9 gennaio 2024
L’URBANISTICA IN TRIBUNALE
Lettera del 17.01.2024
Care amiche e cari amici, care lettrici e cari lettori, l’avvenimento della settimana sul quale vale la pena di appuntare la nostra attenzione è il dibattito sul contrasto tra magistratura e Comune di Milano per aver concesso la realizzazione di immobili importanti, soprattutto per altezza, interpretando in maniera illegittima la normativa vigente.
Il primo a prendere posizione è stato Giancarlo Tancredi l’assessore alla Rigenerazione Urbana, fino a ieri chiamata urbanistica, che ha difeso l’operato del Comune dicendo – cosa vera fuor di dubbio – che le norme che presiedono all’attività di questo “settore” sono troppe, troppo confuse e di incerta interpretazione, anche semplicemente nell’incerta prevalenza gerarchica tra norme nazionali, norme regionali e regolamenti comunali.
Il settore era già in subbuglio per il dibattito tra Comune e l’Associazione dei Costruttori milanesi (Assimpredil) che, venuta al corrente delle caratteristiche del futuro PGT, con una intervista al suo presidente Regina De Albertis, metteva le mani avanti accusando il Comune di voler limitare l’attività dei promotori immobiliari e dunque delle imprese di costruzione.
Per il momento l’ultima battuta l’ha avuta Ada Lucia De Cesaris con la sua intervista sul Corriere della Sera del 14 gennaio scorso.
Dobbiamo capire prima di tutto cosa è l’Urbanistica e poi quale è, o dovrebbe essere, l’identikit dell’assessore all’Urbanistica.
Mi sono spesso domandato quale definizione di urbanistica mi soddisfacesse di più e tra le tante la mia preferenza va a quanto scrisse Thomas Adams: «L’urbanistica può essere definita come l’arte di pianificare lo sviluppo fisico delle comunità urbane, con l’obiettivo generale di assicurare condizioni di vita e di lavoro salubri e sicure, fornendo adeguate ed efficienti forme di trasporto e promuovendo il benessere pubblico. Come scienza l’urbanistica pretende di scoprire la verità nella città sulle condizioni economiche, sociali e fisiche. Come arte cerca di ottenere un compromesso, sia economico sia sociale, nelle vie di comunicazione, nell’uso del suolo, nelle costruzioni e nelle altre strutture.»
Adams non era architetto, fu prima agricoltore poi giornalista, lavorò per molti architetti urbanisti, tra le altre cose dal 1923 al 1930 fu direttore del Piano Regionale di New York. Il piano fu pubblicato nel 1929 e prevedeva le esigenze di base dei trasporti e delle infrastrutture della regione per i prossimi 30 anni.
Quanto all’identikit io penso che ad occupare la poltrona di chi governa l’urbanistica non debba essere né un architetto né un giurista perché entrambi pensano che le loro dottrine da sole possano risolvere i problemi complessi di una città ma non è così. Ad Ada Lucia De Cesaris, avvocato, Giuliano Piasapia affidò l’assessorato all’urbanistica, alle dimissioni di quest’ultima l’incarico fu affidato ad Alessandro Balducci, Prorettore del Politecnico di Milano, architetto.
Questa poltrona fu poi assegnata dal sindaco Sala a Pierfrancesco Maran: Assessore all’urbanistica, agricoltura, verde e arredo urbano, un politico puro, una vita dedicata alla politica.
Poi di nuovo sino ad oggi un architetto, Giancarlo Tancredi, da sempre nelle fila della burocrazia comunale nel settore urbanistico, nomina che fu oggetto di molte critiche.
Chi tra tutte queste persone ha avuto od ha come bussola principale, direi quasi esclusiva, del proprio fare l’interesse della collettività, la tutela dei beni comuni, il benessere dei cittadini, la loro salute?
Chi ha saputo tenersi lontano dagli interessi corporativi dei vari attori che tendono a orientare le politiche amministrative?
Chi ha messo in campo una politica tesa a ridurre la conflittualità tra cittadini e tra questi e l’amministrazione?
Nessuno o quasi, infatti Milano ormai pullula di comitati che vogliono ostacolare le scelte dell’Amministrazione in tutti i settori, spesso ricorrendo ai Tribunali Amministrativi o alla giustizia penale.
E qui veniamo all’intervista al Corriere della Sera di Ada Lucia De Cesaris e la sua difesa degli uffici dell’urbanistica che, alla domanda del giornalista sull’opacità dell’amministrazione, non risponde alla domanda stessa ma dichiara: “Lo voglio dire forte e chiaro. faccio riferimento a chi oggi opera negli uffici dell’urbanistica, persone con la schiena dritta con cui ho condiviso la vita per cinque anni. sempre attenta all’interesse pubblico. Se non si parte da qui si rischia di prendere la direzione sbagliata”.
Ma la domanda era un’altra: “C’è opacità nelle regole dell’urbanistica o solo incomprensione?”. Io risponderei: sì, c’è opacità a cominciare dall’uso delle determine dirigenziali, ossia a decisioni persino in grado di modificare le norme urbanistiche senza che ne sappia qualcosa il Consiglio Comunale e meno che mai i cittadini.
Alla domanda se il Comune sia troppo compiacente con gli operatori e i fondi di investimento, nuovamente la risposta parla d’altro. ” Milano ha fatto i conti con la vera illegalità (quale? n.d.r.). L’amministrazione che ad un certo punto ha deciso di farsi garante della legittimità, nel rispetto delle regole ma anche con una modalità di operare: Milano è la città dei rapporti e della collaborazione tra pubblico e privato. Se si torna indietro si fa male alla città e non si ripristina nessuna legittimità”.
Qualcuno mi deve spiegare perché la collaborazione tra pubblico e privato sia garanzia di legalità.
Personalmente credo proprio il contrario: ho sempre guardato con sospetto a questo tipo di collaborazione a cominciare dal fatto che è un rapporto asimmetrico e che l’esperienza ci dice che, quasi sempre, chi ci guadagna di più sono i privati. La parte debole, l’Amministrazione, o non se ne accorge o fa finta di non accorgersene.
Nell’ultima parte della sua intervista, commentando l’iniziativa del Pubblico Ministero sulle vicende urbanistiche, che lei ritiene attività esclusiva del Tribunale amministrativo, da ignorante come sono di diritto mi permetto tuttavia di ricordale quanto dice l’Art. 112 della Costituzione: “L’obbligatorietà dell’azione penale implica che il p.m. è tenuto a mettere in moto l’attività di indagine ogni volta che venga a conoscenza di una notizia di reato ed in qualsiasi modo gli derivi questa conoscenza. Questo non sfocia necessariamente in un processo perché può anche essere seguita da un processo perché può esse seguita dalla richiesta di archiviazione ….”
Nel chiudere la sua intervista la De Cesaris dice:” [da questa situazione]se ne esce solo se si parte dal principio che abbiamo a che fare con persone perbene”.
Anche le persone “perbene” possono commettere reati in buona fede.
Ci rivediamo il 24 prossimo col numero di ArcipelagoMilano.
Luca Beltrami Gadola
NB: I commenti vanno indirizzati a redazione@arcipelagomilano.org
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