9 gennaio 2024

UNA VISITA A CASCINA MERLATA

Un nuovo esempio di speculazione


Progetto senza titolo (7)

Visita a Cascina Marlata. Alcune note, non riguardo l’economia politica del progetto (la distribuzione dei benefici economici, attraverso quali meccanismi essa è realizzata, il nesso con il grande evento, la composizione dell’offerta residenziale, cosa resta alla collettività, etc etc), aspetto che richiederebbe altro spazio e stile, bensì riguardo il tipo di esperienza urbana che si fa andandoci.

Diverse questioni. La prima, il parco. Confermando una tendenza ormai durevole a Milano, più che di un parco mi pare si tratti di una connessione verde largamente funzionale alle aree residenziali più che ad un uso pubblico e collettivo di scala superiore. Per le sue dimensioni, che saranno ancora più limitate dal completamento delle residenze che hanno densità molto elevate, ma anche per il suo disegno che pare per l’appunto più il disegno di una “strada verde” che di un parco.

Anche gli elementi ecologici, che pure vengono molto promossi nel discorso dei promotori, paiono a primo acchito per la verità minimali e risolti in modo dozzinale. Un fontanile rinchiuso in un recinto ed un altro recinto contenente degli alveari (su questo fronte confidiamo nel progetto della scuola che preannuncia almeno una fattoria didattica, vedremo). 

La seconda questione, l’estrema alienazione delle funzioni, circostanza che ancora una volta conferma una tendenza di lungo periodo a Milano, dove più si discorreva di prossimità, multifunzionalità e spazi ibridi e più si producevano (dai Programmi di Recupero Urbano degli anni 90 in avanti) progetti urbani che sembrano una macchietta estrema del modernismo per come lo descrivono i suoi detrattori (cosa diversa, ovviamente, da come è stato interpretato dai suoi interpreti più capaci).

Nel caso di Cascina Merlata lo spazio residenziale è completamente alienato dallo spazio del commercio che a sua volta è sostanzialmente l’unica funzione urbana presente. Edifici residenziali raccolti in isolati separati dallo spazio pubblico attraverso barriere, rigorosa partizione degli isolati per gruppo sociale, nessuna attività al piano terra (tranne alcuni, pochi locali ora occupati da uffici vendite degli alloggi e sperabilmente, in futuro, negozi o attività). 

L’unica forma di varietà funzionale entro il volume degli edifici residenziali, ed anche questa è una tendenza ormai consolidata a Milano, è quella propria ai servizi riservati ai condomini: sale sport, spazi di attività, coworking e – nelle realizzazioni in vendita a libero mercato – piscine 

Si tratta di una tendenza alla riconduzione di funzioni tradizionalmente urbane ad una sfera che possiamo definire “privata collettiva”, e che si fonda su un principio di condivisione fra pochi e simili e di sostanziale allentamento del legame di quartiere e urbano (si fanno nel proprio condominio cose che tradizionalmente si sarebbero fatte nel quartiere o nella città). 

Poi c’è l’immenso, monumentale centro commerciale, che è il vero cuore – funzionale, e soprattutto politico e simbolico – di tutto l’insediamento. Impressionano le dimensioni, il numero di negozi, il livello ciclopico dell’investimento realizzato, ed il lusso che caratterizza alcuni dei suoi spazi e che ricorda quelle atmosfere da ingenuo consumismo post-socialista all’opera in tante città del centro ed est europeo negli anni 90 e 2000 (il relativo lusso colpisce soprattutto se messo a confronto con la relativa scarsezza qualitativa di altri spazi). 

È qui che si possono incontrare effettivamente delle persone, e vaste masse di persone, non certo nel parco che è vuoto (certo, e’ dicembre) o nella cascina rifunzionalizzata. 

