7 febbraio 2023

PERCHÈ LA CITTA’ A 30 KM/H NON È UN’OPPORTUNITÀ PER TUTTI

Una strategia controversa


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Su Twitter è esplosa la felicità di Marco Mazzei, il consigliere comunale di Milano promotore dell’ordine del giorno approvato la scorsa settimana sulla “città 30”. Talmente ilare da partire subito in quarta con una furbizia in maiuscolo scrivendo che il provvedimento si estenderà a TUTTA la città. Non sarà così. Le città che hanno già adottato un provvedimento simile hanno mantenuto il limite di 50 km/h o più elevato sulle direttrici principali che rappresentano una quota minoritaria in termini di estensione della rete ma che soddisfano una più elevata percentuale delle percorrenze.

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Non è peraltro la sola gaffe del ciclista provetto. L’altra, più grave, è quella contenuta nello stesso ordine del giorno nel quale si dà mandato all’AMAT di redigere un dossier che: “contenga tutti gli elementi tecnici utili a comprendere quanto il limite dei 30 km/h in una città sia una grande opportunità per tutti”.

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Il nostro è talmente sicuro di sé da sostenere che “argomenti contro i 30 km/h in città non ce ne possono essere”. Viene in mente l’assessore Palmiro Cangini di Zelig: “Con questo cosa voglio dire? Non lo so, però ci ho ragione e i fatti mi cosano”.

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La realtà è diversa: come accade per ogni decisione regolatoria, se adottato, il provvedimento comporterà sia costi che benefici.

Scrive sul Post un altro sostenitore della città a 30, l’architetto Matteo Dondé, che: “i progetti di città 30 che sono già stati avviati in molte città europee – tra cui Berlino, Barcellona, Edimburgo, Bruxelles, Parigi e altre ancora – hanno già dimostrato che istituire una città 30 non comporta un allungamento dei tempi di percorrenza per gli automobilisti: anzi, in tutti questi posti si è avuto un sostanziale decongestionamento del traffico.”

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Non è vero: a Bruxelles, ad esempio, la riduzione del limite ha comportato una riduzione della velocità media delle auto pari al 9%. E sappiamo che, nel caso di Milano, “un’estensione generalizzata delle Zone 30 comporterebbe un costo degli utenti, dovuto ai maggiori tempi di viaggio per le auto di circa 38 milioni all’anno”. Chi lo dice? Il Piano Urbano della mobilità della città che si suppone un consigliere comunale che si occupa della materia dovrebbe conoscere. Si tratta, come si legge nello stesso documento, di una valutazione parziale che non comprende gli effetti non quantificati che riguardano la sicurezza, la fruibilità e la qualità urbana.

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Ora, non c’è dubbio che ridurre i limiti di velocità comporti una forte riduzione della gravità degli incidenti, in particolare di quelli che coinvolgono i pedoni: nel caso di una persona investita da un’auto che procede a 50 km/h la probabilità di morte è superiore all’80%. A 30 km/h il rischio di perdere la vita è inferiore al 20%.

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Il beneficio relativo all’evento singolo è dunque indubitabile. A livello complessivo vi sono altri fattori che vanno in direzione opposta. La consapevolezza di una maggior sicurezza può indurre alcuni pedoni o ciclisti a essere meno attenti così come si è verificato in passato per le auto: quando si introducono dispositivi di sicurezza come le cinture o l’airbag il comportamento dei conducenti si fa un po’ meno prudente. L’esperienza di Parigi sembra fornire alcune evidenze aneddotiche in tale direzione.

Nel caso di Milano si può aggiungere che, da almeno tre decenni, si registra una forte tendenza al miglioramento della sicurezza stradale dovuta sia ai progressi tecnologici delle auto sia alle politiche adottate a livello locale: da oltre cento vittime registrate agli inizi degli anni ’90 si è passati a meno di quaranta degli ultimi anni (valore influenzato per il 2020 e il 2021 dalla minore mobilità a causa delle restrizioni per il Covid).

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Tale risultato è stato ottenuto nonostante sia ancora molto diffuso il mancato rispetto delle regole esistenti sia da parte degli automobilisti sia da parte degli utenti deboli (che ne subiscono le conseguenze più gravi).

A ciò si aggiunga che in futuro si avrà una sempre maggior diffusione di dispositivi installati sulle auto che consentono di supplire alla disattenzione del conducente: in particolare, dal 2022, è obbligatoria l’installazione sui veicoli della frenata automatica di emergenza.

Si può dunque presupporre che più controlli e repressione dei comportamenti non conformi al codice della strada e l’innovazione tecnologica possano portare nei prossimi anni a un’ulteriore significativa riduzione della incidentalità anche in assenza di modifiche delle regole attuali.

