16 dicembre 2019
CITTÀ STUDI: GIOCO DI SOCIETÀ
Dai giochi di potere ad un’inchiesta su Instagram
16 dicembre 2019
Dai giochi di potere ad un’inchiesta su Instagram
In primavera alcuni di noi di Assemblea di Città Studi sono stati contattati da dei giovani giornalisti del Centro di Giornalismo permanente (CGP), un collettivo che fa informazione con le nuove tecnologie. Il loro progetto consisteva nell’ indagare le metamorfosi delle città nel nostro Paese, evidenziandone le complessità e individuando le criticità dello sviluppo socio-urbanistico dei nostri tempi. Soffermandosi in particolare sull’aspetto speculativo che sta cambiando il volto delle città.
L’inchiesta* è stata ideata in modo originale sotto forma di gioco e prodotta integralmente sulla piattaforma social Instagram, dove è possibile inserire elementi grafici, contributi video di alta qualità e brevi clip di indagine narrativa che si basano sul dialogo con i vari utenti intervistati.
Un gioco di società, questo il nome del lavoro finale, ha vinto l’ultima edizione del Premio giornalistico Roberto Morrione e ora lo si può vedere su Instagram.
Le prime tre città oggetto della ricerca sono state Napoli, Roma e Milano. Gli autori sono risaliti dal Sud al Nord per approfondire il corpo delle grandi città di un Paese che cambia forma.
A Milano hanno scelto di occuparsi dello storico quartiere universitario di Città Studi dal futuro incerto a seguito del progettato trasferimento dei dipartimenti scientifici dell’Università Statale a Mind (Milano Innovation District), sull’ex area Expo, e dei due istituti ospedalieri Besta e Tumori a Sesto sull’ex area Falck.
Assemblea di Città Studi che da 3 anni segue e monitora l’evolversi della situazione è molto preoccupata dello svuotamento e delle potenziali incursioni speculative che potrebbero verificarsi sulle aree che verranno abbandonate dagli attuali servizi pubblici sanitari e universitari. Solo alcuni edifici storici dell’intera area sono soggetti a un qualche vincolo; sul resto regna l’incognita, e il rischio di vedersi costruire torri/residenze di 20 piani a prezzi esorbitanti al mq, come è oramai consuetudine in questa Milano sempre più omologata e stereotipata, è alto.
Nel prologo del gioco su Milano si legge “L’Impero colpisce ancora”, titolo che la dice lunga sul modus operandi vigente a Milano. Si mette in evidenza come il tanto decantato modello Milano, considerato un unicum nel contesto nazionale, sia frutto della collaborazione tra pubblico e privato, laddove i grandi fondi di investimento e le società immobiliari straniere la fanno da padrone.
E, per dirla con le parole del sociologo Agostino Petrillo, le città vincenti sono quelle dove una energica mano pubblica è in grado di farsi valere sul privato; così come bisogna porre attenzione a quegli interventi di rigenerazione che fanno schizzare i prezzi alle stelle e che di conseguenza sono escludenti per una grande fetta di cittadini a basso e medio reddito, che vengono emarginati nelle periferie.
Gli autori ripercorrono il destino che ha intrecciato l’area di Rho dove si è svolto Expo 2015 con l’area di Città Studi. Monica Forte, consigliera regionale M5S racconta la tortuosa e anomala vicenda dell’acquisto dei terreni: mentre le esposizioni universali vengono normalmente fatte su terreni demaniali, per Expo 2015 si decide di acquistare terreni privati, quasi tutti di proprietà di Fondazione Fiera, con fondi pubblici.
Acquirente è Arexpo, società costituita da Regione Lombardia, Comune di Milano, Comune di Rho, Ministero dell’Economia e delle Finanze, e per quasi il 17% dalla stessa Fondazione Fiera, fondazione di diritto privato, che è allo stesso tempo venditrice e acquirente con fondi pubblici.
Una volta terminata l’esposizione, l’asta per vendere i terreni acquistati coi soldi pubblici a caro prezzo va deserta e allora, a causa di una mancata progettazione sul futuro di quei terreni senza destinazione d’uso e che nessuno vuole comprare, prende forma il progetto Mind, che viene illustrato dal direttore delle operazioni di Arexpo Riccardo Capo. Lo sentiamo parlare di vision e sviluppo urbano a lungo termine, di come Mind si basi su 4 pilastri che sono Human Technopole, il nuovo ospedale Galeazzi, il Mind Lab e il campus dell’Università Statale. Ricordiamo che per invogliare l’Università Statale a trasferirsi a Rho, il Governo Renzi in accordo con la Regione Lombardia sotto la guida di Maroni ha svolto un ruolo di facilitatore, stanziando 130 milioni di soldi pubblici (vedi articoli del 31 maggio e 7 giugno 2017 pubblicati su ArcipelagoMilano).
