6 febbraio 2024
BENI COMUNI. UNA PRATERIA. CHI CI PASCOLA?
Lettera del 14.02.2024
Care amiche e cari amici, care lettrici e cari lettori, la settimana scorsa il rumore di fondo di Milano ha aumentato il suo volume è diventato fracasso: scioperi, cortei, occupazioni, sit-in, riunioni, picchetti, sfilate. Più di uno al giorno e sopratutto il sabato e la domenica.
Cosa sta succedendo?
La classe politica ascolta sempre meno le voci che vengono dal basso, tutta intenta a fare i conti al suo interno come sempre succede alla vigila di una tornata elettorale e queste ne sono le causa e la conseguenza.
Sul numero scorso di ArcipelagoMilano Luigi Corbani esordisce così:” I cittadini milanesi sono stanchi di questa “sceneggiata” dello Stadio di San Siro. Il risultato è che dopo cinque anni dal primo “interesse pubblico” della Giunta Sala, oggi il Sindaco è in difficoltà: la sua maggioranza è divisa, e persino Forza Italia, tenace sostenitore della demolizione, oggi è per la ristrutturazione del Meazza, come da tempo Fratelli d’Italia”.
Quando Corbani ha scritto non poteva prevedere che il Milan comprasse, come ha fatto, le aree di San Donato e dunque vi piantasse lì il suo paletto milanista: l’ultimo passo del presidente Paolo Scaroni al quale San Donato deve esser rimasto nel cuore da quando era consigliere delegato di ENI. Quanti bei ricordi, quante belle relazioni con l’amministrazione di San Donato!
A mettersi di traverso l’ormai consueto coniglio che spunta dal cilindro: il Comitato NoStadio col suo bel quesito:” Volete voi, cittadine e cittadini di San Donato Milanese, che sul territorio comunale di San Donato Milanese venga realizzato un intervento a carattere sportivo e commerciale che includa l’insediamento di un nuovo stadio di calcio?”.
Naturalmente i ricorrenti hanno corredato il loro ricorso con una corposa documentazione che illustra i danni per la cittadinanza e qualcuno mormora che se avessero saputo che nel programma del sindaco ci sarebbe stato anche lo Stadio, non lo avrebbero votato.
Il nuovo stadio a San Donato comporterà molti lavori, dunque cementificazione, per nuovi raccordi alla viabilità ordinaria e di raccordo all’autostrada, un allacciamento alla stazione di FFSS di Rogoredo e via discorrendo.
A dar man forte ai ricorrenti ci sono i 1.500 abitanti del borgo dell’Abbazia e del Monastero di Chiaravalle che si troverebbe a 850 metri dallo stadio, scaraventandoli nella bolgia delle partite di calcio: una amara sorpresa per chi è andato a risiedere lì cercando di isolarsi in mezzo al verde.
La vicenda dello Stadio Meazza gira attorno, come molte altre, alla questione di tutela dei beni comuni.
Parliamo anche degli scioperi degli ultimi tempi.
Vigili urbani: lamentano che il loro corpo è carente di organici, l’età media è di cinquant’anni, sono stufi degli straordinari a cui sono costretti per garantire la viabilità per ogni partita di calcio, concerti e le varie “maratone” che traversano la città.
I custodi dei Musei civici, delle biblioteche e delle sedi culturali del Comune di Milano hanno indetto per domenica 11 febbraio uno sciopero: la rivendicazione di base è quella di passare da operai ad impiegati con i relativi maggiori salari e tutele contrattuali. La città del turismo fà ai visitatori delle amare sorprese.
I dipendenti di ATM e Ferrovie Nord sono quelli che scioperano più spesso e Ferrovie Nord sono oggetto di critiche continue da parte dei viaggiatori per i ritardi, l’affollamento dei vagoni e tutti i disagi provocati da un materiale rotabile troppo vecchio.
Parliamo ora degli antagonisti.
