31 maggio 2022

ANCHE MILANO NELLA TEMPESTA PERFETTA: CHE FARE SUBITO?

Un “esercizio creativo” per combattere l’inquinamento e migliorare il clima


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Il confluire in questo inizio del 2022 di crisi climatica, pandemica e energetica, quest’ultima resa drammatica dalla guerra in Ucraina, ha scatenato la tempesta perfetta che sta mettendo in discussione non solo aspetti importanti della politica economica nazionale, ma anche il modo con il quale abbiamo progettato, costruito e gestito nell’ultimo secolo l’ambiente artificiale in cui viviamo.

Ci stiamo accorgendo, o dovremmo farlo, che aver permesso uno sviluppo insediativo fondato esclusivamente sulla mobilità meccanizzata, energivora e inquinante, che soffoca le città, aver progettato e costruito edifici senza alcuna attenzione al consumo di risorse non rinnovabili, costosi da gestire e fatti per durare molto più a lungo della loro vita funzionale quindi destinati a riempire lo spazio urbano di carcasse vuote e inamovibili, aver coperto il territorio di asfalto e cemento alterandone l’equilibrio idrogeologico, creando isole di inquinamento e di calore per renderle vivibili le quali ormai si consuma più energia d’estate che in inverno, sta trasformando quel bene prezioso che è la nostra città in una trappola sempre meno sana e gestibile.

Quanto sia anomala la situazione di Milano dal punto di vista del clima e dell’inquinamento, e quanto tutto ciò incida sulla salute (e sul tasso di mortalità) dei suoi cittadini è ampiamente noto, anche se alla diagnosi non è mai seguita una terapia adeguata. 

Tanto da arrivare pochi giorni fa alla condanna dell’UE all’Italia, con relativa multa milionaria, per “sistematica e continuativa” mancanza di rispetto da parte di alcune città italiane, Milano in testa, dei valori massimi accettabili di NO2 imposti a partire dall’ormai lontano 2011.

Il quadro di partenza è questo. Il cocktail di sostanze inquinanti gassose e non (dal biossido di azoto alle polveri sottili) che ci sorbiamo a Milano è prodotto soprattutto dagli impianti di riscaldamento e  dal traffico veicolare, in misura ormai minore dalle attività produttive, nonchè dalle alte temperature estive (ozono). Il tutto con l’aggravante di essere al centro di un hinterland diffusamente costruito, e non meno inquinato di Milano.

E sappiamo che per quanto riguarda il clima le cose andranno sempre peggio: il Crowther Lab nel 2019 ha previsto che, considerando il riscaldamento globale e se manteniamo i consumi energetici attuali, il clima a Milano nel 2050 sarà come quello di ora a Dallas, Texas, con un aumento medio sull’anno di 3°C, e estivo di 7°C, rispetto a ora, in un contesto geografico oltretutto assai meno favorevole di quello di Dallas. 

Ma a ciò ora si aggiunge il problema delle risorse energetiche, che potranno scarseggiare e rendere sempre più costoso il mantenimento di un accettabile comfort ambientale in futuro. 

Qualcosa si sta facendo, certo: piani come Aria Clima sono attenti ai problemi e comunque utili. Ma questa tempesta perfetta non arriverà nel 2030 o nel 2050, date previste dagli obiettivi di piano e nelle quali (forse) saremmo pronti a contrastarla: è in atto ora.

E’ singolare che tutti gli studi sull’ambiente si concentrino su ciò che bisognerà fare per migliorare l’ambiente entro il  2030 o al 2050, ma poca attenzione è rivolta a quali passi possiamo o dobbiamo compiere adesso, subito, per arrivarci.

Continuiamo a fare gli struzzi nascondendo l’inefficienza dietro a acronimi sempre più criptici, ma è inutile guardarci intorno attendendo miracolose iniziative di non ben precisate commissioni future, di ciò che accadrà nei prossimi 2 – 3 anni ci siamo solo noi a dovercene occupare, e, visto che la tempesta è già iniziata, domandiamoci cosa possiamo realisticamente fare nella nostra città per migliorarne la vivibilità, ma non tra dieci anni: da SUBITO.