Nel luglio 2019 l’Università Statale ha lanciato un bando per la realizzazione in project financing (!) e la gestione per 27 anni del nuovo campus. Lendlease, la società australiana che ha vinto a suo tempo la gara d’appalto di Arexpo aggiudicandosi lo sviluppo dell’intera area e acquisendo un diritto di superficie del 50% per 99 anni, ha il diritto di prelazione.
Nel gioco si possono ascoltare le rassicurazioni telefoniche dell’assessore Pierfrancesco Maran, sul fatto che il quartiere rimarrà a vocazione universitaria.
Rassicurazioni che ci sentiamo ripetere da 3 anni e che anche ultimamente sono state ribadite e che continuano a rimanere semplici parole: il vicino Politecnico così come la Bicocca sarebbero, secondo l’assessore all’urbanistica, interessati agli edifici che verranno abbandonati dalla Statale (vedi l’articolo di Eugenio Galli dell’11novembre scorso).
Si è visto in questi giorni quanto sia interessato il Politecnico, che ha deliberato di costruire il suo nuovo dipartimento di chimica (ben 3 edifici in acciaio e vetro) sul parco Bassini dove, se il progetto va in porto, verranno abbattuti circa 140 alberi cinquantenari, molti di alto fusto. A proposito di consumo del suolo in Italia, secondo i dati riportati nel Rapporto Ispra Snpa, a Milano la cementificazione non si arresta, anzi: la totalità del consumo del suolo spiana via 11 ettari di aree verdi (su un totale di 11,5 ettari). Tra queste ci sono anche i terreni agricoli di Expo dove avrebbe potuto sorgere il parco agroalimentare, un polmone verde per Milano, così come auspicavano i milanesi col terzo referendum consultivo del 2011.
Nel PGT si raccomanda di riqualificare l’esistente, mentre a Città Studi si decide di abbandonare l’esistente. La grande abilità comunicativa consiste nel far passare una colata di cemento come riqualificazione urbana! Interpretazioni differenti sul termine rigenerazione a seconda che il punto di vista sia quello degli interessi dei privati che investono piuttosto che gli interessi dei cittadini e la tutela del bene pubblico.
Nell’inchiesta su Instagram si sentono le voci di cittadini, studenti e docenti: tutti argomentano la loro contrarietà al trasferimento dell’Università a Rho. Secondo il professore Massimo Tarallo di Matematica la loro bella e storica biblioteca verrebbe sacrificata per mancanza di spazi, perché non dimentichiamo che a Rho gli spazi saranno inferiori di 100.000 mq rispetto agli attuali 250.000 mq, che non è poca cosa. Hai voglia a razionalizzare, come sostengono gli entusiasti del trasferimento.
Resta il fatto che il quartiere universitario di Città Studi ha cento anni di storia, che in tutti questi anni si è creata una stretta e vitale interazione tra mondo universitario e tessuto cittadino, interazione che emerge anche da un sano rapporto tra spazi aperti ed edificato. All’epoca c’era un’evidente visione urbanistica, del tutto assente ai giorni nostri, dove la pianificazione urbana viene fatta dai grandi capitali interessati a investire e, come dice l’urbanista Paolo Berdini alla fine del gioco, “a causa della scellerata operazione di Expo dobbiamo smembrare un’università meravigliosa per sanare il buco che Voi avete creato”.
Questo gioco di società ha messo bene in evidenza quali soni gli interessi in gioco a Città Studi e a Mind. Per tutto questo non possiamo che continuare a vigilare e sperare in una qualche forma di tutela per questo pezzo di città.
Marina Romanò
Che ne sarà di Città Studi
*L’inchiesta su Instagram è stata realizzata da Maurizio Franco, Matteo Garavoglia e Ruggero Scotti. Con loro hanno collaborato Lorenzo Fargnoli per l’ideazione del progetto social, Marco Mastrandrea per le immagini, le riprese e il montaggio, Stefano Sbrulli per la parte grafica
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