Anche le manifestazioni degli “antagonisti” sono frequenti a Milano come in tutte le grandi città e classificare i gruppi antagonisti è quasi impossibile. molto spesso sono gruppi che si accodano ad altre manifestazioni di tipo rivendicativo con il puro intento di creare confusione e alla ricerca di occasioni di vandalismo e di confronto duro con le forze dell’ordine. Per loro il problema dei beni comuni non si pone se non come rifiuto della società, qualunque essa sia.
I cittadini milanesi. Credo che in tutta Italia e forse in Europa non ci sia luogo che abbia una così numerosa presenza di volontari soprattutto nell’ambito della assistenza ad anziani, malati, estrema povertà. Ma quando sento qualche amministratore menar vanto di queste realtà vorrei ricordar loro che sono la stampella di un’amministrazione incapace di un vero welfare. Non ci sono i soldi per farlo? Di come Stato e amministrazione locale spendano il denaro pubblico, in particolare quello che proviene dalla alienazione di beni pubblici ne parleremo un’altra volta. Comunque chi ha curiosità al riguardo vada a leggere qui.
Tra i milanesi ve ne sono molti che hanno a cuore i beni comuni: sono quelli che organizzano comitati, associazioni, gruppi Facebook e altro e che si mettono di traverso alla pubblica amministrazione, in particolare rispetto alla politica urbanistica, vedi l’operazione Piazzale Loreto, il gruppo delle Giardiniere in difesa dell’area della ex Piazza d’armi e così quasi sempre quando l’amministrazione promuove interventi che snaturano la città a favore di attività edilizie private.
I cittadini inascoltati devono ingegnarsi a ricorrere al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) o alla giustizia ordinaria e ovunque si abbia la certezza di un ascolto delle loro ragioni.
In questi giorni il tribunale di Milano ha intrapreso un’azione contro il Comune, come leggiamo su tutti i quotidiani. Non voglio dire altro ma molti milanesi nel segreto delle loro case applaudono e se non lo fanno pubblicamente è solo perché si dibattono tra il buttare discredito e amore civico per la propria città
Che ne è del Modello Milano?
É un modello che non funziona, un modello dove si pratica solo l’ingegneria del consenso, fatta di consultazioni prive di rigore ma che danno l’impressione dell’ascolto: la pantomima della partecipazione.
Se non fosse così perché tanti cittadini sono costretti ad organizzarsi in difesa dei beni comuni? Da tempo vado cercando chi abbia esaminato il problema in maniera rigorosa ed ho avuto la fortuna di incappare in un testo illuminante.
Si tratta di un saggio dal titolo Beni pubblici tra privatizzazioni e riscoperta dei beni comuni di Marco Olivi, pubblicato sulla rivista
Ne ho tratto un brano delle conclusioni, nel quale ho ritrovato una sintesi di miei pensieri e ragionamenti che vorrei fare miei: “Ed è altrettanto noto che la pubblica amministrazione tende ad essere forte con i deboli e debole con i forti. Ma, per essere diversa da come attualmente (forse non è, ma come certo) è percepita, l’autorità amministrativa deve disporre di strumenti adeguati quali: – Una forte competenza tecnica ed una struttura idonea alla ricerca dei dati reali in modo da garantire indipendenza di valutazione evitando la “cattura della regolazione” da parte degli operatori economici. – Una capacità di programmazione e gli strumenti anche economici per attuarla ma, allo stesso tempo, un alto grado di discrezionalità, con la possibilità di un rapido adattamento delle decisioni al mutare delle situazioni. – Trasparenza delle scelte e coinvolgimento della collettività, non escluso il favor per le proposte e le iniziative dei cittadini. In breve, un modello che si profila alternativo al mercato fondato sulla proprietà esclusiva non può essere meno efficiente di quest’ultimo.
E per ottenere questo occorre un’amministrazione forte, dove per forte si intende competente, autorevole, e dotata dei poteri necessari. Non sembri che questa prospettiva contraddica la moderna visione dell’amministrazione trasparente e partecipata, perché anzi è soprattutto la debolezza che conduce a rendere l’amministrazione chiusa in sé stessa.
