11 novembre 2019
IL RACCONTO DEL SINDACO SU CITTÀ STUDI
Molte perplessità e molti rischi. Chi risponderà degli errori?
11 novembre 2019
Molte perplessità e molti rischi. Chi risponderà degli errori?
Il 12 ottobre scorso, presso lo storico circolo ACLI Lambrate di via Conte Rosso, si è svolto un incontro dal titolo accattivante: “Colazione con il Sindaco Beppe Sala”. Nell’invito si segnalava che «tra il dolce e il salato della colazione scambieremo due chiacchiere con il nostro Sindaco per parlare del nostro quartiere e della nostra città». Incuriosito dall’iniziativa, ero dunque anch’io tra il pubblico che affollava come nelle grandi occasioni il circolo ACLI ad ascoltare gli interventi del sindaco Sala, nonché degli assessori Marco Granelli (Mobilità e Lavori pubblici) e Pierfrancesco Maran (Urbanistica) che lo accompagnavano all’incontro nel quale la presidente del Municipio 3, Caterina Antola, faceva gli onori di casa.
Sono stati affrontati diversi temi che riguardano direttamente la zona Città Studi-Lambrate, con numerose domande da parte dei presenti e accenti diversi, alcuni di condivisione e soddisfazione, altri di maggior preoccupazione o irritazione.
Il Sindaco è stato interpellato anche sulla discussa questione del trasloco delle facoltà della Statale da Città Studi a Mind (ex area Expo) e, a tale riguardo, Sala ha rassicurato tutti dicendo che l’Università avrà tre poli: Mind, Festa del perdono e Città Studi.
L’assessore Maran si è premurato di chiarire che se, un paio di anni fa, qualche timore sul destino incombente poteva pure essere legittimo (strana ammissione da parte di chi, oltre a non dare risposte nel merito, ha in questi anni spesso lasciato passare l’insinuazione che chi si opponeva al ventilato trasferimento non aveva altri motivi, se non quelli della perdita di occasioni di lucro personale), attualmente i contorni del progetto si sono fatti via via più precisi e consentirebbero di fugare ogni perplessità, con spostamenti che avverrebbero a saldi sostanzialmente invariati tra uscite e nuovi arrivi.
Si vedrà se l’opzione tripolare che si prospetta potrà essere effettivamente sostenibile per le casse dell’università. Ma in ogni caso anche stavolta non è stata detta dagli autorevoli relatori una sola parola sul motivo per cui, per una presunta necessità espansiva, sia ritenuto più strategico per la Statale muoversi verso l’area Expo, dalla parte opposta della città e in cambio di spazi didattici ridotti, anziché utilizzare, recuperare o ricondizionare, aree ed edifici già esistenti sul territorio immediatamente adiacente.
Lo stesso sindaco, riferendosi alla Bocconi, ha dimostrato di avere ben presente che in quel caso il campus in costruzione dista solo qualche centinaio di metri dalla sede dell’ateneo, avendo recuperato un’area industriale dismessa, vale a dire quella della ex Centrale del latte di via Castelbarco (campus che il rettorato vorrebbe connesso alla sede principale da un’area pedonalizzata).
Sono insomma le stesse questioni di metodo che, accanto ed insieme alle ragioni di merito, abbiamo ripetutamente evidenziato in ogni sede – sia come comitati residenti e sia unitamente alle altre componenti che hanno dato vita ad Assemblea Città Studi – chiedendo ai vari soggetti coinvolti risposte che non sono pervenute. Tutti questi sono temi che non riguardano solo i residenti o il quartiere, bensì, come minimo, l’intera città e in particolare il modo con cui la città si fa e si disfa: nodi politici che non sono dunque derubricabili a mere manifestazioni della sindrome di Nimby.
Nonostante le suadenti rassicurazioni, sul destino di Città Studi ancora manca la chiarezza.
Va ricordato che tutta la discussione di questi anni si è sviluppata non su scelte autonome dell’Università, ma unicamente in quanto all’opzione trasferimento è stato concesso un incentivo improprio (i famosi 130 milioni del Patto per la Lombardia, firmato dal Governo Renzi e dal governatore lombardo Maroni), in grado di condizionare, distorcendole, le determinazioni dell’ateneo, in danno del pubblico interesse. A cominciare dalla mancanza di una seria analisi dei costi e delle modalità realizzative dell’ammodernamento e adeguamento delle facoltà scientifiche lì dove si trovano, cioè a Città Studi, sia in relazione agli spazi già occupati dall’università, sia a quelli liberi al di qua e al di là del fascio dei binari del nodo di Lambrate FS, che ben potrebbero essere agevolmente integrati.
In un quadro già complesso e ricco di incognite, si è poi aperta la prospettiva di un intervento realizzato con finanza di progetto (project financing) che – oltre a mettere l’università in posizione di affittuario dei propri spazi – esporrà i contribuenti anche alle incertezze relative ai possibili e probabili incrementi dei costi, che finirebbero certo per ricadere sulla collettività, come altre precedenti esperienze italiane si incaricano di ricordare.
Ci siamo ripetutamente chiesti a quale interesse risponda l’idea di un’università dislocata secondo una logica antiurbana, in luoghi disagevoli, in spazi ridotti rispetto agli attuali, senza realistiche possibilità di futura espansione e pesantemente indebitata. Le risposte sono mancate, e non le attendevamo certo da una colazione col sindaco.
Né si può trascurare che tale operazione di espianto si sommerebbe a quella del trasloco, in ritardo ma a quanto pare ormai imminente, di due grandi e importanti presidi ospedalieri come il Neurologico Besta e l’Istituto Nazionale Tumori.
Ora, ammesso e non concesso che spetti innanzitutto all’università decidere del proprio destino, non si può fare a meno di osservare che dal Comune non è venuta alcuna indicazione per salvaguardare un contesto ricco di architetture e spazi di grande interesse storico-culturale e caratterizzato da un sistema di relazioni che vedono l’Università (Statale e Politecnico) integrata alla città. Il laissez-faire non è una risposta accettabile.
Tutte le città evolvono: questo non è in dubbio. Ma se le trasformazioni urbane non sono supportate e guidate da visioni chiare e convincenti non si può dire che vengano fatte nell’interesse dei cittadini, bensì persino contro di essi.
Avendo ribadito tutto questo, possiamo solo aggiungere che le preoccupazioni manifestate non sono fisime: se i rischi temuti si verificheranno, confidiamo che qualcuno venga chiamato a risponderne, senza possibilità di giocare allo scaricabarile.
Eugenio Galli
Che ne sarà di Città Studi
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