7 giugno 2017

PERCHÉ SIAMO CONTRARI AL TRASFERIMENTO, VOLUME 2

Prosegue il ragionamento su Città Studi


Spieghiamo meglio le ragioni della nostra opposizione al trasferimento delle facoltà scientifiche da Città Studi a Rho, dopo aver chiarito la settimana scorsa la distinzione fondamentale tra fondi europei e fondi nazionali a sostegno di questa operazione.

04romanò21FBCi raccontano che l’intera operazione del trasferimento costerà 380 milioni e che si concluderà nel 2021. Ci permettiamo di dubitare sia dei costi, sia dei tempi. Dubbi sull’effettiva sostenibilità finanziaria dell’operazione sono stati sollevati anche dal professor Massimo Tarallo, durante l’incontro organizzato dagli studenti il 31 maggio presso il Dipartimento di Matematica. A tali dubbi si sommano quelli sull’incerto futuro di una Università oberata dai debiti e le forti perplessità, condivise ormai da molti docenti, circa la reale adeguatezza degli spazi previsti in zona Expo. Senza dimenticare la lunga e complessa vicenda del trasferimento della Facoltà di Veterinaria a Lodi.

Di questi 380 milioni, tolti i 130 provenienti dal Governo e dalla Regione tramite il FSC, gli altri 250 ritenuti necessari al trasferimento saranno tutti a carico dell’Università Statale. In particolare, si è stimato un ammontare di 120 milioni che dovrà provenire dalla “valorizzazione”, ovvero alienazione di terreni di proprietà della Statale a Città Studi, e ulteriori 130 milioni che nel Patto per la Lombardia risultano iscritti come “Risorse nazionali e regionali già assegnate”. In realtà, si tratta di una “quota di finanziamento sostenibile dall’Ateneo”, in pratica di un indebitamento dell’Università Statale, come ammesso dallo stesso Rettore Vago.

Ne consegue che di fatto l’Università Statale si troverà a essere più povera e senza risorse aggiuntive per le attività di ricerca, mentre si elargiscono 150 milioni all’anno per 10 anni a Human Technopole, una cifra esorbitante se paragonata ai fondi attualmente disponibili per tutta la ricerca universitaria italiana (1). Come ha detto il fisico Giorgio Parisi: “una ciliegina senza la torta“.

A Città Studi esiste già un polo scientifico costituito da Politecnico, CNR e Statale, che con adeguati investimenti (per es. fondi europei) che attirino i privati e consentano all’Università Statale di trasferire alcune funzioni in edifici più moderni, potrebbe raggiungere risultati virtuosi in minor tempo rispetto al polo creato da zero a Rho, che necessita di una lunghissima fase di avviamento e che, come posizione, non presenta alcun vantaggio specifico rispetto all’area nel Municipio 3.

Una scelta di questo tipo (come già da noi ricordato nella lettera aperta al Sindaco Sala del gennaio 2017 permetterebbe: a) un’espansione dell’Università b) una riqualificazione delle strutture esistenti (alcune storiche) c) una rigenerazione delle ex aree industriali abbandonate, fonte di un crescente degrado urbano e di gravi problemi di sicurezza. (2)

Da un censimento dei numerosi edifici universitari situati nei tre grandi plessi di Città Studi (3) risulta che solo due di questi presentano un’elevata criticità: l’istituto di Chimica di via Venezian 21 e quello di Farmacologia di via Balzaretti 9; per contro, l’Istituto di Informatica sarà nuovissimo, visto che lo stanno ancora costruendo (4). A dimostrazione del fatto che non c’era alcuna visione di trasferimento a Rho fino a 3 anni fa, e che l’improvviso interesse sembra curiosamente sorgere in concomitanza con l’asta andata deserta per la vendita dei terreni a Rho! (5). Il professor Balducci del Politecnico, ex assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, afferma invece che “tutti gli insediamenti della Statale, tranne qualche eccezione, cadono a pezzi e sono in parte degradati.”

È comprensibile che cittadini consapevoli e partecipi, di fronte a dati così discordanti e sconcertanti e senza alcuno studio comparativo sui costi degli interventi a Città Studi, si sentano disorientati e non possano accettare supinamente, in assenza di documentazione economica/finanziaria di supporto, la pretesa di chi sostiene essere più conveniente costruire un nuovo campus scientifico a Expo, piuttosto che crearlo a Città Studi.

Da quanto ci risulta, nel piano di fattibilità affidato dalla Statale alla Boston Consulting Group troviamo questa semplice e generica valutazione: “costi di realizzazione comparabili a quelli ipotizzati per la ristrutturazione dell’area storica di Città Studi.” A tutt’oggi, l’unico studio che il Comune ha affidato al professor Balducci parte dal presupposto che il trasferimento si faccia: lo studio si limiterà a una ricognizione dell’intera zona per la definizione di nuovi scenari urbani nell’ambito di Città Studi.

Resta da chiedersi cosa abbia spinto Governo e Regione a individuare esclusivamente nella zona di Rho, la sede dove investire le risorse finanziarie dei cittadini, considerato che il progetto di un campus lontano dal centro cittadino, tanto in voga fino ai primi anni 2000, è ritenuto oramai superato sia dalla prassi che dai maggiori urbanisti. Soprattutto se il nuovo campus si trova fisicamente a essere un punto d’incontro tra tangenziali, carceri e cimiteri, come ironicamente ha fatto notare anche Curzio Maltese sul Venerdì di Repubblica. (6)

Ai giorni nostri, l’idea prevalente è quella di un’università integrata nel tessuto cittadino, un’università perno, un campus sostenibile, come sa bene anche il professor Balducci che ha fatto un lodevole studio sull’argomento pochi anni fa. Alla luce di quanto sopra, il trasferimento appare unicamente una scelta politica e solo in subordine una scelta, peraltro obbligata, dell’Università Statale, alla quale non sono state date alternative: o prendere e andare a Rho o lasciare e non vedere un soldo.

