4 aprile 2023

NELLO STESSO PIANTO? NO: NELLA STESSA INDIFFERENZA

Essere cittadini milanesi e metropolitani


Copia di rification (3)Il superamento di un esercizio di logica presuppone uno stato di adeguate basi su cui poter contare, Queste, necessariamente dovranno essere competenze. Se assumiamo come stato logico l’essere milanese perché si è residenti a Milano, va anche assunto come stato logico l’essere cittadino di Milano, dunque legittimo portatore di diritti e di doveri.

Ma non si è solo cittadini di Milano, si è cittadini di regione Lombardia, dello Stato Italiano, dell’Europa e del mondo, fino ad essere elemento vivente dell’universo, dunque sotteso a delle regole universali se pure le competenze siano limitate al sistema che abitiamo, il sistema solare.

Se questo appare giustappunto un esercizio di logica, si potrà dire che questa logica appartiene all’insieme dell’essere. Su questa base di concetto, possiamo cercare le molteplici combinazioni, quelle reali per capire certi meccanismi del vivere e quelle apparenti per capirne le potenzialità.

Una combinazione reale: Milano e i suoi cittadini.

I cittadini di Milano si dividono in diverse categorie individuate dall’ISTAT secondo diversi parametri, usiamone due:

  • Fascia d’età
  • Fascia di reddito

Nella fascia d’età prediamo l’anno dei salti classici:

  • 0-14 anni 134.943 unità
  • 15-64 anni 831.570 unità
  • + di 65 anni 286.990 unità

Gli stranieri sono 253.531(quelli dimorati a Milano con regolarità).

Di questi 26.418 sono egiziani mentre i cinesi sono 15.078.

Su questi numeri è possibile fare una riflessione sul bisogno di crescita che ci viene proposto, attraverso la cementificazione, i MALL e le cubature per accogliere chi? Chi non c’è più o non ci sarà a breve ma che importa? Non è questo il punto. Uno sviluppo tramite estensione urbanistica, non può basarsi sui flussi non residenziali, se mai su un’analisi attenta di quanta volumetria ci sia disponibile e non utilizzata per i transitori. Allora va detto che le trasformazioni alle quali assistiamo, forse epocali come gli Scali Ferroviari, non sono nelle dinamiche tanto acclamate dell’aumentare l’offerta per calmierare la domanda, bensì guidate da un algoritmo ad hoc per dare risultati speculativi attraverso valori impostati di natura sociale.

Una combinazione apparente. Milano e il futuro dei suoi quartieri nel 2031.

Bargraf della proiezione di stranieri nei quartieri di Milano (in ordine decrescente). http://www.datiopen.it/it/catalogo-opendata/comune-milano

Bargraf della proiezione di stranieri nei quartieri di Milano (in ordine decrescente).
http://www.datiopen.it/it/catalogo-opendata/comune-milano

I dati proiettati, secondo le diverse ipotesi evolutive dell’andamento della fecondità e dei movimenti migratori, sono stati elaborati seguendo la metodologia Cohort Component Model. La popolazione straniera residente proiettata è distinta per età, sesso e zona di decentramento. Le previsioni sono articolate secondo tre differenti ipotesi: – l’ipotesi media che prevede un protrarsi degli attuali livelli di fecondità e migratorietà; – l’ipotesi alta che elabora uno scenario di crescita sia nei livelli di fecondità sia nell’intensità dei flussi migratori; l’ipotesi bassa che si differenzia rispetto all’ipotesi media per un andamento decrescente nel tempo dei livelli di fecondità. Su questi dati è possibile stilare una proiezione di quale sia l’attendibilità del potere di acquisto di un cittadino straniero, rispetto ai costi delle case o anche degli affitti. Un netto corto circuito anche dal punto di vista di una valutazione economica sugli investimenti, al netto di una pura operazione speculativa, basata sulla mistificazione dei fatti.

https://milano.corriere.it/notizie/economia/22_aprile_16/milano-mappa-ricchezza-quartieri-f0563394-bd45-11ec-9131-083ffd710aa7.shtml?refresh_ce

https://milano.corriere.it/notizie/economia/22_aprile_16/milano-mappa-ricchezza-quartieri-f0563394-bd45-11ec-9131-083ffd710aa7.shtml?refresh_ce

Invece qui sopra la nota mappa dei quartieri di Milano secondo il reddito pro-capite su base CAP dove si nota al vertice Brera-Castello (cap. 20121) con 80K/E pro-capite, e in ultima posizione Quarto Oggiaro (cap.20157) con 17,628K/E pro-capite dunque un quartiere addirittura sotto la media nazionale nella città più cara d’Italia.

C’è da chiedersi come possa vivere un cittadino di Milano a Quarto Oggiaro o Roserio. Ma quanti si chiedono questo? Si preferisce pensare che Quarto Oggiaro non esista se non nei romanzi noir/meneghini di Biondillo.