Una revisione in senso più restrittivo dovrebbe essere preceduta da un’attenta valutazione di vantaggi e svantaggi. Senza dimenticare, come accade troppo spesso quando si parla di qualità della vita, che imporre restrizioni all’uso dell’auto peggiora quella di coloro che la utilizzano.

Francesco Ramella

BRT Onlus



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  1. PeriniLa protezione dei pedoni e dei ciclisti si può raggiungere con l'installazione di barriere antiscavalco che impediscano a pedoni e ciclisti di invadere le sedi stradali se non nei varchi appositi: strisce pedonali e semafori. L'obiezione può essere: "Costa troppo!" a cui si risponderà "La tutela della vita è più importante dei costi!"
    8 febbraio 2023 • 10:51Rispondi
    • Andrea VitaliNon è solo un problema di costi, ma di spazio fisico. La maggior parte delle strade urbane non ha una dimensione che consenta l'inserimento di barriere antiscavalco.
      9 febbraio 2023 • 08:22
  2. BrunoChiedo per un amico: non è lo stesso Francesco Ramella dell’Istituto Bruno Leoni che ha lodato il golpe di Pinochet, vero? Il CV sembrerebbe essere compatibile, ma senz’altro mi sbaglio io…
    8 febbraio 2023 • 21:19Rispondi
  3. Mauro ValentiniSe al Sindaco e al Consiglio Comunale fossero interessati minimamente i problemi del traffico e della sicurezza, non avrebbero mai consentito l’uso in città dei monopattini elettrici, i quali, nonostante siano un magnifico mezzo di trasporto in aree aperte e ben organizzate, rappresentano uno spaventoso pericolo in una città ad alta densità di circolazione, sia per chi li guida sia per gli altri utenti della strada. Chiedetelo ai pronto soccorso! Chiedetelo a chi si occupa di traumi facciali e cranici, quanti utenti dei monopattini s’infilano nelle buche della strada con le loro ruotine mignon e vengono catapultati in avanti sull’asfalto! Eppure non occorreva un genio per capire in anticipo il pericolo che avrebbero costituito! Oppure c’era un business dietro? Forse no, magari è solo una questione di scarsa competenza da parte di chi ha guidato la metropoli nel periodo in questione, ma il dubbio in materia non è così assurdo: la stessa concessione ai produttori dei veicoli potrebbe rappresentare un magnifico introito, un futuro casco, una targa, un’assicurazione obbligatoria, chissà, tutto denaro che gira! Una cosa è davvero certa: chi ha governato la nostra città, in quella decisione, non è stato ispirato da un improvviso anelito di sicurezza stradale! Adesso, miracolosamente, lo struggente desiderio di risolvere il problema dell’ambiente, della sicurezza e della salute dei cittadini emerge in una nuova idea di cui pochissimi milanesi avvertivano la necessità: i 30 km orari in una metropoli in cui la velocità media di percorrenza in macchina è già bassissima. Come ben descritto e argomentato dal signor Francesco Ramella, limitare la velocità crea spesso più problemi che vantaggi. Quindi siamo al dubbio precedente: che ci sia un business dietro? Magari servendosi dell’alibi oramai abusato dell’ambientalismo? Al cittadino cattivo, chissà perché, vengono subito in mente il flagello degli autovelox (magari di quelli nascosti o appositamente mal segnalati) e le multe che, guarda caso, portano centinaia di milioni di euro nelle casse del comune (sempre in nome dell’aria pulita e della sicurezza). Sappiamo, invece, che la maggior parte delle multe per eccesso di velocità riguarda la segnalazione di pochi km orari sopra il limite. Questo fa nascere il dubbio che gli strumenti fotografici siano tarati soprattutto per fare cassa, la sicurezza c’entra pochissimo e l’ambiente ancor meno. E con il limite di trenta all’ora sarebbe una vera pacchia! Altre centinaia di milioni a spese degli automobilisti! Vai a trentadue all’ora? Multato! A trentatré? Multato! Sarebbe questa la sicurezza? Rallentare il traffico fino a rendere ancora più insopportabile il tragitto casa-lavoro? Creare nuove gabelle per gli utenti della strada, come non bastassero le aree C e le aree B e la sosta a pagamento ben sapendo che non esistono parcheggi per tutti? E poi, pensiamo per un istante a chi è costretto per lavoro a guidare un Tir in città: potrebbe schiacciare involontariamente un ciclista anche a meno dieci km orari (ed è già accaduto!). Che cosa facciamo, abbassiamo il limite sotto i dieci? Proibiamo a tutti i camion di entrare in città? Oppure i problemi della viabilità e della sicurezza sono altri e magari riguardano anche l’incompatibilità dei mezzi di traporto fra loro e, chissà, forse l’incompetenza di chi ha guidato fino ad ora la città?
    13 febbraio 2023 • 19:48Rispondi
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