11 gennaio 2022

SUPERARE IL GREEN WASHING

Costruire con un approccio realmente innovativo


bonessa (1)

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Non c’è architetto che non progetti nel rispetto delle più stringenti regole di sostenibilità, e non c’è ormai costruzione che non sia in classe A, AA, AAA+++. O almeno questo è quello che la comunicazione, ormai martellante, ci propina quotidianamente. Sembra che le battaglie ecologiche e di sostenibilità abbiano ormai ottenuto il loro risultato e che la meta sia finalmente raggiunta.
Il settore edilizio ha superato gli errori del passato. La sua sostenibilità è certificata e dichiarata. Andiamo tranquilli verso un futuro verde e radioso. Ma siamo sicuri che il settore edilizio stia percorrendo la strada giusta per raggiungere la desiderata decarbonizzazione e il tanto sospirato equilibrio tra quello che noi consumiamo e quello che il pianeta ci mette a disposizione? Basta rendere le nostre abitazioni meno energivore per ritenerci soddisfatti? 

Secondo me non basta. È necessario ma non sufficiente.

Le attuali normative incentivano l’uso di prodotti che riducano i consumi e la loro riciclabilità.
Questo indipendentemente da quanto sia necessario alla loro produzione e tanto meno dal dispendio di energia per la loro re-immissione nel ciclo produttivo grazie ai processi di riciclo. Se prendiamo ad esempio l’Ecobonus 110% scopriamo che è un fiorire di cappotti e di pannelli fotovoltaici nonché di impianti alimentati da pompe di calore alimentate elettricamente. Sistemi utili a ridurre la nostra bolletta ma il cui costo energetico e ambientale di produzione supera, spesso, il risparmio che otterremo con il suo utilizzo. Si raggiunge quindi un risparmio contingente per il singolo che non corrisponde a un reale valore ambientale per la collettività. Ci guadagna chi lo utilizza, chi lo produce ma il saldo energetico è comunque deficitario. Di questo aspetto ormai vi è una vasta letteratura sui cui non penso sia necessario aggiungere altro.
Uno per tutti questo studio sul reale impatto e beneficio dei pannelli fotovoltaici che chiarisce quali siano i parametri che dobbiamo considerare nella valutazione di ogni nostra azione e scelta (1). Parametri che, per fare un ulteriore passo in avanti, dovremmo adottare anche per la progettazione di quello che desideriamo realizzare, chiedendoci se sia possibile realizzare un’edilizia in grado di trasformarsi, smontarsi e rimontarsi, quasi che fosse un lego, per rinascere con forme e funzionalità diverse.

Oggi costruiamo, nel migliore dei casi, utilizzando prodotti che potranno, nella migliore delle ipotesi, essere riciclati. Distrutti, fusi, tritati e poi riassemblati con un’energia che molte volte, e torniamo al punto di partenza, è maggiore del beneficio che ne ricaviamo. Processi che costano energia e lavoro che si concretizzano anche in loro maggiore costo economico. Un cane che si mangia la coda e che allontana, invece che avvicinarlo, quell’equilibrio che è alla base della transizione ecologica.

Non basta costruire una palazzina con il tradizionale sistema di struttura in cemento armato, tamponato con il tradizionale laterizio isolato con un cappotto o con una facciata in vetro termicamente ad alta prestazione o ancora peggio con un materiale di tamponamento di grande impatto, sicuramente coibentato, ma che sarà difficile separare nei suoi elementi costitutivi. Ma l’edilizia che stiamo realizzando è fondamentalmente questa. I materiali sono gli stessi del passato, i sistemi costruttivi i medesimi, la “scatola” è sempre la stessa, cambia solo il vestito.
Il salto di qualità lo potremo fare incentivando non la sola riduzione dei consumi e la riciclabilità dei materiali ma il loro riutilizzo e il loro riuso, senza che ci sia la necessità di un esborso energetico per la loro trasformazione. Dobbiamo sostituire il termine RICICLO con RIUSO e RIUTILIZZO. Su questo penso si debba concentrare la politica degli incentivi e delle facilitazioni normative, premiando quelle progettazioni che:

– prevedono, sin da subito, il futuro degli elementi costitutivi di quanto si realizzerà, anche con funzioni diverse. Pensarne lo smontaggio e il rimontaggio. Come un lego che cambia la forma senza modificarne gli elementi.

 – richiedono minimi adeguamenti per cambiare la destinazione d’uso di quanto edificato per adeguarlo a nuove e diverse esigenze.

– riutilizzano materiali, non trasformati, provenienti da settori diversi, sapendoli reinventare.

Un percorso che alcuni, non molti, stanno percorrendo, ma che non è incentivato in nessun modo dalla normativa e dalla regolamentazione in atto. Basti pensare alle difficoltà di levare la patente di rifiuto, e quindi non riutilizzabile, a quanto viene dismesso, smontato o gettato anche se ancora integro e utilizzabile.

Lavorare in questo senso, progettare con questi valori e incentivare, sia a livello statale sia regionale, questo approccio realmente innovativo nel nostro costruire, che in realtà è fermo da decenni, potrà rappresentare un reale punto di svolta. Non basta, anzi per molti aspetti ambientali ed architettonici è anche dannoso, rivestire di cappotti termici i nostri palazzi o chiuderli sotto delle scatole di vetro per raggiungere l’agognata transizione ambientale o rendere piacevole e vivibile il nostro paesaggio.

Continuando su questa strada continueremo ad alimentare un mercato immobiliare che continua ad speculare sul bisogno di proprietà di un’edilizia immortale e trasmissibile per generazioni. Quell’edilizia che oggi è in buona parte dismessa perché incapace di rigenerarsi e riproporsi in forme diverse. Superare il green washing è anche questo. Farsi delle domande e pensare a dei cambiamenti radicali.

Andrea Bonessa

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  1. CristinaCaro Andrea ciò che scrivi è molto interessante ma....manca all' articolo una integrazione bibliografica, pur accennata invita (1) che sarebbe utile ai lettori profani della materia.Grazie!
    12 gennaio 2022 • 09:24Rispondi
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