18 aprile 2020

COSÌ LONTANI, MA COSÌ VICINI

Il “fallimento” delle città di fronte a Covid-19


Fotografia di Nicolò Maraz

Fotografia di Nicolò Maraz

Ma veramente credevamo si potesse andare avanti all’infinito a riprodurre un sistema economico capitalista “globale” (di oggetti, di persone, di prelievo indiscriminato delle risorse del Pianeta, d’inquinamento, ecc.), senza prima o poi pagarne le conseguenze, in merito alla distruzione sistematica, e senza limiti, di un ecosistema planetario?

Se non fosse stato il virus sarebbe stato il clima, o altro, a darci un segnale forte, inequivocabile. La misura è colma: o si ripartirà dopo questa pandemia, facendone tesoro, cercando tutti assieme di modificare la nostra maniera di vivere su questo pianeta, o presto la nostra stessa permanenza come specie umana sulla superficie terrestre ci sarà negata dai fatti. Vanno cambiati i sistemi di produrre, di consumare, di prelevare materie prime, di costruire le città, di muoversi, di coltivare la terra, di vivere. Ci vorrà tempo e sacrificio, ci vorranno soprattutto idee, ma potrebbe essere una grande opportunità per tutti. L’opportunità, se sapremo coglierla, di modificare un percorso palesemente sbagliato.

Sopra l’inconfondibile Piazza Duomo il 10 aprile 2020, ore 10,00 - Foto Dario Sironi

Sopra l’inconfondibile Piazza Duomo il 10 aprile 2020, ore 10,00 – Foto Dario Sironi

La crisi che stiamo vivendo dimostra l’intima interrelazione tra la salute umana e le condizioni dell’ecosistema del pianeta: la scala globale, l’interdipendenza e la rapidità della diffusione del virus Covid-19 hanno mostrato questa realtà in tutta la sua drammaticità. Le aree urbane sono i principali epicentri dell’emergenza sanitaria in corso: Wuhan, Milano, Madrid, New York, ecc., in quanto luoghi privilegiati della contiguità, della densità, inquinati e malsani (ed in tal senso Milano è leader nel mondo). Tutti fattori che le rendono ottimali per il proliferare del virus, che usa i nostri corpi come vettori e “contenitori/case/cibo” in cui vivere e diffondersi sul pianeta.

La forma urbana attuale, che continua a estendersi come un tumore inarrestabile, è palesemente inadeguata per dare risposte alle esigenze anche sociali della società post Covid-19, dove bisognerà rispettare delle precise distanze interpersonali per anni, stando “lontani”, ma cercando di stare “vicini”, come società coesa in grado di supportare questi cambiamenti indispensabili dal punto di vista sanitario ed economico.

La salute, come la natura, nell’ambiente urbano sono circoscritte e ben delimitate, come se fossero un dato di fatto, un’appendice obbligatoria, piuttosto che essere un concetto generativo fondamentale per un habitat sostenibile, in cui gli esseri umani ed i loro “contenitori” (architetture), cercano di coesistere in armonia con la natura e l’ambiente. I futuri “contenitori per gli esseri umani” dovranno essere “fatti di natura” (ad esempio di legno), non solamente “rivestiti” con essa, per conseguire fin da subito benessere e salubrità per la collettività. L’emergere di epidemie porta alla luce il significato di un nuovo concetto di salute e benessere in relazione all’ambiente costruito. La città andrà ripensata, radicalmente, come dovremo ripensare la nostra vita di relazione per coesistere con il virus.

Sesto Marelli il 10 aprile 2020, ore 17,30 - Foto Dario Sironi

Sesto Marelli il 10 aprile 2020, ore 17,30 – Foto Dario Sironi

La politica, soprattutto nei suoi aspetti legati all’economia, deve saper ridare fiducia alla Nazione e riparare i danni alle finanze dei cittadini e delle imprese che saranno prodotti dalla “chiusura totale”. Tali danni saranno soprattutto evidenti nel post-virus, tra l’estate e l’autunno 2020, bisognerà quindi garantire riforme in grado di innescare un duraturo e innovativo percorso per una “crescita economica controllata”. Intendendo con questo termine, l’esigenza di dare una chiara discontinuità, rispetto alla “crescita folle” e senza limiti in cui eravamo tutti lanciati prima dell’epidemia.

