da scienza positiva compagna delle migliori amministrazioni pubbliche cede il passo ad un “governo del territorio” arbitrario e aleatorio.

La pianificazione, da strumento obbiettivo e complessivo di regolazione delle funzioni urbane e moderazione del mercato, lascia il campo all’iniziativa soggettiva di gruppi privati ovviamente più forti e aggressivi. Limiti e vincoli vengono aboliti o aggirati nel segno della concentrazione e accumulazione spinte.

La valutazione degli effetti, in termini di vantaggi/svantaggi per la collettività, sarebbe tuttavia propria del sistema democratico. Purtroppo anche su questo piano, a cominciare dalla debilitazione del diritto di voto compresso tra astensione e sterili alternative, non depone in favore di un auspicabile recupero dei valori democratici e costituzionali.

Laudatores temporis acti? Forse ne vale la pena!

Valentino Ballabio

*LETTERA DEL 12 APRILE 2023



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Andrea VitaliUna risposta alla questione sollevata da Giancarlo Lizzeri (perché Milano "scoppia" e altrove non c'è niente?) può essere cercata in diversi fattori, che in buona misura già da tempo avevano prefigurato una simile situazione: - innanzitutto non bisogna dimenticare il pregresso storico e geografico: Milano è sempre stata al centro di un territorio molto variegato economicamente (finanza, produzione, cultura, ecc), come già notava Cattaneo e come largamente confermato nei decenni successivi: non è una grande novità insomma che Milano sia più vivace e più moderna del resto di Italia; le politiche urbanistiche precedenti si erano proposte appunto di "frenare" tale forza distribuendola sull'intero territorio metropolitano, ma a un certo punto queste politiche sono state abbandonate - dal 2010 all'incirca c'è stata infatti la concomitanza di tre fattori: - grandi opportunità di investimento immobiliare, facilitato da bassa tassazione e da nuove regole più facilitative (fa quasi tenerezza il povero Sala quando dice ad esempio che la città può fare poco sull'housing... sì, soprattutto se rinuncia ad applicare le leggi che pur ci sono) - grande presenza di finanziamenti pubblici (Expo, ecc), che anziché rivolgersi alle aree disagiate, sono state rivolte alle aree più forti - sostanziale assenza di critica o opposizione a queste politiche, impostate dal centrodestra ma fatte proprie dal centrosinistra dopo le elezioni del 2011. In poche parole, Milano è tradizionalmente forte, in più c'è una pioggia di soldi pubblici, in più la rendita fondiaria non è tassata, in più c'è la sordina alle critiche, in più è una location nota in tutto il mondo: cosa di più? Perché non dimentichiamoci che un esito della sperequazione distributiva non è solo che ci sono tanti precari che non sanno come sbarcare il lunario, ma anche tanti e tanti capitali in cerca di remunerazione, che a Milano hanno trovato dove atterrare (e ci sono anche assessori che si vantano che "i prezzi hanno tenuto": sì, come se fosse questo il loro obiettivo). È una soluzione riproducibile altrove? Molto difficile, sia perché altrove non ci sono i presupposti e la visibilità, sia perché le scelte localizzative sono per loro natura esclusive (vado in centro a Milano perché è più "in" che stare a Cologno). Milano gioca un ruolo positivo in questo, è cioè la "locomotiva" che può trainare il resto del paese? Io penso un po' il contrario, che cioè in parte sia anche la "sanguisuga" che in questo momento sta sottraendo possibilità agli altri di svilupparsi. Non so se si nota ad esempio il sostanziale stop a quasi tutte le iniziative di sviluppo fuori dai confini amministrativi milanesi... Nessuno investe fuori finché ci sono aree interessanti a Milano, per dire. Ed è vero che le nuove attività apriranno al futuro? Vedo invece molte sedi di rappresentanza e molti servizi di loisir (ristorazione, ecc), poca ricerca o innovazione tecnologica. Le imprese vedono la città come accesso a un mercato di sbocco, non come luogo di innovazione economica; i loro dirigenti vengono a Milano perché si mangia bene, ci sono belle ragazze, belle città d'arte vicine da visitare, il mare e le montagne: come vacanza insomma e non come luogo di crescita professionale. I giovani che pure sono giunti mi sembrano giocarsi la loro carta rispetto a una zona di provenienza più depressa, ma hanno davvero un futuro? O sono qui giusto per ingrassare i proprietari di case? Sarò pessimista, ma il modo miope e poco lungimirante con cui il Comune ad esempio ha affrontato il tema "casa" nel PGT dà poco spazio alle speranze. Comunque grazie per essere occasione di dibattito, se ne sente poco ultimamente.
    19 aprile 2023 • 08:27Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Ultimi commenti