5 aprile 2022

QUESTIONE ENERGETICA

Ecologia e autonomia energetica: è giunto il momento di fare delle scelte


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Per riflettere sulle scelte energetiche condizionate da eventi o pilotaggi mediatici, serve fare un back in time. Il 28 marzo 1979 avvenne l’incidente di Three Miles Island: la fusione parziale del nocciolo dell’omonima centrale nucleare in Pennsylvania per il quale non ci furono né vittime né feriti. In Italia si stava costruendo la Centrale elettronucleare di Montalto di Castro. Appena due mesi dopo l’incidente, le proteste sfociarono in una manifestazione a Roma, cui presero parte circa 20 mila persone. Il numero di iniziative antinucleari aumentò. Nel 1980, Maurizio Sacchi del PSI e Chicco Testa fondarono Lega per l’Ambiente, che poi divenne Legambiente. Il movimento fece del no al nucleare uno dei suoi punti cardine. 

Nonostante questo il Governo decise di mettere in programma la costruzione di nuove centrali per 12 GW entro il 2000 per ridurre la dipendenza dalle potenze energetiche estere ampliando il mix energetico nazionale. Il 26 aprile 1986 si verificò il disastro di Chernobyl. 

A questi eventi va detto che nel 1987, l’anno del referendum, il contesto politico era caratterizzato dall’asse DC-PSI con forte presenza politica del PCI. In quell’anno l’Italia era attraversata da importanti riflessioni e la battaglia tra De Mita (DC) e Craxi (PSI) finì con le dimissioni di Craxi da Capo del Governo. Le elezioni del giugno 1987, decretarono il potere della DC che con Ciriaco de Mita aveva stabilito il rilancio del nucleare ma che poi si schierò a favore del all’arresto del programma nucleare insieme al PCI per paura di perdere consensi. 

Il referendum si svolse dopo le elezioni e la vittoria dei sì fu ovvia conseguenza della situazione politica ancora una volta assoggettata al mantenimento del potere a discapito degli interessi nazionali e i cittadini italiani, come sempre, si lasciarono guidare oltre che da forti pressioni mediatiche, dalle emozioni, e dalla paura. Dal 1987 ad oggi, la storia delle nostre azioni in seno all’energia è stata controllata da una crescente azione da parte dei verdi e dei radicali, essendo declinate le potenze politiche convenzionali quali DC, PSI, PCI. È inevitabile parlare di politica per fare un focus sulle strategie energetiche. Erano anni in cui i consumi energetici aumentavano costantemente in particolare quelli di elettricità (+37% tra il 1981 e il 1991). 

Nell’agosto 1988, a soli nove mesi dal referendum sul nucleare, il governo presieduto ancora da Ciriaco De Mita, uomo sicuramente attento al mantenimento della leadership, approvò il nuovo Piano energetico nazionale (Pen) che ad esempio proponeva di aumentare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili del 44% entro il 2000. Per attuare concretamente il Pen nel gennaio 1991 vennero poi approvate la legge 9 dedicata alla ricerca e sfruttamento degli idrocarburi e la legge 10 dedicata alla promozione dell’efficienza energetica e allo sviluppo delle rinnovabili. A questa legge fecero seguito una serie di indicazioni su cosa si dovesse fare per aumentare la produzione da fonti rinnovabili e incentivare il risparmio energetico ma anche l’utilizzo del gas considerato fonte alternativa al petrolio e derivati. Pensare che questa scelta fosse in qualche modo “non condizionata” appare difficile poiché La scelta di campo a favore dei fossili dei primi anni 90 visse un altro decisivo momento. 

Nel passaggio finale di approvazione della legge 10, infatti, qualcuno ben addestrato, inserì accanto alle rinnovabili le cosiddette fonti assimilate. Per “fonti assimilate” si intende la cogenerazione (cioè la produzione combinata di elettricità e calore). Le fonti assimilate sicuramente sono esempi di un modo efficiente di usare l’energia (lato produzione) che meritavano di essere stimolate, ma mettendole sullo stesso piano delle rinnovabili si è chiusa la porta a un possibile sviluppo di queste ultime che sarebbe arrivato solo dopo oltre 15 anni, sempre grazie allo stimolo di una direttiva europea, la quale obbligò il nostro Paese a promuovere efficienza energetica e fonti di energia rinnovabili attraverso un nutrito pacchetto di direttive in materia. In effetti dagli anni 2005-2006 assistiamo a una diminuzione dei consumi energetici complessivi, a un calo delle importazioni, a un rapido aumento della produzione da fonti rinnovabili e della loro quota sul totale dei consumi. Il settore purtroppo cresce male, forte di una serie d’iniziative private puramente speculative e lontane da uno sviluppo gestito da saperi e tecnologie che in Italia non mancavano e non mancherebbero.