Da domani saremo chiamati a prefigurare lo spazio urbano dell’uomo, nelle grandi città, con uno sguardo nuovo, diverso: partendo dalla Natura e dal nostro rapporto con essa; e non solo dall’antropocentrismo. Non basterà più evocare un frettoloso maquillage verde, come fatto a Milano fino a ieri, per “nascondere il cemento sotto il tappeto” e sottrarre agli occhi dei cittadini, le masse volumetriche eccessive di una pianificazione quantitativa, asservita alle immobiliari ed ai capitali esteri o italici, più che qualitativa, dalla parte dei cittadini ed a tutela della loro salute.

Il problema è che i politici, gli imprenditori, soprattutto quelli milanesi e lombardi, sono stati abituati per anni a svolgere il loro ruolo avendo a disposizione un’elevata quantità di denaro. La crisi economica, post Covid-19, imporrà di riprogettare l’Italia e soprattutto Milano e la Lombardia, avendo a disposizione pochi soldi e tempi contingentati (se non si vuole che tutto muoia). I Manager veicolati da prestigiose esperienze imprenditoriali, senza limiti di cassa, ed i liberi professionisti imprestati alla politica, non hanno una cultura in merito. Bisognerà essere geniali e portatori d’idee innovative. Soprattutto comunicare quello che si fa, molto bene, ed in maniera chiara.

Ci vuole altro rispetto all’attuale organigramma amministrativo milanese e lombardo. Bisognerà anche mettere mano agli assetti urbanistici della città; il vigoroso, volumetrico e “verdeggiante” PGT 2030, approvato in Consiglio Comunale milanese pochi mesi fa, è ormai carta straccia. Inadeguato alla società post Covid-19. Sarà molto difficile trovare capitali e società che vogliano insediarsi in quella che è stata la capitale italiana della “peste 2020”.

Si dovrà agire, mettendo a punto nuovi standard abitativi, un nuovo sistema di mobilità e nuovi modi di pensare gli spazi collettivi. Valorizzare i vuoti urbani, per fare “respirare” la città, ed il verde orizzontale. Magari demolire ciò che è vetusto ed ecologicamente non risanabile. Incentivare al massimo le architetture sostenibili, altamente sostenibili dal punto di vista dell’approvvigionamento energetico e dell’equilibrio termico, a consumo zero. Architetture fatte “di natura”, facilmente riciclabili e sostituibili.

Eppure, Milano ha già, in seno al proprio costruito, un esempio emblematico in tal senso, che ricostruisce qualità ambientale e sociale, all’insegna di una natura “dentro” che dà il senso dello scopo anche “sanitario” dell’architettura, che si dovrà conseguire dovunque, laddove possibile, in futuro.

Dario Sironi

Complesso Aler di Via Cenni a Milano, Arch. Rossi Prodi, 2015 – Foto Dario Sironi

Complesso Aler di Via Cenni a Milano, Arch. Rossi Prodi, 2015 – Foto Dario Sironi

 

Complesso Aler di Via Cenni a Milano, Arch. Rossi Prodi, 2015 – Foto Dario Sironi

Complesso Aler di Via Cenni a Milano, Arch. Rossi Prodi, 2015 – Foto Dario Sironi

 

Complesso Aler di Via Cenni a Milano, Arch. Rossi Prodi, 2015 – Foto Dario Sironi

Complesso Aler di Via Cenni a Milano, Arch. Rossi Prodi, 2015 – Foto Dario Sironi

Foto del complesso dall’alto, tratta da - https://bit.ly/2JWHruc

Foto del complesso dall’alto, tratta da – https://bit.ly/2JWHruc



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