8 febbraio 2020

CONSUMO DI SUOLO: DENSIFICARE È SEMPRE PECCATO?

Più gente, più case, nessun nuovo consumo di suolo?


PER COMINCIARE: È arrivato il momento di rimettere mano all'insieme della normativa urbanistica e aprire un dibattito per confrontare le posizioni spesso viziate da preconcetti culturali: una sorta di immobilismo ideologico.

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Iniziamo con un po’ di cronaca. Urbanistica, ovviamente. Lo scorso novembre in Regione è stata approvata la Legge Regionale 18/2019 il cui titolo è più lungo di quello di un film della Wertmüller, quindi ve lo risparmio. Si tratta, semplificando, della famigerata legge sulla rigenerazione urbana, di cui Arcipelago si è già occupato. Pochi giorni fa, il 5 febbraio per la precisione, è stato pubblicato sul BURL il nuovo PGT di Milano, che era stato approvato dal Consiglio Comunale il 14 ottobre dello scorso anno. Ci sono voluti più di tre mesi e mezzo per renderlo effettivo. Tempi tecnici, non ne dubitiamo, ma poco rappresentativi della cosiddetta efficienza meneghina.

Di entrambe le vicende (legge regionale e PGT), ne parleremo ancora a lungo su queste pagine. Ma non oggi, se non lateralmente. Mi permetto però una tiratina d’orecchie ai vertici dell’Urbanistica milanese: Ass. Maran e Arch. Collarini. Possibile che in tre mesi e mezzo non ci sia stato il tempo al SUE (Sportello Unico per l’Edilizia, vera croce e delizia per noi tecnici) di aggiornare la modulistica al nuovo PGT? Ad oggi (lunedì 10 febbraio 2020) il modulo per il cambio d’uso senza opere è ancora quello del 21.03.2018. Eppure il nuovo PGT ha modificato radicalmente le regole per questa tipologia di intervento. Se domani volessi protocollare una pratica di questo tipo, come dovrei fare?

Ma veniamo al tema. Il consumo di suolo. Dalle alpi alle piramidi, dal centro destra al centro sinistra, dai Guelfi ai Ghibellini, siamo tutti d’accordo che il consumo di suolo è il male. Assoluto. Ovvio come gli sguardi severi di Greta, che ormai perseguitano le nostre coscienze di peccatori ambientali.

Le leggi e i piani urbanistici degli ultimi anni (come citato in apertura) vanno in questa direzione. Ma ci sono altre istanze di cui tenere conto. Una città come Milano negli ultimi anni ha aumentato la sua capacità attrattiva in vari campi, dal lavoro (ovvio) al turismo (dato sorprendente). Cresce la popolazione residente – superati gli 1,4 milioni – e quella degli utenti che ogni giorno entrano e “usano” la città, più di 800 mila.

Si dice che servano nuovi alloggi, soprattutto per i redditi bassi. Per i giovani e le nuove coppie. ERP, ERS, social housing, cooperative edilizie. Risposte valide, ma parziali a problemi reali. A volte drammatici. Recuperare gli edifici dismessi o abbandonati (il PGT di Milano ci prova con una norma discutibile, e ne discuteremo, ma interessante) e magari gli 80 mila alloggi sfitti (ma come si fa? non certo per decreto). Leggo che considerando il veloce assorbimento di unità realizzate e una crescita di circa il 14, 5 per cento del numero di compravendite a livello milanese, la città rischia nell’arco dei prossimi 5 anni di non riuscire a soddisfare la domanda di nuove abitazioni.

Il dibattito si ingarbuglia sempre su questi temi. Nel primo PGT milanese, quello Moratti, si introdusse un neologismo, che il mio correttore di Word segna sempre come errore e mi suggerisce di cambiarlo in deificazione. Mi riferisco alla “densificazione”. Eh niente, me lo segna sempre in rosso.

