3 maggio 2022

MILANO COME CASO-STUDIO FRA LE CITTÀ E I TERRITORI ITALIANI AI TEMPI DELLA PANDEMIA *

Un importante saggio del prof. Stefano Lucarelli


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In questo testo l’autore presenta una rassegna ragionata di alcuni contributi recenti sull’analisi dei problemi degli spazi urbani in Italia, guardando a Milano come caso studio e si concentra innanzitutto sulle conseguenze che il modello di sviluppo economico milanese ha provocato nella sostenibilità economica in alcuni quartieri della città a discapito della maggioranza di essi. Vi si approfondiscono anche gli effetti che le innovazioni sociali possono avere sullo sviluppo economico urbano e territoriale, riferendosi in particolare alla esperienza dei fablab milanesi.

Lucarelli sostiene che “appare urgente e necessaria la messa a punto di un’agenda urbana che ragioni sulla città-di-fatto, ripensando innanzitutto i rapporti fra centro e periferie”. Allora i luoghi che “non contano” diventano fondamentali per comprendere cosa è accaduto a Milano. Si possono così individuare anche le cause endogene delle criticità che la città affronta, anziché ignorarle in una narrativa dominante che li nasconde dietro la “celebrazione” della città globale e dietro la retorica della pandemia come causa esogena (che invece svela le cause endogene).

L’autore cita il libro dell’ex-assessora Tajani (2021) che comincia inneggiando alla Milano che sino all’inizio della pandemia era considerata l’unica città pienamente globale in Italia. Il sindaco Sala ha puntato tutto per far crescere il numero di turisti, gli investimenti diretti esteri di tipo greenfield sul suo territorio e in particolare gli investimenti real estate. Ed ecco che la città è approdata a uno sviluppo ben poco sostenibile viste le fratture profonde fra i quartieri “agiati” e la maggioranza di quelli marchiati da indicatori negativi per i loro abitanti.

Le molteplici criticità non sono messe in luce dai curatori dell’ultimo rapporto prodotto dall’Osservatorio Milano, che dedica molta più attenzione al miglioramento della attrattività e della reputazione della città, come se la dinamica economica strutturale della metropoli possa dipendere soprattutto dagli investimenti nell’immobiliare. 

Milano continua a soffrire soprattutto la scarsa integrazione dei giovani nel mercato del lavoro, parametro che la vede per il terzo anno fanalino di coda nel confronto tra le metropoli del Vecchio Continente. Ma le autorità milanesi amano le celebrazioni e, come sottolinea Giulio Sapelli (2021, citato da Lucarelli) “i modelli di sviluppo sono immaginati come frutto di convinzioni radicate nella fede dei portatori di interessi costituiti anziché il risultato di un processo decisionale … attento al benessere sociale della cittadinanza. 

Rendita urbana, rendita fondiaria, rendita finanziaria, si fondono in un magma di frattali potentissimo. Le città si fanno portatrici di una vera e propria politica economica transnazionale delle società immobiliari e finanziarie più aggressive. Ma ecco che gli investimenti esteri, nell’immobiliare si rivelano inconciliabili con l’inclusione sociale (che pretende auspicare Tajani). 

Lucarelli ricorda che l’aumento di valore in una determinata zona sconvolge il tessuto sociale perché gli abitanti non sono più in grado di sostenere i costi improvvisamente impennati. I dati utili per l’indice di sostenibilità economica per il 2020 nelle 35 zone della città (secondo EPONA) mostrano che in ben 22 zone su 35 i redditi non sono sufficienti a coprire le spese. Ne fanno parte tutti i quartieri oltre la circonvallazione tranne la zona Città Studi-Susa, e ad essi si aggiungono le zone Udine- Lambrate, Ghisolfa-Cenisio, Pasteur-Rovereto. 

Ecco allora affacciarsi il tema della ‘vendetta dei luoghi che non contano’, ovvero della irrisolta tensione tra metropoli e territori non metropolitani rappresentata emblematicamente dagli accadimenti di questi anni: divaricazione dei redditi, inurbamento degli individui ad alta qualificazione, rivolta di tutto ciò che città non è, simboleggiata dai gilet gialli che si scaricano su Parigi.

Ben prima della pandemia Milano vive tutte le contraddizioni di una città che presta attenzione soprattutto alla valorizzazione del suo patrimonio immobiliare e sembra perdere di vista le dinamiche squilibranti che ciò comporta sia per la città sociale e per il territorio che a lei compete e che presupporrebbe l’assunzione di una prospettiva sistemica per poter costruire un discorso pubblico sulla città-di-fatto (citazione di Calafati, 2020). 

Ma Milano s’interroga sul suo futuro (e sulla sua resilienza) e pretende spiegare le sue difficoltà imputandole a un improvviso “shock esogeno” (la pandemia). Invece, le cause sono lontane nel tempo; occorre tornare alla riflessione sulle dinamiche perverse dovute alla crescita da investimenti esteri nell’immobiliare. 

Il modello della città globale – acceleratosi dopo l’evento Expo 2015 – nel caso di Milano non sembra aver favorito né uno sviluppo economico stabile (ed è questo che lo shock esogeno rappresentato dalla pandemia ha messo in luce) né una discussione pubblica matura su un’agenda politica urbana in grado di fare i conti con la città-di-fatto, cioè con i luoghi dell’abitare dove si scaricano le contraddizioni prodotte dal centro. Un dato recente: a Milano il 74% dei nuovi assunti è precario e nell’area metropolitana persi 10 mila posti di lavoro in 5 anni mentre la città è schiacciata dal carovita.

Infine Lucarelli suggerisce: “occorrerebbe sviluppare anche per Milano uno studio accurato per pervenire a rappresentazioni cartografiche in grado di evidenziare le principali differenze socioeconomiche che caratterizzano il territorio della città-di-fatto, così come è stato fatto per Roma” (da Lelo e al., 2021). Così si potrebbe rispondere alle sfide che l’evoluzione urbana porta con sé. 

L’agenda urbana di Milano dovrebbe fare esplicitamente i conti con il problema della crescita della rendita immobiliare, dal suo intreccio con la rendita finanziaria e le probabili conseguenze negative che il paradigma della competizione territoriale determina sul welfare spaziale nella città-di-fatto. Ciò impone una profonda onestà intellettuale, una volontà di raccogliere tutti i dati necessari ad avviare una riflessione condivisa, e la partecipazione di competenze interdisciplinari che portino ad un confronto costruttivo fra tutti i saperi necessari per affrontare la complessità della situazione attuale.

Turi Palidda

* Pubblicato qui: https://rosa.uniroma1.it/rosa04/moneta_e_credito/article/view/17738/16838; Lucarelli S. (2021), “Città e territori in Italia ai tempi della pandemia: Milano come caso-studio. Una rassegna ragionata della letteratura”, Moneta e Credito, 75 (297): 41-59. 

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