Lo stop agli incentivi e i provvedimenti retroattivi da parte dei governi del periodo che forse non meritano cenno vista l’incapacità espressa, appaiono poco comprensibili. Il brusco stop che dal 2014 si è poi protratto per lunghi anni contribuendo a rallentamento del comparto ricerca. Solo recentemente il settore torna ad affacciarsi, con iniziative che oggi includono anche impianti di accumulo insieme ad altre modalità di produzione stand-alone.

Per quanto si possa dire del nucleare, va detto che c’è davvero molta disinformazione e tanta politica del terrore oggi meno condivisa. Il settore nucleare mondiale si è evoluto anche grazie alla partecipazione dell’Italia nel settore della ricerca e dello sviluppo. Le nostre Università, fra tutte citiamo i politecnici (Torino, Milano, Bari) e l’università di Pisa, partecipano pienamente al programma di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie. In Francia ad esempio, Fincantieri partecipa al consorzio RFX nell’importantissimo progetto ITER, una centrale sperimentale al plasma, la quale utilizza il confinamento del plasma all’interno di un fortissimo campo magnetico in cui, per produrre energia si utilizzano il deuterio che viene estratto dall’idrogeno quindi dall’acqua e il trizio che risulta essere presente nelle acque di falda. Una fusione nucleare che punta ad ottenere enormi quantitativi di energia senza fare scorie con elementi che sono nell’acqua.

Questo per dire che riprendere un programma nucleare non sarebbe così faticoso se si facesse la scelta di costruire 2/3 centrali contemporaneamente, anche di 3° generazione. Per la IV° generazione servono ancora studi soprattutto per la loro scarsa economicità. Riprendere il programma nucleare insieme a incentivazione della produzione da rinnovabili, soprattutto con il fotovoltaico di prossimità ad esempio con la creazione di Comunità Energetiche anche condominiali (si pensi ai mq disponibili sui tetti dei condomini milanesi) meno con l’eolico off-shore perché troppo costoso, incentivare la ricerca per sistemi di produzione innovativi come il micro e mini eolico con accumulo, naturalmente dove ci sia vento come in montagna o nelle isole dove i valori di velocità del vento in alcune zone possono essere interessanti (il vento si crea con il delta delle temperature a terra e in quota quindi spesso anche di notte a differenza del fotovoltaico), e al tempo stesso favorire i rapporti  con Algeria e Libia per i fossili e con le quali forse abbiamo maggiori possibilità di successo, sembra del tutto ragionevole per non avere problemi di sostenibilità del benessere raggiunto. 

Parlerei di accumulo del gas ad esempio, con i rigassificatori già progettati ma stoppati per via delle forti proteste delle comunità locali certo spinte da venti politici, ma anche di idroelettrico riattivando molte centrali presenti su dighe e fiumi, e oggi ferme per mancanza d’incentivi e costi dell’energia purtroppo aggravati da un infinito elenco di interessi pilotati, soprattutto se queste vengono gestite dai Consorzi di Bacino o privati. Oggi poi si affacciano sul mercato anche le cosiddette mini-centrali nucleari di IV generazione, ne esistono di varie tecnologie, ma il tratto comune è che sono piccole e compatte: in pratica, dei cilindri di metallo grandi come un paio di container, che contengono il nocciolo col combustibile e il generatore di vapore. All’interno il calore del nocciolo trasforma l’acqua in vapore, che aziona una turbina esterna e un alternatore che produce energia.

I vantaggi rispetto alle centrali tradizionali sono diversi. I cilindri possono essere assemblati in fabbrica e trasportati sul posto, anche in luoghi remoti, riducendo i costi. Possono essere aggiunti più moduli per aumentare la potenza. Date le ridotte dimensioni dei cilindri, l’acqua e il vapore si muovono da soli col calore, e non servono pompe, che possono guastarsi come a Fukushima. Una centrale a moduli occupa il 10% dello spazio di una centrale tradizionale, con costi e impatti ambientali inferiori. Ma soprattutto, i mini-reattori modulari permettono di usare combustibili non convenzionali che durano di più, e quindi riducono la produzione di scorie: il rifornimento radioattivo va fatto ogni 3-7 anni, contro 1-2 per le centrali tradizionali.