Ma soprattutto è richiesto un adeguato atteggiamento culturale. Si riporta come esempio un fatto realmente verificatosi. Nella pianificazione di alcuni tratti di spiaggia, quindi di un bene aperto per disposizione codicistica all’uso di tutti, a fronte di alcune domande di pianificazione di comparti presentate da imprenditori che prevedevano in parte zone ad uso esclusivo ed in parte zone libere, l’amministrazione ha preteso che tutte le aree del comparto fossero acquisite in concessione cioè ad uso esclusivo. Il motivo?
Le aree libere, a differenza di quelle in concessione ad uso esclusivo, non producono reddito. Come è facile notare questa scelta è orientata proprio in senso contrario all’idea stessa di bene comune. Concludendo: la sopravvivenza dei beni comuni, dello stesso concetto di bene comune dipende da tante cose, tra queste la più importante risiede in una cultura dei beni comuni a tutti i livelli, ma soprattutto in capo a chi detiene i concreti poteri decisionali, quindi in capo alla pubblica amministrazione.”. (le sottolineature sono mie)
Che dire di più o meglio? Non sareste d’accordo anche voi?
Alla prossima, con amicizia.
Luca Beltrami Gadola
NB: I commenti vanno indirizzati a redazione@arcipelagomilano.org
PS: Poco prima di chiudere il mio editoriale ricevo una copia della lettera indirizzata dalla nipote di Enrico Mattei al Vescovo di Milano
Reverendissima Eminenza
Monsignor Mario Delpini.
Reverendissima Eminenza mi rivolgo a Lei per segnalare la mia forte preoccupazione in merito all’ipotesi di realizzazione del nuovo stadio di calcio della società AC Milan nel comparto “San Francesco” nel territorio del comune di San Donato Milanese.
Più persone di Metanopoli di San Donato e della città di Milano si sono rivolte a me per questa vicenda in quanto nipote di Enrico Mattei e per il mio fortissimo affetto per la città e gli abitanti del centro residenziale e direzionale realizzato dal mio amato e compianto Zio negli anni Cinquanta. La struttura, come sicuramente noto a Sua Reverendissima Eminenza, si troverebbe a meno di un chilometro in linea d’aria con la quasi millenaria abbazia di Chiaravalle ai limiti territoriali della città di Milano. Superfluo e ovvio ricordare l’importanza che il monastero ha avuto nei secoli e continua ad avere per lo sviluppo agricolo e il benessere della comunità pastorale dell’Arcidiocesi nell’emisfero Sud della provincia Milanese.
Oggi l’Abbazia svolge ancora il suo importante ministero per la frazione di Chiaravalle, per l’intera comunità dei fedeli di Milano ed è meta costante di pellegrinaggi devoti e silenziosi 365 giorni all’anno.
Io, in particolare, sono devota alla Abbazia di Chiaravalle perché me la fece conoscere mio Zio Enrico quando venivo da Matelica e da Roma a trovarlo a Milano e soprattutto a Metanopoli. Ricordo ancora tra il 1958 e il 1959 quando dalla terrazza panoramica del tredicesimo piano del primo palazzo uffici dell’Eni lo Zio mi indicò col dito il bellissimo campanile e mi disse che da lì a pochi minuti saremmo andati a visitarla e raccoglierci in preghiera.
Da quello che sto apprendendo dalle telefonate preoccupate di amici e amiche sandonatesi e dalla lettura dei quotidiani ritengo che una struttura come quella dello stadio calcistico non si trovi nel contesto idoneo. Sia per la riduzione degli spazi destinati all’agricoltura tutelata dai vincoli paesaggistici del Parco Agricolo del Sud Milano, sia per il rischio che la massiccia presenza di tifosi invada la naturale quiete che da sempre circonda l’importante luogo di culto e di meditazione di Chiaravalle e della sua Abbazia.
Confido pertanto in un Suo illuminato e autorevole intervento per ispirare la coscienza di coloro che hanno responsabilità politiche a San Donato e a Milano nella volontà di continuare a preservare nella tradizione i territori agricoli di San Donato Milanese e Chiaravalle.
Resto come sempre a Sua disposizione e a quella delle comunità pastorali di Metanopoli e cistercense di Chiaravalle.
Rosangela Mattei
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