31 ottobre 2017

sipario – QUANDO TUTTO TACE


L’ora legale accorcia le giornate e sopisce in un letargo prenatalizio la scena coreica milanese. Oltre l’autunno contemporaneo del Festival MilanOltre al Teatro Elfo Puccini, tutto sembra fermarsi a Milano.

sipario36FBAl Teatro Carcano due serate saranno dedicate alla Carmen di Fredy Franzutti che porta in tournée da Lecce il suo Balletto del Sud. Poi oggi, giorno di Ognissanti, si concludono le ultime serate del Festival Danae di teatro e Tanztheater contemporanei sparso per Milano, tra il Teatro Out Off e il CRT Teatro dell’Arte e altri spazi, che hanno vista impegnata tra le numerose coreografie una delle poche realtà produttive della danza contemporanea a Milano, lo spazio di Ariella Vidach.

La programmazione della danza all’infuori del Teatro alla Scala non ha grande visibilità nella città dei mille eventi. Ci sono poche vetrine e soprattutto c’è poca produzione della danza. Ariella Vidach e il Dance Haus sono le uniche realtà davvero produttive di Milano per quanto riguarda la danza contemporanea: programmi interessanti, un poco d’essay ma promozione poco estesa. Per la danza (neo)classica il Balletto di Milano ha una sua stagione, con qualche balletto notevole come Anna Karenina di Teet Kask, vive però maggiormente di tournée fuori Milano durante l’anno.

Lo stesso Teatro alla Scala che offre un repertorio di altissimo spessore artistico ha tuttavia la ‘pecca’ di offrire per l’appunto un repertorio, cioè qualcosa di consolidato; la produzione è anche qui a tratti discontinua. Lo stesso cambio del repertorio, da quello storico di Nureev a nuove versioni, come lo Schiaccianoci di Nacho Duato, la Bella addormentata e il Lago dei cigni entrambi di Aleksej Ratmanskij, dà occasione di alcune perplessità sul piano della drammaturgia (Duato) o del ruolo maschile e la sua tecnica ‘storica’ (Ratmanskij).

Le creazioni scaligere di Mauro Bigonzetti Cinderella e Progetto Händel sono di ottimo livello, ma hanno una genesi peculiare e sono affiancate da altre creazioni più discutibili sul piano coreografico e drammaturgico come il Giardino degli amanti della stagione scorsa.

Sembra dunque che Milano manchi di creatività e di produzione della danza. E non è un problema di fondi. Sembra più un problema radicato nella mancanza di interesse di pubblico e addetti ai lavori e nell’autoreferenziazione, un po’ endemica in questa città. Spero di sbagliarmi, ma ho l’impressione che ci si accontenti del proprio orticello o del proprio «cantuccio» di manzoniana memoria e poi ci si convinca che quello è il meglio che si possa offrire e ottenere, nascondendosi così dietro a un ipse dixit. Senza volontà ai piani direttivi di mettersi in gioco e in discussione di poter dare qualcosa di più in termini di quantità, ma soprattutto di qualità. Eppure, le potenzialità e le qualità ci sono.

Domenico Giuseppe Muscianisi

questa rubrica è a cura di Domenico Giuseppe Muscianisi e di Chiara Di Paola
rubriche@arcipelagomilano.org



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