Io credo sia giunto il momento di fare delle scelte che guardino all’ecologia ma anche all’autonomia energetica nell’ottica degli interessi nazionali e del benessere anche per le famiglie meno abbienti. Ad esempio appare discriminante la scelta della Giunta milanese a trazione verde, che chiede alle famiglie spesso con problemi, di vivere nelle loro case con 18 °C, cosa fattibilissima se a monte l’appartamento fosse isolato correttamente poiché dopo l’arresto del riscaldamento o del raffrescamento, scendere o salire di temperatura di 5/6 °C ci vuole poco. Peraltro si parla di condomini MM, spesso da ristrutturare. Oggi siamo ancora sotto il giogo della politica radicalizzante dei verdi e in una situazione di dipendenza estrema dalle potenze energetiche con fatture da più di 40 miliardi di euro annui. Anche a Milano servono decisioni da parte dei cittadini per limitare la dipendenza della Città dalle scelte di politici sprovveduti.

Gianluca Gennai

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  1. Antonella NappiCi manca solo la centrale nucleare ancora. Teniamoci i gas russi, nel frattempo facciamo energia dal sole ben fatta e non mafiosa. Smettiamo di autodanneggiarci con le sanzioni. Non torturiamo i russi e aiutiamo gli ucraini a far pace. Non torturiamo gli ucraini con il fargli fare guerra per gli americani. Vediamo di far vivere i popoli, senza le ambizioni fasulle del far danaro. Vivere, così come si può. Ragionare di più con meno energia. Conserviamo i trattati di pace e facciamoli applicare con il convincimento. Anche i Russi hanno diritto a non avere la Nato alle porte.
    6 aprile 2022 • 11:45Rispondi
  2. Gianluca GennaiGentile Sig.ra Nappi, le sue sono parole sulla pace che condivido. Condivido anche l'idea del risparmio di energia come obiettivo primario e davvero vocato all'ecologia, ma questo è un argomento complesso e tocca i modi usi e costumi della società di oggi. Non condivido la sua posizione sul gas non per la Russia ma come concetto, perché importare fonti energetiche "tout court" quando potremmo essere maggiormente autonomi? Non condivido la posizione sul nucleare che vedo come possibilità concreta e del tutto compatibile con lo sviluppo delle nuove tecnologie, in particolare per l'energia rinnovabile ad oggi (ahimè) lontane da garantirci un'autonomia energetica. Mi lasci dire che sull'argomento "tecnologie" potrei scrivere e lo farò volentieri avendo partecipato e vinto il premio europeo EnelLab 2013 riservato a start-up private e spin-off universitarie, con il progetto "Servento eolico autostradale" del tutto innovativo che sfruttava lo spostamento d'aria dei mezzi pesanti per produrre energia elettrica attraverso una micro turbina eolica. Anch'esso facente parte di una progettualità innovativa ma molto lontana da dare energia sufficiente per essere definita fonte alternativa anche se degna di ulteriori approfondimenti nell'ambito della ricerca. La ringrazio per l'interessamento.
    6 aprile 2022 • 14:36Rispondi
  3. Luigi CalabroneNegli anni '50 e '60 del secolo scorso, quando si aveva una fiducia enorme nel progresso e nella razionalità della tecnica, le centrali nucleari potevano essere considerate una scelta valida anche per l'Italia come fonte di produzione di elettricità. Ma poi si è visto che costruire una c.n. in un paese densamente abitato come il nostro rappresenta una grave fonte di pericolo per le popolazioni civili che vivono ed abitano nelle vicinanze. (La Francia ha metà della densità italiana). Inoltre, abbiamo tutti constatato che negli ultimi trent'anni non si è riusciti a trovare neanche il "sito unico nazionale" per il deposito delle scorie, uno dei più gravi punti deboli di ogni sistema di centrali nucleari, e una patente dimostrazione dell'incapacità amministrativa italiana. Ancora oggi, una parte consistente della bolletta elettrica è dedicata allo smaltimento delle centrali n. a suo tempo costruite. Abbiamo visto che l'amministrazione pubblica italiana è debole e scoordinata nel trattamento di emergenze che interessano gruppi di popolazione - ultima l'emergenza Covid - anche in funzione dell'esistente disordine/conflitto di competenze tra governo, regioni, comuni, eccetera. C'è da pensare che nel disgraziato caso in