28 aprile 2020
L’ANTROPOCENE E LA SCOMPARSA DEL GENERE UMANO
Considerazioni per il dopo Covid-19
28 aprile 2020
Considerazioni per il dopo Covid-19
Caro Luca, la lettera che mi hai inviato il 29 marzo chiedendomi, dopo un argomentato ragionamento, di dichiarare non solo come architetto ma anche in quanto cittadino, come Milano dovrebbe ripartire, con quale strategia e quali errori del passato vadano assolutamente evitati, mi ha messo in grave imbarazzo, e ci ho pensato a lungo prima di risponderti.
Devo dire che per quanto abbia spesso vivacemente polemizzato, anche su queste pagine, soprattutto con il sindaco Sala e con l’assessore Maran a proposito di varie questioni da Expo ai Navigli, dagli scali ferroviari a San Siro fino al nuovo PGT, criticando scelte che mi sono sembrate inadeguate rispetto all’ interesse e alla portata dei temi all’ordine del giorno, a differenza di altri amici e colleghi, che nell’attuale situazione si esprimono con grande sicurezza, mi sento del tutto impreparato.
Ciò che mi mette a disagio dipende dall’essere convinto che i problemi della situazione attuale non possono trovare soluzione a livello locale. Ambito entro il quale si possono fare scelte e prendere decisioni, pur necessarie, per mitigare e possibilmente fermare la diffusione del contagio ma non certo per affrontare le questioni di fondo che tu poni.
Tantomeno fare scelte strategiche per affrontare veramente i problemi che abbiamo di fronte non come milanesi e neppure come italiani ma come genere umano. È a questa scala infatti che la questione va affrontata perché Covid-19 ha dimostrato ciò che già avrebbe dovuto essere del tutto evidente: ossia che ne va della sopravvivenza di tutti noi.
In altra occasione, su queste stesse pagine ho avuto modo di segnalare, che l’attuale condizione del pianeta, che viene indicata come Antropocene, è l’era geologica in cui le attività dell’essere umano stanno cambiando in maniera significativa e irreversibile le strutture territoriali, gli ecosistemi e il clima sul pianeta Terra.
Sono certo che l’Antropocene corrisponda con l’era che porterà alla fine del genere umano. Non si sa quando ciò si consumerà né come, ma è certo che avverrà e credo che assumere coscienza di questo fatto sia molto importante per qualunque decisione si debba assumere.
Così come molte altre specie sono scomparse in passato e continuano quotidianamente a sparire in quella che è definita la sesta estinzione di massa attualmente in corso a livello planetario, causata dall’uomo, anche il genere umano è destinato a scomparire dalla faccia della terra.
Penso che assumere consapevolezza di questo destino non sia per nulla un atteggiamento catastrofista, ma contribuisca a dare una dimensione spaziotemporale alla nostra esistenza collettiva, così come l’abbiamo per quella individuale, facendo emergere le inevitabili implicazioni di ordine etico.
Nella narrazione corrente dell’attuale diffusione della pandemia si manifestano straordinarie manifestazioni di solidarietà, di senso del dovere e di sacrificio a livello individuale. Ma a livello internazionale emergono conflitti che mettono in secondo piano la solidarietà rispetto alla difesa degli interessi nazionali nel rendere o meno disponibili risorse economiche, attrezzature sanitarie, fino ai tamponi e alle mascherine.
Sembra che la pandemia sia in grado di rendere evidente ciò che era latente. Ossia che la terza guerra mondiale è già in atto a livello economico tra le grandi potenze e che ciò impedirà ogni forma di accordo per modificare il modello capitalista basato sulla sovrapproduzione, sulle disuguaglianze e sullo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali del pianeta. Figuriamoci se si potrà modificare il Modello Milano.
In un’interessante videoconferenza organizzata dalla Triennale per discutere del tema da affrontare nella ventitreesima edizione del 2022, tra i numerosi interventi ho apprezzato l’introduzione di Stefano Boeri che ha messo in evidenza come quella stessa natura che appare messa in discussione dall’irresponsabile comportamento del genere umano, ora reagisca mettendolo gravemente in crisi.
Degli altri interventi mi ha interessato molto quello dell’architetto Panos Mantziaras (32’40’’) direttore della Fondation Braillard che, a fronte degli interrogativi posti ai partecipanti (Siamo destinati all’estinzione? Quale futuro ci aspetta domani? Come possiamo riprogettare il nostro modo di abitare il mondo?) a confronto con gli altri interventi di un generico ottimismo, ci sollecita ad avere consapevolezza che la necessaria trasformazione non potrà avvenire senza violenza; anche se non dice in quale forma si manifesterà. Questione di enorme crucialità, che Stefano Boeri nell’introdurre l’intervento ha preferito riformulare ricorrendo al termine “urgenza”.
Mantziaras ha giustamente affermato che “l’idea di poter prescindere dalla violenza nell’abbandonare i paradigmi del nostro tempo, rinunciando ai canoni estetici e razionali (ed economici, aggiungo io) dei quali ci serviamo attualmente, è debole rispetto all’urgenza di una transizione ecologica che non può essere che distopica.”
Infatti la rappresentazione del futuro prevedibile sulla base delle tendenze altamente negative del presente viene percepita come un mondo, nel quali le manifestazioni economiche, sociali e politiche oltre alle condizioni ambientali e tecnologiche, sono state portate al loro limite estremo di sostenibilità.
Considerato che il genere umano non può essere riportato alla sua condizione originaria naturale, è venuto il tempo di prendere piena coscienza dell’insanabile contraddizione che il rapporto tra uomo e natura comporta, farsene carico con piena responsabilità e senza infingimenti come ha dimostrato Alberto Clô con il suo documentatissimo libro Energia e clima, l’altra faccia della medaglia.
Mentre tutti parlano di ripartire al più presto bisognerebbe sfruttare questo evento catastrofico per rovesciare il paradigma economico che ha messo al primo posto rendita e profitto strumentalizzando a questo fine tutti i valori, ponendo al primo posto la sostenibilità del pianeta quale condizione per offrire al genere umano una prospettiva di permanenza in vita che, per quanto a termine, non sia esclusivamente dominata dall’istinto di sopravvivenza.
Mi rendo conto di non aver risposto alle questioni che hai posto ma credo di aver offerto qualche utile spunto di riflessione.
Emilio Battisti
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