Però vi confesso che a me il termine non dispiace. Proviamo a semplificare. Se io prendo come ingredienti il bisogno di alloggi, la necessità di non consumare nuovo suolo, il PGT e la legge sulla rigenerazione, metto tutto in un pentolone e mescolo per bene a fuoco lento per una mezzoretta, quello che mi trovo nel piatto a fine cottura è una bella dose di densificazione.

Logica e fisica in questo senso aiutano. Voglio più alloggi, magari a basso prezzo, magari più efficienti dal punto di vista energetico, così evitiamo gli inutili blocchi del traffico che lavano ipocritamente le nostre coscienze (oh Greta, ma sempre qui devi guardare?), ma non puliscono l’aria inquinata dai residui della combustione di centrali termiche condominiali private, ma anche dei tanti edifici pubblici (e non sono poche). Tutto questo senza consumare un metro quadro in più di suolo, giusto? Sacrosanto, direi. Bene la soluzione è una sola. Densifichiamo e cresciamo in altezza. Demoliamo e ricostruiamo, meglio.

Ed ecco che si scatenano i NIMBY e i raffinati pensatori che le torri non le vogliono, perché fanno ombra, perché a Milano i grattacieli non si hanno da fare, non sono nel nostro DNA, etc… (pssst, lo dico sottovoce, ma a Milano i grattacieli ci sono da ben 70 anni e il regio decreto che impediva si superare la Madonnina non esiste più ed è stato comunque milanesemente aggirato da un po’).

Prima di accendere le torce e di prendere i forconi, lasciatemi finire. Diceva un tale: “adelante con juicio”.

Milano come città può sostenere una certa dose di densificazione e di crescita in verticale, moderata e ben indirizzata. Mi verrebbe da dire pianificata e governata. Ma per far questo servono strumenti adeguati e una amministrazione autorevole e forte. E il PGT da questo punto di vista mi sembra uno strumento imperfetto, figlio di una legge imperfetta, resa ancora più traballante dalle successive manomissioni legislative, come quelle della legge regionale sulla rigenerazione urbana. Le trasformazioni si gestiscono in 3, anzi 4 dimensioni. E invece il PGT, anche quello nuovo, è piatto, bidimensionale (mq/mq, ma come si fa?). Manca lo scatto, tecnico e culturale. Manca un’idea forte di città, che non sia solo quella degli slogan.

Certo, è necessario evitare che la densificazione si trasformi in speculazione. Bisogna gestire le trasformazioni e utilizzare gli oneri che ne derivano (al netto dei troppi sconti, vero Regione?) per creare e manutenere servizi. Non si può densificare senza implementare e adeguare di conseguenza tutto il contorno per garantire ai cittadini (nuovi e vecchi) una buona qualità della vita. I servizi, sì i servizi, ma anche i sottoservizi. Lo so, parlare di fognature è poco elegante. Ma se poi ci troviamo tutti nella…ehm “fogna” fino al collo, perché non abbiamo adeguato le capacità dei nostri condotti alle nuove utenze, a chi ne dovremo chiedere conto? Poi potremmo aprire un lungo discorso sulla perdita di sapienza progettuale e su come certe di certe opere vengano realizzate in modo superficiale. Ma magari ne parleremo in un altro articolo.

Spero che si possa ragionare in modo non ideologico su questi temi, ma credo che la cosa più urgente sia una profonda revisione della Legge Reginale 12/2005. È impensabile affrontare e gestire i cambiamenti sempre più repentini che stiamo vivendo con uno strumento inadeguato e ormai datato. Diamoci una mossa!

Pietro Cafiero



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  1. marco romanoho qui un intero volume, americano, che difende le alte densità
    12 febbraio 2020 • 16:42Rispondi
  2. Dario Eliano Adolfo SironiUn "grattacielo" di sessanta piani, ogni 400 metri, immersi completamente nel verde. Come scriveva Le Corbusier nel 1922 radendo al suolo metà Parigi e progettando il Plan Voisin.............poi gli allievi hanno "dato del loro peggio".
    17 febbraio 2020 • 09:51Rispondi
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