7 marzo 2023

I FATTI DEL LICEO MICHELANGELO A FIRANZE

I "camerati" ci sono sempre anche tra i ministri


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Quanto è accaduto all’esterno del liceo classico Michelangiolo di Firenze e in seguito richiede di evitare strabismi, miopie e relativizzazioni sulla libertà di espressione nello Spazio Pubblico. La  Procura del capoluogo toscano ha aperto un fascicolo: il reato ipotizzato è di violenza privata aggravata da parte di gruppo di giovani di Azione Studentesca, non frequentanti il liceo, che lo scorso 18 febbraio hanno assalito con calci e pugni due studenti dell’istituto fiorentino.

Dai video girati da alcuni testimoni è sembrata un’aggressione squadrista,  come denunciato anche dal sindaco di Firenze, Dario Nardella. Nel silenzio tanto dei ministri dell’Istruzione che degli Interni, la preside di un altro liceo fiorentino, il Leonardo da Vinci,  ha invitato gli studenti a non essere indifferenti e ad essere “consapevoli che è in momenti come questi che, nella storia, i totalitarismi hanno preso piede e fondato le loro fortune, rovinando quelle di intere generazioni. Nei periodi di incertezza, di sfiducia collettiva nelle istituzioni, di sguardo ripiegato dentro al proprio recinto, abbiamo tutti bisogno di avere fiducia nel futuro e di aprirci al mondo, condannando sempre la violenza e la prepotenza.”.

Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara non è intervenuto sull’aggressione squadrista, ma ha ritenuto di commentare la lettera della preside in collegamento con la trasmissione tv Mattino 5: “È una lettera del tutto impropria, mi è dispiaciuto leggerla, non compete a una preside lanciare messaggi di questo tipo e il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà: in Italia non c’è alcuna deriva violenta e autoritaria, non c’è alcun pericolo fascista, difendere le frontiere non ha nulla a che vedere con il nazismo. Sono iniziative strumentali che esprimono una politicizzazione che auspico non abbia più posto nelle scuole; se l’atteggiamento dovesse persistere vedremo se sarà necessario prendere misure”. Perché una figura del mondo adulto istituzionale come una preside non dovrebbe parlare agli studenti?

Quali misure paventa il ministro? Lo stesso ministro che poche settimane fa ha proposto l’umiliazione come modalità educativa e che era in prima fila a sentire, senza commentare, il Presidente della Repubblica affermare: “Si vive insieme agli altri in solidarietà, tutto questo è un antidoto contro la violenza perché indica un modello di vita che si contrappone a quello di sopraffazioni e violenza. La vediamo purtroppo sovente: violenza nelle famiglie, nelle abitazioni, contro le donne, in tante circostanze per strada, addirittura nei giorni scorsi davanti a una scuola contro ragazzi”.

Siamo di fronte a due rischi: il primo è uno scivolamento verso la simbologia politicizzata degli scontri convocati via web.  Ricordate i filmati dei TG negli anni scorsi? In molte piazze italiane, da Benevento a Busto Arsizio, centinaia di giovani si davano appuntamento online per prendersi a botte. Il secondo più che un rischio è una constatazione.

A Milano la coordinatrice della Gilda degli insegnanti è oggetto di un procedimento disciplinare per aver rilasciato un’intervista in cui metteva in luce di aver segnalato più volte all’Amministrazione problemi che poi hanno preso corpo in un incendio. E’ solo uno degli atti di intimidazione gerarchica in atto nella scuola.  L’uso delle prerogative gerarchiche come strumento di intimidazione e censura è una questione cruciale che non può essere giudicata con criteri di appartenenza politica.

L’articolo 21 della Costituzione non consente interpretazioni unilaterali “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”. Questo il commento sulla lettera della preside fiorentina del coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams prof. Rino Di Meglio: “La libertà di manifestazione del pensiero, sancita anche dalla nostra Costituzione, dovrebbe essere il caposaldo di una società democratica. E chi si trova in condizione di superiorità gerarchica non può minacciare o sanzionare chi ha espresso opinioni che non condivide”.

 Nella scuola la libertà di pensiero dentro il perimetro dei valori della Costituzione è sacra per tutti. Per i dirigenti scolastici, ma anche per i docenti e per gli studenti. Senza ipocrisie. Nessun dirigente dev’essere intimidito dal ministro, nessun docente deve essere intimidito dal proprio dirigente scolastico. Sulla libertà di parola non ci devono essere due pesi e due misure: occorre indignarsi tanto per la censura quanto per l’ipocrisia. Ma la natura dello Spazio Pubblico per la libertà di espressione oggi è interessata da nuove dimensioni, così grandi che fanno da sfondo e non le consideriamo.

La libertà di espressione non riguarda solo i lavoratori della scuola, nell’immediato riguarda tutti i 3,2 milioni di dipendenti statali.  Dopo il governo federale Usa, anche la Commissione Ue ha messo al bando il social cinese TikTok: ai dipendenti è arrivata la richiesta formale di disinstallare l’app dai propri telefoni professionali e personali. Anche l’Italia prende in considerazione il  blocco: il ministro alla Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo e il Copasir stanno valutando i rischi per i telefoni di servizio degli statali.  “Una volta chiarita la profondità dei rischi legati alla sicurezza nazionale passeremo al confronto sulle misure”, ha spiegato Zangrillo.

 Perché la questione della conservazione dei dati, quindi la questione della privacy, dovrebbe riguardare solo l’app di proprietà della cinese ByteDance e non tutte le corporation dei Big Data? Dal 25 maggio 2018 è divenuto pienamente applicabile in tutti gli Stati membri il Regolamento Ue 2016/679, noto come GDPR (General Data Protection Regulation), relativo alla protezione delle persone fisiche e al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali. Dal 23 febbraio 2022 Data Act della Commissione Europea ha l’obiettivo di allentare la presa che grandi aziende tecnologiche hanno su alcuni dati commerciali e industriali, si aggiunge al Data Governance Act e in modo complementare al GDPR.

Una legislazione finalizzata a una maggiore condivisione dei dati tra le aziende in Europa. Il 12 aprile 2022 UE e USA hanno siglato una intesa sulla privacy, un aiuto per le aziende che trasferiscono dati tra UE e Stati Uniti. Ma  non è obbligatorio il fatto che i dati debbano risiedere sul suolo europeo per controbilanciare gli operatori americani dei Big Data: Amazon, Microsoft, Meta e Google… La garanzia del rispetto dell’articolo 21 della Carta  è quindi costitutiva nella scuola, nella Pubblica Amministrazione e nell’estensione digitale dello Spazio Pubblico e dovremmo occuparcene tutti.

Fiorello Cortiana

 



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