21 marzo 2023

IL FORUM DELL’ABITARE: IL “RESET” DELLA MEMORIA DI MARAN

Dimenticare quel che non si è fatto


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Il Forum dell’Abitare che si sta svolgendo in questi giorni è stato anticipato dall’annuncio via facebook da parte del Sindaco Sala delle nuove misure approvate dalla Giunta lo scorso 10 marzo.  Queste iniziative rappresenterebbero, anche nelle dichiarazioni dell’assessore Maran, l’avvio di una nuova politica abitativa volta a contenere i processi di espulsioni dei lavoratori e dei giovani dalla città per rendere Milano accessibile e inclusiva.

Qualche giorno dopo è stato reso pubblico anche il documento programmatico, più di 130 pagine, con l’ambizioso titolo, “Una nuova strategia per la casa. Per riportare il tema dell’abitare al centro dell’iniziativa pubblica. Un processo decisionale per orientare le politiche urbane degli anni futuri e da sottoporre al consiglio comunale”, la cui lettura e analisi richiedono un tempo più lungo e che certamente verrà approfonditamente discusso anche sulla nostra rivista.

Vorrei portare intanto alla attenzione dei lettori interessati alcune considerazioni relative alla misura “Casa ai lavoratori” e alcuni fatti, costantemente ignorati sia dal dibattito pubblico che dalla discussione sui quotidiani e canali più mainstream. Una bella eccezione è l’inchiesta “Sottobosco Orizzontale”, realizzata da Radio 3: attraverso una pluralità di testimonianze ascoltiamo la voce dell’Altra Milano, di coloro che, pur lavorando o vivendo in città da lungo tempo, non ce la fanno a rimanere al passo, espulsi fuori, ai margini, senza più una casa, e anche di chi a questo stato di cose continua a non arrendersi.

“Casa ai lavoratori” riguarda 2500 alloggi popolari oggi sfitti per carenze manutentive che non verranno ristrutturati e assegnati alle famiglie in graduatoria, bensì inseriti in un grande piano di valorizzazione in coerenza con quanto previsto dalla normativa regionale. Le case potranno essere infatti assegnate a canoni più alti e nello stato di fatto. La delibera, prima misura del progetto, prevede di affidare 316 alloggi ad aziende, associazioni di categoria, cooperative che potranno sublocare gli alloggi, anche con contratti brevi legati alla durata del rapporto di lavoro, ai propri dipendenti attraverso una selezione interna, facendosi carico dei piani di ristrutturazione dell’immobile e garantendo al Comune il pagamento dell’affitto.

I requisiti che i lavoratori dovranno dimostrare di avere sono solamente un ISEE inferiore a 26mila euro e non essere proprietari o assegnatari in regione di un alloggio realizzato con contributi pubblici. In un colpo solo il Comune si libera degli oneri della gestione di una parte del suo patrimonio affidandola al privato e si assicura una rendita, scaricando sui lavoratori i costi di ristrutturazione del proprio patrimonio

Il progetto è  inoltre molto enfatizzato e proposto come il modo attraverso cui la città di Milano risponde al bisogno di case a costi accessibili espresso dai suoi abitanti. Eppure basterebbe assegnare gli oltre 10mila alloggi sfitti presenti in città per soddisfare anche parte del ceto medio, riferimento così caro alla politica, partendo però, più giustamente, dalle famiglie maggiormente bisognose e che rimangano invece escluse dalle nuove proposte dell’Amministrazione Comunale.

Dal 2018, a fronte di quasi 70mila domande di casa popolare raccolte, la maggior parte appartenenti a famiglie con un ISEE inferiore a 8000 euro, sono stati assegnati solamente 3294 alloggi a canone sociale. Il dato è ancora più incomprensibile se confrontato con il numero delle case dichiarate assegnabili, per esempio nel solo piano 2021, pari a 2014 alloggi. La lentezza delle assegnazioni potrebbe essere anche in parte spiegata  dalla farraginosità della procedura di valutazione della domanda.

La famiglia che presenta richiesta di assegnazione di una casa popolare a canone sociale nello stesso stabile di un alloggio in valorizzazione deve infatti avere: un ISEE inferiore a 16mila euro, ma se è sotto i 3mila euro deve rientrare nella quota prevista agli indigenti, cioè il 20% delle case messe a bando; deve dimostrare di  risiedere continuativamente in Lombardia e nel Comune da almeno 15 anni (altrimenti non raggiunge il punteggio necessario per entrare in assegnazione); non deve essere proprietaria di un alloggio adeguato su tutto il territorio nazionale;  deve avere un patrimonio mobiliare e immobiliare inferiore a 22mila euro, se persona sola, e, se cittadino straniero, deve essere titolare di un permesso di soggiorno almeno biennale e di un  contratto di lavoro.

Se abitata in un alloggio pieno di muffa e malsano deve produrre una certificazione della ATS, che, successivamente alla pandemia, non svolge più sopralluoghi. Non deve infine aver occupato negli ultimi 5 anni spazi o alloggi pubblici e privati. La meticolosità e l’ampiezza dei controlli burocratici previsti per le procedure di assegnazioni degli alloggi a canone sociale rimandano più a un dispositivo di colpa/merito che a un sistema di diritti.

Oggi, ogni giorno, decine di famiglie devono affrontare il dramma dello sfratto e del pignoramento: non esiste un meccanismo di graduazione della forza pubblica né alcun coordinamento interistituzionale. Anche in presenza di minori, invalidi e anziani, le famiglie vengono messe per strada, obbligate ad arrangiarsi. Sono costrette a sopportare umilianti colloqui telefonici con l’ufficio dedicato alla gestione delle emergenza abitativa, in cui vengono invitate a trovarsi un affitto fuori Milano, a tornare al proprio paese, a trasferirsi ospite da parenti, per ottenere la collocazione temporanea in un ostello o in un dormitorio pubblico, a volte anche in pessime condizioni igieniche

Il sistema delle assegnazione degli alloggi transitori di emergenza inventato dalla Legge Regionale 16/2016 è già saturo e ingolfato: decine di persone sono titolari di assegnazioni solo sulla carta anche da più di un anno, mentre i pochi alloggi assegnati ai nuclei sfrattati non sono mai adeguati per dimensione e non tengono mai conto della residenza del nucleo. Moltissime famiglie sono in attesa, anche da 5 mesi, di ricevere l’esito della domanda di emergenza presentata, ritrovandosi così in un limbo.

Un’umanità troppo spesso invisibile e inascoltata che lunedì 27 marzo, dalle ore 16, sarà di nuovo in piazza, davanti alla Prefettura, nel corteo organizzato dai sindacati inquilini per chiedere casa e diritti, contro la violenza degli sfratti, i piani vendita degli alloggi pubblici di ALER e Comune, contro i piani di valorizzazione di così tanti alloggi, insieme agli inquilini delle case popolari e a coloro che stanno subendo gli esiti di politiche ingiuste che impoveriscono ed escludono.

Veronica Pujia

 



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  1. Pietro VismaraComplimenti per l'intervento chiaro, su una realtà che non si vuole guardare
    21 marzo 2023 • 22:24Rispondi
  2. Valeria Molonedavvero, complimenti anche da parte mia e invece di scrivere di ciò, giornali e radio si concentrano su Airbnb si / Airbnb no
    23 marzo 2023 • 18:07Rispondi
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