21 novembre 2023

OPERE A SCOMPUTO ONERI

Tra marketing e pubblica utilità


Copia di Copia di rification (12)

Il tema è tecnico e quindi molto noioso. Proviamo a vedere se riusciamo a trasformarlo in un articolo che interessi i lettori di Arcipelago.

Tutto nasce da una riflessione fatta a partire dalla delibera approvata in questi giorni, relativa alla pedonalizzazione di Piazza Ferrari, intervento che si inserisce nella più ampia riqualificazione promossa dalla società immobiliare Ardian del palazzo di via Santa Margherita 11 (ex Monte dei Paschi di Siena). Siamo nel cuore di Milano. Dietro la Scala. Un progetto interessante e styloso firmato Asti Architetti. Inoltre il progetto per la pedonalizzazione della piazza dovrebbe essere dello studio Freyrie Flores Architettura.

Le parole d’ordine sono “rigenerazione”, “riqualificazione”, “valorizzazione”, “pedonalizzazione”, “efficienza” e “sostenibilità ambientale”. E se serve aggiungiamo i bollini LEED (Platinum), BREEAM (Very Good) e WELL (Bronze).

Immaginiamo che le opere di pedonalizzazione di cui sopra verranno realizzate a scomputo oneri, ma se anche così non fosse, poco importa. Il ragionamento, che vogliamo fare, vale a prescindere.

L’argomento è invero molto complesso e tra normative comunitarie e codici degli appalti ci si può tranquillamente perdere in un labirinto in cui nemmeno Minosse saprebbe orientarsi. Quindi cerchiamo di renderlo semplice.

Cosa sono gli oneri di urbanizzazione? Sono degli importi che il privato, che costruisce o ristruttura un nuovo edificio, paga al Comune. Il principio è semplice. Se io costruisco un nuovo palazzo, questo dovrà essere allacciato alla fogna, all’acquedotto, all’elettricità, dovrà essere servito da strade e parcheggi. Queste sono le urbanizzazioni primarie. Inoltre i suoi abitanti avranno bisogno di servizi pubblici e utilizzeranno scuole, aree verdi e impianti sportivi, ovvero le urbanizzazioni secondarie.

Quindi quando costruisco un nuovo edificio, io aumento il carico insediativo (gli abitanti) e incido sull’utilizzo e l’usura delle urbanizzazioni. Quindi è giusto che paghi per adeguarle e ampliarle. In linea di massima io verso gli oneri e i soldi vanno al Comune che dovrebbe usarli per gli scopi di cui parlavamo prima. Ma il privato può anche realizzare in prima persona le opere di urbanizzazione andando a sottrarre il costo di questi lavori dal totale che deve al Comune. Ecco le opere a scomputo oneri.

Se ovviamente ristrutturo un palazzo esistente, questo avrà già la maggior parte delle urbanizzazioni (di fatto si saranno già versati gli oneri quando è stato costruito). Pertanto pagherò gli oneri in maniera fortemente ridotta. Anche in questo caso si può pensare di fare un’opera, concordandola col Comune, al posto di versare gli oneri. Ci sono norme e ci sono prassi (che variano da Comune a Comune). In generale quali opere realizzare a scomputo (e il loro valore) viene scritto in una Convenzione tra operatore privato e pubblica amministrazione.

Spero di essere riuscito a spiegare a grandi linee questi concetti, che sono poi le basi dell’urbanistica che si insegna in università.

Sulla carta direi che va tutto bene. Entrambi le parti ne escono soddisfatte. Il privato realizza le opere che gli servono per far funzionare il suo edificio e il comune ha nuove infrastrutture e servizi a costo zero. Tutto bello, quasi perfetto. O forse troppo perfetto?

Vorrei che rifletteste su questi aspetti.

Chi decide quando pagare gli oneri e invece quando fare opere a scomputo? E soprattutto quali opere a scomputo fare? Soprattutto ora che a Milano sarà sempre più difficile costruire ex novo e si andrà sempre più spesso a riqualificare e ristrutturare l’esistente (per fortuna, dico io).

