23 gennaio 2024
URBANISTICA SUB IUDICE
Un cortocircuito tra magistratura e urbanistica
Torniamo a parlare di questo strana? vicenda. Qui tra le mille isolette che compongono l’arcipelago preferiamo stare spaparanzati al sole, piuttosto che complicarci l’esistenza ragionando di norme, leggi e interpretazioni delle medesime, come se fossimo novelli aruspici che traggono segni dalle interiora degli animali sacrificali o improvvisate fattucchiere che leggono i fondi di caffè. A noi piacciono i romanzi di John Grisham piuttosto che i verbali della procura. Ci appassioniamo seguendo le puntate di Suits, ma rifuggiamo gli spifferi che provengono da Corso di Porta Vittoria, lato via Freguglia.
Eppure, cari lettori, eccoci qui a seguire un nuovo legal drama. Perché il tema è di scottante attualità, quindi da maneggiare con cura. Per non provocarci ustioni di terzo grado (di giudizio?) con una materia che non è la nostra (in realtà per circa metà lo è a buon diritto). E poi, diciamocelo, un po’ ci brucia dover dare ragione a Tancredi. Ma quando uno ha ragione, non possiamo negargliela, solo perché non ci sta particolarmente simpatico. Giusto?
Tancredi si chiede perché su in tema di interpretazione di norme che si stratificano peggio che se fossero ere geologiche (leggi statali, competenze regionali e regolamenti locali, una bella ammucchiata…) l’intervento giudiziario sia a livello penale e non amministrativo. Bella domanda. Che condividiamo. Lui non può andare oltre perché sta tentando di ricucire i rapporti con la Procura. Ma non è chiaro perché vada ad incontrarla se poi viene fuori che “si è parlato non di inchieste ma di temi generali”.
Con parole simili si esprimono Scandurra, architetto e membro della Commissione Paesaggio, non quella che ha approvato Piazza Aspromonte, e la De Cesaris, ex assessore all’Urbanistica con Pisapia, ora passata al nemico (i costruttori). Il primo afferma democristianamente che “ci siano bravi magistrati che ritengono di fare bene il proprio dovere ma che a volte vedono il male e l’illecito dove non c’è. Il tema vero è che se si alimenta questo clima da caccia alle streghe gli investimenti vanno da altre parti e Milano torna ad essere ferma”. La seconda in modo molto più diretto ci dice che “non si può usare la giustizia penale come un manganello, perché ci devono essere dei reati”. E lei in questi casi non vede reati, ma rivendica la correttezza dell’operato degli uffici comunali (“persone con la schiena dritta”). Sembra un po’ quello che diceva Berlusconi a suo tempo…
Ovviamente chi tace, in modo opportuno, vista la situazione è quel ristretto (per il momento) numero di professionisti, operatori e funzionari coinvolti nelle inchieste.
Ma noi architetti che diciamo? Per il momento ci limitiamo a commenti superficiali dato che quello che sappiamo lo conosciamo principalmente dai giornali o da chiacchiere di corridoio. E ci stupiamo che oggi vengano messe in dubbio (?) dall’azione della magistratura norme che abbiamo sempre applicato negli ultimi anni. E ci chiediamo perché l’Ordine degli Architetti di Milano non si sia ancora espresso, magari in modo prudente e misurato, con una nota o con un’intervista del suo/nostro presidente.
Anche perché se io domani dovessi presentare un progetto della stessa tipologia di quelli oggetto di indagine, a quali norme mi rifaccio? Per non sbagliare seguo la legge del ’42? E soprattutto lo trovo un funzionario disposto a fornirmi un suo parere?
D’altra parte, oggi quale tecnico comunale vorrebbe essere nella condizione di istruire una pratica simile a quelle contestate (SCIA o Permesso di Costruire poco cambia). Vi immaginate il fuggi fuggi davanti al protocollo? E che fa il Responsabile del Procedimento, sceglie con la tecnica della pagliuzza più corta?
Ho una curiosità. Questi magistrati, di cui non metto in dubbio la competenza in materia giuridica, hanno uno o più consulenti esperti in materia urbanistica o si muovono sulla base delle loro conoscenze normative? Chi ha spiegato loro come funziona il PGT o la LR 12/2005? Si sono letti tutte le norme tecniche e le circolari? Ma soprattutto contestano l’interpretazione delle norme o le norme in sé? Perché se parliamo di norme, come diceva Tancredi non dovrebbe essere materia da giustizia amministrativa? Se invece è la legge ad essere stata violata, va bene il penale. Ma quale legge? Nazionale? Regionale? Comunale? Se mai si andrà a processo, non so se mi pacerebbe essere nei panni del CTU che aiuterà il giudice.
E poi, se è vero che una rondine non fa primavera, è anche ragionevole che la vicenda di piazza Aspromonte sia rappresentativa di quello che ci aspetta. Più passaggi (Gip, Riesame, Cassazione, nuovo Riesame e nuova Cassazione) per arrivare a dire che il reato non sussiste. Tutto questo prima ancora di un processo. Sconcertante. Come può una cosa essere ad un livello e non essere più a quello successivo? Va bene che i gradi di giudizio servono a quello, a evitare errori, ma la disparità di valutazione così forte, crea imbarazzo e sconcerto in chi osserva. Poi chi ripaga gli sviluppatori del tempo perduto? Perché poi se si andrà ad un risarcimento danni, alla fine paga lo Stato, quindi noi. Come sempre….
“Adelante con juicio”, diceva Ferrer nei Promessi Sposi. Ma a volte servono giudizi rapidi. Pena la paralisi di un sistema che non può incepparsi per un conflitto che visto da fuori appare difficile da capire. Ma temo che anche da dentro non cambi molto. Eviterei retropensieri maliziosi, almeno per il momento. Però segnalo la curiosa coincidenza tra azioni giudiziarie e revisione del PGT.
Per oggi ci limitiamo a porre delle domande, tante domande, in attesa che qualcuno, anche tra di voi lettori ci fornisca delle risposte. Ma che siamo chiare e soprattutto al di là di ogni ragionevole dubbio. Tutti noi ne abbiamo il “diritto”…
Pietro Cafiero
3 commenti