Vediamo intanto che accadrà se continuiamo a fare ciò che già stiamo facendo. Tra 2-3 anni bruceremo meno gas o gasolio per riscaldarci d’inverno ma terremo accesi i condizionatori per più mesi, perchè le temperature continueranno inesorabilmente a salire. Consumando come ora, con buona parte dell’energia elettrica prodotta da combustione e dipendenti come siamo dal gas russo ma non solo, chi potrà garantirsi il benessere termico abituale spenderà sempre di più, e chi non potrà starà sempre peggio.  

Inquineremo forse un pochino di meno? No, le polveri sottili non diminuiranno, essendo ormai dimostrato che sono prodotte in gran parte dal materiale di cui sono fatte le strade e dall’usura dei mezzi di trasporto meccanici, che siano elettrici o no. Oltretutto, data la ancora modesta diffusione della mobilità elettrica, e i modesti effetti della mobilità ciclabile sui traffici pendolari, se manteniamo i livelli di traffico attuali clima e inquinamento non potranno che peggiorare. 

Sappiamo tutti che per ridurre l’inquinamento, ma anche l’isola di calore, (il milione di motori delle auto in circolazione in città dalla mattina alla sera non aiutano certo) la cosa più importante da fare sarebbe ridurre drasticamente il traffico automobilistico. 

L’Università di Lund ha appena completato un’ampia ricerca sull’efficacia dei diversi provvedimenti presi a tale fine in 24 aree urbanizzate nel mondo.  Le opzioni sono quelle già ben note, ed è dimostrato che per funzionare, riducendo il traffico di una percentuale a due cifre, c’è un solo modo: combinare il bastone e la carota. 

Da un lato rendere sempre più oneroso l’accesso, la circolazione e la sosta alle auto in città, dall’altro garantire mezzi pubblici di interscambio e sostitutivi convenienti ed efficienti, e un ambiente visibilmente più vivibile. 

La via comune è quella di abolire il privilegio di usare gratis o a costi irrisori lo  spazio pubblico per movimento e sosta di tutti i mezzi di trasporto privati. Si paghi per ogni sosta sul suolo pubblico, e si paghi per ogni ingresso nei confini urbani. E qui da SUBITO si può fare di più, rivedendo confini di aree, tariffe e privilegi.

Lo so, è un concetto sacrilego per un popolo che ritiene suo diritto posteggiare auto e moto dovunque, anche sui marciapiedi o in doppia fila, ma la congestion charge o altri provvedimenti simili con nomi diversi è la via obbligata.

Però per far camminare l’asino manca la carota. I mezzi pubblici, penso soprattutto a quelli interurbani, più efficienti. Che vuol dire treni e bus in orario, frequenti, garantiti, non troppo affollati, economici….

Ma ahimè, finchè il padrone dell’asino usa solo il bastone e non si dà da fare a trovare le buone carote suddette l’asino farà di tutto per restare dov’è, riottoso e arrabbiato. E continueremo ad essere sommersi dal traffico di chi è disposto a tutto pur di non cambiare abitudini e perdere privilegi.

Vi sono poi altri fattori sui quali si può agire. 

Per quanto riguarda ancora l’isola di calore urbana e il consumo energetico, non dimentichiamo che climatizzare uno spazio chiuso d’estate non vuol dire eliminare il calore e umidità, vuol dire prenderli da un ambiente interno, consumando molta energia, per scaricarli pari pari nell’ambiente esterno.

Se vogliamo ridurre SUBITO sia l’effetto isola di calore che lo spreco di energia si deve quindi, cosa questa già possibile, ad esempio imporre davvero ai negozi di tenere chiuse le porte (sia d’estate che d’inverno), ma anche arrivare al controllo serrato, ovviamente a campione, delle temperature massime e minime in ogni ambiente chiuso sia pubblico che privato: compresi appartamenti, uffici, ecc..  Impresa temeraria? Basterebbe assumere da SUBITO un numero adeguato di controllori, pagati con il ricavato delle multe (salate) inflitte a chi non sarà in regola.