Il 1 giugno, con una lettera aperta indirizzata al Rettore Vago e al Senato accademico, oltre 300 tra professori e studenti (7) hanno espresso la loro profonda insoddisfazione e perplessità per i requisiti di progetto avanzati dall’Ateneo ad Arexpo. Achille Blasi, già professore ordinario a Minerologia, in una lettera aperta al Rettore Vago del 4 giugno, definisce il trasferimento dell’Università Statale a Rho “un’impresa costosissima e inane” che comporterebbe lo snaturamento dell’Università stessa, e metterebbe a serio rischio i laboratori esistenti.

Quello che i residenti e le varie associazioni di cittadini, studenti, lavoratori e commercianti – la Confesercenti con il suo Presidente Andrea Painini è al nostro fianco – chiedono è che venga fatto uno studio comparativo serio, affidato a una società indipendente, che valuti lo stato degli edifici esistenti, tenga conto dell’impatto socio economico sul quartiere di Città Studi e dei costi che la comunità continua ad accollarsi per contenere il degrado delle aree dismesse nel Municipio 3.

Questa richiesta non è certo dettata da interessi lobbisti, “nimbisti”, speculativi sugli affitti degli studenti come alcuni favorevoli al trasferimento vorrebbero far credere, screditandoci. Tanto meno ci consideriamo dei conservatori reazionari o signore annoiate e confuse. Non è così. Sicuramente, l’impegno di ognuno di noi parte dall’interesse verso una causa che ci sta particolarmente a cuore: il nostro quartiere; ma è un impegno civico che travalica il particolarismo per difendere dei principi universali, quelli del buon governo di tutta la città, della cosa pubblica. E su questo principio si fonda la coesione che si è creata tra le varie componenti del quartiere, che ha dato vita al soggetto Assemblea di Città Studi che ha scritto un Manifesto per Città Studi al quale si chiede di aderire.

Perché “smantellare di funzioni un quartiere vivo per creare qualcosa che non si sa bene cosa diventerà, non è visione di futuro, per ora è un autogol.” (8) Con la nostra protesta propositiva e partecipata chiediamo che, qualora dallo studio dovesse emergere, come siamo convinti, la convenienza a mantenere, migliorare ed estendere il Campus a Città Studi e zone limitrofe, Governo e Regioni rivedano la loro decisione in merito alla costruzione di un Campus scientifico, attualmente vincolata a Rho (9). Chiediamo di conseguenza che si attribuiscano quegli stessi Fondi per lo sviluppo del Campus scientifico a Città Studi, dove l’Università è sorta 100 anni fa e dove, secondo noi, deve continuare a rimanere.

Marina Romanò
Gruppo Che ne sarà di Città Studi

Note:

(1) https://left.it/2017/06/04/il-fisico-giorgio-parisi-la-carenza-di-risorse-per-la-ricerca-ormai-e-strutturale/

(2) Tanto più che la Legge di stabilità 2016, al comma 974 sembra scritta apposta per l’area Città Studi – Lambrate – Rubattino: “974. Per l’anno 2016 è istituito il Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia, di seguito denominato «Programma», finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso la promozione di progetti di miglioramento della qualità del decoro urbano, di manutenzione, riuso e rifunzionalizzazione delle aree pubbliche e delle strutture edilizie esistenti, rivolti all’accrescimento della sicurezza territoriale e della capacità di resilienza urbana, al potenziamento delle prestazioni urbane anche con riferimento alla mobilità sostenibile, allo sviluppo di pratiche, come quelle del terzo settore e del servizio civile, per l’inclusione sociale e per la realizzazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all’adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali e culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali ed educative promosse da soggetti pubblici e privati.

(3) Elenco presentato dal professor Ghidoni, ordinario di biochimica all’Università Statale

(4) Doveva essere pronto per il 2014, fondi stanziati 22 milioni.

(5) Alla domanda dal pubblico circa il collegamento tra lo sviluppo del progetto di trasferimento delle Facoltà scientifiche in Area Expo e le aste andate deserte, Giovanni Azzone, ex Rettore del Politecnico e attuale Presidente Arexpo, risponde candidamente: “… se qualcuno avesse già venduto quelle aree per fare altro, oggi non saremmo qui a parlarne.” Assemblea pubblica dell’11 ottobre 2016 nell’Auditorium di Valvassor Peroni a Milano

(6) Curzio Maltese, Una modesta proposta per toglierci i giovani dai piedi, il Venerdì di Repubblica, 2 giugno 2017

(7) 244 tra docenti e ricercatori della Facoltà di Scienze e Tecnologie (pari a più del 55% degli afferenti) nonché 61 dottorandi e assegnisti di ricerca, e 55 tecnici e amministrativi

(8) Giangiacomo Schiavi http://milano.corriere.it/notizie/caso_del_giorno/17_maggio_20/troppe-incognite-politiche-futuro-citta-studi-2dc222ae-3d41-11e7-a425-2bf1a959c761.shtml

(9) La disposizione finale del Patto per la Lombardia prevede la possibilità di modificarlo. Art.8 (Disposizioni finali) “Eventuali modifiche al presente Patto sono concordate tra le Partie formalizzate mediante atto scritto.

 

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