cui si verifichi un "incidente nucleare", in Italia ci sarebbe una grande difficoltà a gestirlo, e che sarebbe compromessa la vivibilità di intere provincie/regioni. Anche la guerra in corso in Ucraina ha riaperto il capitolo Chernobil e dei pericoli dei residui/scorie nucleari e ci ha di nuovo sensibilizzato sui rischi connessi alla costruzione/gestione di queste centrali. Usiamo il buon senso e cerchiamo di pensare alle nuove generazioni. Il nostro paese è già molto inquinato, e già spendiamo somme enormi per ripulirlo dei danni che abbiamo incoscientemente causato negli ultimi due secoli. Vogliamo lasciare ai nostri figli/nipoti un'altra pesante eredità? Non bastano gli altri gravi problemi che di cui già soffrono?
    19 aprile 2022 • 19:27Rispondi
  4. Gianluca GennaiGrazie per il suo interessamento Sig.Luigi. Quello che scrive è un insieme di eventi tra i quali quello l'incidente nucleare estremo che certo, qualora accadesse sarebbe certamente critico ma non catastrofico e sicuramente non paragonabile a quello che accade in conseguenza dell'uso di altre tecnologie per produrre energia (escluso elementi naturali). Quanta probabilità c'è che accada un incidente grave nelle centrali di ultima generazione (3°)e quella a venire? (4°e fusione). Per la 3° e la 4° generazione la % d'incidenti gravi registrata non consente di poter fare una statistica a causa della rarità (2 o 3 casi gravi nella storia). Per le centrali a fusione, non esiste la possibilità di rilascio radiattivo. Il calcolo strutturale prevede il contenimento dellaa fusione del nocciolo del reattore (o per derivazione dall'inglese meltdown nucleare), viene utilizzato informalmente per indicare un tipo di incidente nucleare grave a un reattore che consiste nel danneggiamento del nocciolo per surriscaldamento. Purtroppo l'impatto mediatico e una politica speculativa, hanno fatto in modo che la popolazione si stagni nel pensiero negativo rispetto a una tecnologia deltutto praticabile in sicurezza. Anch'io penso alle nuove generazioni italiane che a differenza di quelle francesi ad esempio, dovranno purtroppo rivedere il concetto di benessere economico se i governi recenti non compiranno una manovra radicale di politica del sostegno energetico tendente all'autonomia. Infine darei anche un punto di vista ecologico ribadendo l'assoluta compatibilità delle centrali nucleari con le politiche green. Concludo con una riflessione personale: sarei estremamente contento se riuscissimo in 50 anni a dare al mondo una fonte di energia a rischio zero, a impatto zero ecc. Mi creda, c'è sempre da trovare un compromesso tra il progresso volto al benessere e il rischio intrinseco che quella data tecnologia ha.
    20 aprile 2022 • 16:55Rispondi
  5. Luigi CalabroneGentile Gianluca Gennai, nella Sua pregevole risposta porta solo argomenti tecnici, tutti futuribili. Ma stiamo con i piedi per terra: Lei non affronta - come sarebbe necessario - il problema dell'attuale (e che durerà almeno per i prossimi decenni) incapacità amministrativa dello stato italiano, di cui è dimostrazione il fatto che da quando, negli anni '60 del secolo scorso (60 anni orsono!) è iniziata l'installazione degli impianti nucleari (4 per la produzione di energia elettrica, oltre agli impianti di ricerca, ecc., ai dispositivi medici, ecc.) nel nostro paese non si è ancora riusciti neanche a decidere dove costruire l'impianto di stoccaggio dei rifiuti. (Noi non abbiamo "colonie" - proprio così) come i nostri vicini francesi, in cui, in un modo o nell'altro, far sparire la porcheria nucleare: dobbiamo tenercela in casa, nelle situazioni indecenti e pericolose di oggi, o spedirla a pagamento all'estero, fino a che i nostri treni-spazzatura non saranno fermati/rispediti indietro dagli ecologisti locali. Se non siamo riusciti a risolvere neppure un problema "statico" (non di emergenza!), figuriamoci come la nostra Pubblica Amministrazione potrebbe gestire un problema "dinamico", come sarebbe un incidente nucleare? Non voglio neppure pensarci. Questo è il principale motivo, di governo del territorio e delle emergenze, che rende del tutto sconsigliabile, almeno fino a quando la nostra P.A. superi la situazione di marasma attuale, l'installazione di nuove centrali. (Tra