Se vedo la cosa dal punto di vista dell’operatore penso che sia conveniente fare opere a scomputo che riqualifichino l’intorno del mio progetto aggiungendo ulteriore valore all’operazione. Converto una palazzina per uffici a residenza e invece che pagare gli oneri rigenero il parco che confina con il mio edificio. Marketing gratuito, soprattutto se i giornali raccontano l’intervento. Io sono quello che ha riqualificato un pezzo di verde. E ho pure un valore aggiunto a livello immobiliare.

Ok direte voi, ma il Comune ha “guadagnato” un nuovo parco pubblico. Tutto vero, ma era proprio l’opera di cui aveva bisogno in quel momento? Non era meglio far ristrutturare l’asilo Tal dei Tali? Chi decide? “Ovviamente” il Comune.  Ho messo l’ovviamente tra virgolette perché se vado io a proporre l’opera a scomputo, che non ho peso né politico né economico, il Comune mi sorride benevolo e poi fa giustamente quello che vuole. Se però arriva il Fondo di Investimento e dice che vuole riqualificare quella cosa lì, proprio quella, a scomputo oneri, secondo voi il Comune che risponde?

C’è un ulteriore step che possiamo aggiungere alle nostre riflessioni. Abbiamo detto che spesso è lo sviluppatore a beneficiare in prima persona delle opere a scomputo che va a realizzare, generando valore a fronte di una somma che avrebbe comunque dovuto sborsare.

Ma quando è il pubblico a riqualificare e il privato gode dell’incremento di valore dei propri immobili dovuto alla riqualificazione della zona? Pensate a NOLO, quartiere diventato di moda e sempre più apprezzato dagli investitori, soprattutto con il progetto di rigenerazione di Piazzale Loreto.

È lo stesso meccanismo per cui quando si costruisce una metropolitana in una certa strada si sopportano i disagi per i lavori e in cambio si riceve un aumento di valore per la propria casa. In questo caso forse sarebbe giusto inserire un “onere” per i beneficiari. Forse si potrebbe proporre di versare al comune una parte della plusvalenza generata dall’opera pubblica, in caso di vendita dell’immobile privato nell’arco di un certo numero di anni, come si sta pensando di fare per gli edifici ristrutturati con Super Ecobonus 110%.

Qualcosa del genere era stato proposto, senza fortuna, con i cosiddetti Contributi di Miglioria Specifica, previsti da una legge degli anni Trenta e abrogati nel 1963. Ci fu un timido tentativo di applicarli alla realizzazione della Linea 1 della Metropolitana, ma non se ne fece nulla.

Lungi da me proporre una tassa o un prelievo che sa un po’ troppo di patrimoniale, ma anche questo è un argomento che a parer mio merita un minimo di dibattito, visto che siamo in fase di revisione del PGT.

E voi, lettori, che ne pensate?

Pietro Cafiero



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  1. Pietro VismaraMi sembra francamente una follia. Se il Comune decide di riqualificazione un parco abbandonato, usando peraltro i soldi che la collettività gli ha fornito mediante le tasse, io cittadino (magari povero) dovrei pagagli una plusvalenza? E perché mai? Quello è un suo compito di istituto. Altrimenti le tasse cosa ci sono a fare?!?
    22 novembre 2023 • 08:19Rispondi
  2. Paolo MistrangeloMi trova assolutamente concorde questa ipotesi di tassazione, non dimenticando che i valori catastali imponibili sono fortemente sperequati a favore di chi abita le zone più prestigiose. E mi permetto di affiancare al tema del consumo di suolo anche quello di "consumo di spazio", disincentivando, con una maggiore pressione fiscale, i locali sfitti, gli edifici vuoti, i terreni abbandonati, le aree in disuso. Che nei fatti sottraggono risorse alla città. Risorse economiche, risorse abitative, risorse di servizi esistenti che non vengono utilizzati, pur non rinunciando alla rendita di posizione.
    23 novembre 2023 • 15:01Rispondi
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