Per quanto sopra, non è necessario un commento sulle politiche della città, e direi che neanche una critica potrà essere mossa, poiché la logica impone rigore e non emozione e queste proiezioni sono senza dubbio prive d’emozione come lo sono le politiche di questa Milano dove si nega l’evidenza fino alla coltivazione dell’illusione, della logica irrazionale basata su ben altri dati, numeri che parlano di una realtà vera e parallela dell’economia dei grandi numeri rispetto ai dati della Società della sussidiarietà, forse parassitismo per alcuni, e della logica del pianto, un pianto ininterrotto a tal punto da divenire silenzio, come un rumore di fondo al quale ci si fa l’abitudine fino a non sentirlo più.

Ma questa Milano va oltre, ben più là della razionale follia e pratica eliminazione delle radici improduttive tramite il plagio della critica, dunque una lucida azione di sterminio nell’assoluta accettazione dei milanesi, cresciuti in quel fare ciò che reca minor danno magari nel silenzio delle stanze familiari, attenti a non dire troppo poco né troppo tanto, come conviene a una certa borghesia, a un ceto medio che arranca ma non perde la speranza. Tutto chiuso in un armadio nella stanza del Vescovo, senza colpo ferire. Ombre e luci di una vita attenta a conservare quel poco o tanto che si ha. Tempi incerti ricordano B. Brecht:” Tuttavia non si dirà: i tempi erano scuri ma: perché i loro poeti hanno taciuto?”.

Cosi crescono le nuove generazioni, nel mito dei padri reduci del Parini tanto amato o del Berchet, sempre e solo a sinistra o tal altri sotto quel: “In hoc signo vinces” di Comunione e Liberazione, dei crociati moderni che sfiorano gli ideali dell’Opus Dei.

Ma queste nuove generazioni vedono solo i grandi ideali universali, bloccano le strade in nome del Future for Friday, s’accendono per DAX in nome di un’Anarchia che forse non hanno mai davvero capito fino in fondo, elevandolo così a criminale tale e quale agli altri in regime di 41bis. Certo, estremamente intelligenti, rapidi di testa, pronti a scendere in piazza a sfidare quei poliziotti che si, avrebbero da recriminare un salario minimo basato sul rapporto del rischio della vita, una vita spesso con radici al sud (ma non vorrei scomodare Pasolini). Cosi riaffiora il termine fascismo, opposto allo squadrismo rosso o un’anarchia “da birrino”. Tuttavia questi giovani animati da spirito di ribellione nei confronti dell’umana ragione di sviluppo del benessere fino a voler distruggere il mondo e il genere umano, certamente non muovono un dito a favore dei loro coetanei milanesi che non riescono a finire gli studi, che vivono di sopravvivenza, tal volta in tuguri a 1200 euro al mese, appestati d’insulti sui social fino al suicidio, non vanno nelle periferie per denunciare il degrado e combattere una logica della pattumiera fuori dai bastioni.

Così Milano riesce a plagiare la sua stessa progenie nel segno del gene giusto, quei bravi ragazzi che pensano ai temi universali allontanandosi fino al punto di estraniarsi da quella che è la realtà della porta accanto, il dramma di una Milano che sembra non esistere se non ci fossero i numeri, implacabili e freddi delle statistiche che nessuno di loro valuta, analizza e assume come problema da risolvere per essere una città davvero inclusiva, per pensare a una città in grado di affrontare anche i grandi temi universali che qui si materializzano e si manifestano ogni giorno ma che non sono abbastanza trend, non sono tali da sentirsi fighi. Di cosa vuoi parlare fuori dalla biblioteca della Bocconi o Bicocca? Di periferia milanese?

Allora ecco l’indifferenza, quella che risolve tutto, spazza via il senso di colpa. Si può aggiungere la mistificazione di una generazione oltre l’umano limite della ragione, sospinta da padri e madri accondiscendenti, fino a tollerare anche i demoni più profondi oltre quelli che si radicano nel corso della vita individuale, in ciascuno di noi.

Dunque quel solito pianto unisce certamente le periferie come gli stessi numeri ci dicono, e l’indifferenza si radica nelle nuove generazioni milanesi, così una Milano non esiste più annegata in un racconto poco credibile perché non mediatico, e non esiste neanche nelle politiche della città le quali rendono astratto il termine: “periferie” includendo cosi quei terreni che sono/erano agricoli per farne dei quartieri “ a la page”.

Ma non vorrei che fosse dimenticato l’ultimo decennio, un decennio caratterizzato da scelte urbanistiche senza precedenti se non si arriva al dopo guerra. Un decennio in cui la città si è trasformata per molti in positivo. Dunque se la trasformazione rappresenta il dinamismo, capacità di cambiamento, modernità senza nostalgia, innovazione, questo è un bene. Allora questo bel termine si potrà udire più e più volte fino al riverbero, in quelle tante o poche stanze della ragione, quella del buon padre di famiglia che vanta il diritto della successione, del capire quale figlio sia adatto a proseguire nel buon segno della proprietà e della crescita felice. Facciamo così in modo che questo delubro della ricchezza da sempre guida italiana del capitalismo un tempo in equilibrio con le sane ragioni del proletariato, abbia ancora la guida di questa bella città piena di giovani di sani principi e soave leggiadria del vivere senza pensare ai problemi della società milanese ma attenti a cambiare il mondo.

Gianluca Gennai

 



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