l'altro, purtroppo, dalle cronache della attuale guerra in Ucraina si capisce l'enorme pericolosità degli impianti in caso di conflitto: dobbiamo solo sperare che i russi, o gli ucraini abbiano buona mira/buoni sistemi di puntamento; altrimenti l'Europa potrebbe essere di nuovo coinvolta in un incidente di contaminazione, magari ancor più disastroso del precedente!). Noti che il marasma amministrativo italiano è stato ancor più peggiorato dall'ultima riforma costituzionale (come dagli scritti del giudice costituzionale Sabino Cassese) che ha pasticciato la materia delle competenze concorrenti tra stato, regioni, comuni, eccetera, e che quando Renzi ha tentato di fare pulizia con il suo referendum, la maggior parte degli italiani si è coalizzata per mantenere l'attuale disordine. L'industria nucleare presuppone l'esistenza di un "sistema paese"; fino a quando rimarrà l'attuale anarchia, sarebbe da folli aprire qualsiasi nuovo impianto.
    20 aprile 2022 • 18:32Rispondi
  6. Gianluca GennaiSu questo argomento convengo in parte con Lei Luigi, anch'io non sono certo contento dei nostri governanti a partire da Milano. Mi chiedo e Le chiedo se questo significhi la paralisi dello sviluppo in qualsiasi direzione si voglia andare. Il teorema proposto stabilisce che un Governo di un paese dovrebbe essere capace di garantire sicurezza e sviluppo eco-sostenibile ma anche di pensare alle strategie di sostenibilità economica. Ha ragione sulle incapacità e spesso l'impreparazione dei nostri governanti, ma ciò mi autorizza a dire che non sono le centrali nucleari a non dover essere costruite, se mai dovremmo costruirle bene e ancora meglio esercirle, dunque dovremmo cambiare il sistema di governo del Paese innescando un meccanismo di valutazione differente da quello odierno rispetto al voto, alle scelte di chi dovrà sedersi nel Parlamento e decidere per noi. Ho l'impressione che ci sia anche un eccessivo scetticismo rispetto alle potenzialità italiche su questo argomento, sulle quali mi sentirei autorizzato a dire che dovremmo liberarci da questa sfiducia tecnica, del tutto infondata, visto che in Italia non abbiamo mai avuto un incidente nelle nostre centrali di prima generazione e che oggi partecipiamo pienamente a progetti europei sull'atomo (a partire dal progetto Iter e al Cern). Aggiungerei che non abbiamo mai smesso di lavorare nel settore nucleare all'estero anche come Enel oltre ai Centri di Ricerca e Sviluppo sia universitari che governativi.L'abbiamo fatto in silenzio, senza enfasi anche nel rispetto delle volontà e delle sensibilità degli Italiani che su questo argomento sono fin troppo sensibili. Capisco le sue preoccupazioni, tuttavia preferisco pensare a generazioni a venire in grado di decidere del proprio futuro senza dipendere da altri e questo nei prossimi 50/80 anni, è possibile solo se produciamo energia in modo autonomo. Rispetto al fatto delle densità e degli spazi geografici in cui poter costruire centrali nucleari, lo studio individua le pianure del nord in Continente e le isole maggiori. Parla della Francia e dei suoi spazi, sa quante centrali nucleari ha ? 56 dell quali 18 in funzione. impossibile dunque non avere vicinanze con aree abitate. A noi ne basterebbero 4/5 per coprire quel 15/20% d'energia che ci manca e per costruirle lontano da concentrazioni d'abitato, non credo avremmo problemi, anche solo costruendole dove sono le attuali. Sugli spazi tecnici poi, anche volendo pensare al fotovoltaico o l'eolico, dovremmo riflettere sui territori agricoli da dover ridurre. Anche le stesse centrali idroelettriche necessitano di spazi per le condotte e per i manufatti di stoccaggio dell'acqua (dighe, invasi, barriere, opere di presa, canali di contenimento, ecc.). Sull'eolico mi viene da dire che l'off-shore potrebbe svilupparsi in modo da abbattere i costi di realizzazione, tuttavia è osteggiato da ambientalisti e cittadini che si vedrebbero limitare la visuale di relax. Una visione umanistica su aspetti tecnici ci sta, dunque basterebbe riflettere ma senza pregiudizi e forse con una maggiore fiducia in questo settore che infondo ci fa pensare al sole, un enorme centrale termo nucleare.
    21 aprile 2022 • 09:07Rispondi
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