Dicevamo colpisce il livello di investimento realizzato, in particolare la massa di investimento nell’accessibilità automobilistica essendo il centro commerciale collocato su una vasta pianta che distribuisce attraverso un sofisticato ed onerosissimo sistema di svincoli flussi stradali oltre a contenere centinaia di parcheggi. Colpisce anche che si avesse scarsa contezza in città dell’imminente apertura di simile struttura, gigantesca, e capace realisticamente di proiettare effetti sulla rete commerciale attuale a distanze di decine di chilometri (in generale, a Milano nell’ultimo ventennio i più grandi progetti di funzioni urbane sono centri commerciali, e non certo funzioni pubbliche, eppure se ne parla così poco).

A far da contraltare al centro commerciale c’è la già citata cascina rifunzionalizzata, che dovrebbe contenere funzioni cosiddette di prossimità (tendenzialmente l’unica innovazione significativa nel programma funzionale di queste trasformazioni negli anni del centro-sinistra) ma che per funzioni offerte e dimensioni (nonché per la citata introversione delle residenze ) non può che svolgere una funzione (estremamente) ancillare nell’insieme. 

Da ultimo, un pensiero: credo di poter dire senza particolare tema di esagerare che in quasi nessun laboratorio di urbanistica si permetterebbe a degli studenti di produrre un masterplan così (e per tante ragioni). Quindi non si sa bene a cosa serva in effetti la formazione di architetti e urbanisti, forse ad essere critici di ciò che ci si ritrova a fare più che ad essere critici nel fare le cose diversamente.

Alessandro Coppola

Da un post su Facebook



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. AnnaÈ assolutamente vero, a scuola abbiamo insegnato agli studenti a progettare, nei loro masterpans, le connessioni a livello di strada tra i diversi edifici e le diverse funzioni, il famoso "progetto di suolo" di Bernardo Secchi, e le connessioni tra il nuovo quartiere e la città intorno, in senso viabilistico, certamente, ma soprattutto pedonale e ciclabile, e come agganciarsi al trasporto pubblico già esistente o da ripensare, individuando sempre in continuità percorsi e piazze di uso pubblico, e percorsi e piazze verdi, e piani terra come occhi aperti sulle strade, e in generale nuovi quartieri come ricucitura della città esistente, e abbiamo formulato elenco di esigenze da soddisfare che abbiamo controllato ad ogni revisione... Speriamo che qualche studente, laureato e professionista, se lo ricordi.
    10 gennaio 2024 • 16:33Rispondi
    • Giovanni M.E. MerloGià: peccato che le trasformazioni urbane reali siano troppo spesso ridotte a sviluppi di "real" estate! Niente in contrario allo sviluppo immobiliare, dove opportuno: ma ciò è troppo poco per restituire una migliore qualità della vita ai cittadini... D'altronde, fino a non troppi anni fa, l'urbanistica era riduttivamente intesa dai più come regolamentazione sul territorio comunale dell'attività edilizia: vaste serie di piani il cui aspetto preponderante era (e spesso ancor oggi è) costituito dalla divisione del territorio urbano in retini rappresentativi di funzioni quasi sempre uniche, ben separate tra esse. Questi elaborati erano accompagnati da indicazioni inerenti la costruzione di tessuti connettivi stradali e di Tp collettivo (locali e sovralocali) ridotte al minimo, con il rischio (reale) di produrre infrastrutture proporzionatamente sottostimate rispetto ai numeri relativi alle suddette funzioni (insediate e previste). Se a ciò aggiungiamo l'imperare, a volte prepotente, di certe ideologie ecologiste per cui, spesso, la città sostenibile sia tale qualora rinunci ad aggiunte edili e infrastrutturali, anche ove necessarie, allora costruire uno sviluppo urbano coerente e adeguatamente "sostenuto" diventa una chimera.
      22 gennaio 2024 • 22:00
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


5 marzo 2024

VAIANO VALLE E BELLARMINO

Massimo Mulinacci



5 dicembre 2023

SERVIZI PUBBLICI, BENI COMUNI E CITTÀ METROPOLITANA

Marco Cipriano e Simone Negri   



21 novembre 2023

OPERE A SCOMPUTO ONERI

Pietro Cafiero






7 novembre 2023

IL TEATRINO DEL PGT

L'Osservatore Disincantato



3 ottobre 2023

MILANO A 30 ALL’ORA E POI?

Giorgio Goggi


Ultimi commenti