Andiamo avanti con il nostro esercizio, e domandiamoci come intervenire sin da ora sul contrasto al calore estivo e all’inquinamento, utilizzando la natura: lavorando sul verde.

Il programma di forestazione urbana, anche se preso molto seriamente, e non sarà facile che lo sia (ForestaMi dovrebbe piantare tre milioni di alberi entro il 2030, ma quali, dove e come?) potrà avere effetto sull’isola di calore e sull’inquinamento gassoso, ma non certo subito.  

Un albero piantato adesso, alto ad andar bene tre-quattro metri e poi regolarmente innaffiato e  ben curato (speriamo), per raggiungere una dimensione tale da contribuire efficacemente al clima ci metterà non meno di cinque anni. 

Cioè anche se si piantassero trecentomila alberi all’anno fino al 2030 l’effetto di ForestaMi sul clima e sull’inquinamento milanese prima di allora sarà praticamente zero.

Dunque che altro possiamo fare da SUBITO per aumentare la quota di verde? 

Si può rendere obbligatoria per tutte le aree private e pubbliche non pavimentate, ad esempio le aree dismesse (la mappatura già esiste, basta usarla), la semina a prato con messa a dimora di arbusti. Il costo è modesto e il prato lasciato rustico con qualche arbusto anche se ha una capacità di termoregolazione e captazione della CO2 inferiore a quella degli alberi, almeno la garantisce con efficacia immediata e non dopo anni. Dopo va benissimo aggiungere al prato i famosi alberi di cui sopra, per benefici più elevati ma più a lungo termine.

I tetti verdi (che di fatto sono prati rustici sopraelevati) potrebbero apportare benefici più rapidi? Ma certo: però provate a guardare Milano dall’alto su Google Earth, per rendervi conto di quanto pochi siano gli edifici con coperture adatte per inclinazione, superficie ed esposizione. E bisogna che i proprietari dei condominii decidano graziosamente di realizzarli per il bene comune e di  assumersene la manutenzione….Vogliamo davvero continuare a crederci?

In ultimo un provvedimento rapido ed efficace per ridurre almeno l’irraggiamento solare sugli edifici sarebbe adottare la tecnica dei “cool roofs” ovvero imporre il trattamento con speciali vernici riflettenti su tutte le coperture piane e su quelle a falde inclinate esposte a Sud. 

I materiali adatti per farlo sono noti, il lavoro, abbastanza rapido e poco costoso, consentirebbe di riflettere verso il cielo la maggior parte della radiazione solare incidente dal 20% circa delle coperture esistenti, con vantaggi diretti non solo sull’isola di calore urbana ma anche, rilevanti, sul costo di climatizzazione dei locali sottostanti. 

Un trattamento noto e diffuso in molte nazioni (in USA esiste il Cool Roofs Council e alcuni stati impongono che le nuove coperture abbiano questo tipo di prestazione), ma  inspiegabilmente ignorato dal PIano Aria Clima.  

Se invece di sprecare risorse pubbliche per regalarle ai privati con i vari bonus e superbonus queste fossero state utilizzate per agevolare interventi come questi ultimi, il beneficio lo avrebbero goduto tutti, e non pochi furbi o fortunati.. 

Il mio esercizio creativo su ciò che si si potrebbe fare SUBITO per migliorare clima e inquinamento è finito qui. Forse ha fatto sorridere qualcuno, e anche io in fondo temo che sia stato vano: siamo nel paese in cui questi esercizi annegano innanzitutto nella paura di scontentare gli elettori, paura che si traduce tra l’altro nell’italica allergia ai controlli e alle sanzioni, poi nel buco nero della burocrazia, nelle paludi normative, nel deserto del senso civico, nel vapore dei dibattiti, ecc, ecc…

Giorgio Origlia

 



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  1. XavierGrazie Giorgio, ottime idee. Ha fatto benissimo a ribadirle. Spero che la sua conclusione pessimista non riduca l'indignazione se non verranno realizzate
    1 giugno 2022 • 08:04Rispondi
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