24 febbraio 2021

LA CASA DELLE DONNE

Che fa il Comune, le caccia?


L’alterità dell’intelligenza femminile cresce dalle discussioni tra donne, dal valorizzare i nostri desideri e le nostre capacità. È un esercizio politico e culturale molto importante quello che facciamo alla casa delle donne di Milano. Attente ad ogni altro movimento politico di donne, ad ogni elaborazione femminile nelle associazioni di femministe vogliamo dare il nostro apporto di analisi della società in cui viviamo e del contesto naturale e sociale dell’intero pianeta.

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Nella legge di Bilancio 2020, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30/12/2020 (articoli 1134-1139) sulle “attività di promozione della libertà femminile e di genere” si afferma tra l’altro (art. 1137) che le amministrazioni locali “concedono l’utilizzo collettivo di beni immobili appartenenti al patrimonio pubblico in comodato d’uso gratuito alle associazioni che gestiscono luoghi fisici di incontro, relazione e libera costruzione della cittadinanza, fruibili per tutte le donne…”

Eppure sembra che proprio il Comune di Milano voglia chiudere la casa delle donne della città. Infatti nella delibera comunale del 15/1/2021, attesa perché doveva finalmente definire l’assegnazione degli spazi delle case delle donne che da molti anni è in via Marsala 8, si tace l’associazionismo tra donne.

O meglio si dice “Linee di indirizzo per la concessione in uso terzi di alcuni locali dell’immobile sito in via Marsala 8 da destinare ad attività sociali, culturali, educative e/o formative e per la partecipazione attiva dei cittadini alla cura, alla gestione condivisa e alla rigenerazione di altri locali dello stesso immobile”.”……alla cura “, lì forse si parla di noi!

Ci vogliono ricacciare a fare il lavoro di sostegno di tutte le relazioni sociali e di tutte le necessità umane come nel passato che abbiamo accusato. Ci vogliono impegnare ancora e sempre per la società condotta tra maschi, soprattutto per i politici maschi che non si fanno veder vivere, per protagonisti che non si espongono al racconto di sé stessi e dunque neppure loro stessi si conoscono. Non si sanno i politici, non conoscono i sentimenti che provano per la propria vita privata, relazionale, sessuale, perché non si interrogano esplicitamente. Non si dichiarano nel lavoro di cura che fanno e non fanno. Non sanno per questo chi siano i cittadini di cui decidono la vita: non sanno la vita degli altri; tutto il discorso politico che fanno è astratto dalle esperienze del vivere, tanto più da quelle che fanno le donne.

Vogliamo un luogo di incontro, vogliamo ci sia dato senza altre pretese. Ristrutturarlo l’abbiamo già fatto ma non è questo calcolo economico che ci aspettiamo dal Comune bensì un calcolo culturale e politico, un investimento nelle capacità delle donne escluse per secoli da ogni decisione che non fosse l’aiutare l’esistenza, l’espressione, la realizzazione dei maschi. Pretendiamo ci venga dato in comodato proprio a noi che abbiamo già dimostrato per anni di fare molte attività relazionali, culturali e politiche da noi scelte.

Vogliamo ci vengano assegnati gli spazi gratuitamente come investimento sulle libertà femminili, sulla possibilità delle donne di elaborare una loro capacità politica non asservita a partiti maschili e ad Istituzioni maschili. Ci sono le donne anche in quelli, certo, ma possono dire la loro con maggiore libertà e inventiva se sentono anche altre donne impegnate a rafforzare una visione del mondo del tutto femminile.

Chiediamo alle donne della politica e delle istituzioni di schierarsi dalla nostra parte, non perché noi si sia più impegnate di loro, ma perché l’esercizio dell’intelligenza tra donne produce una maggiore libertà per tutte nel confronto quotidiano che abbiamo con le esperienze che gli uomini hanno sviluppato per secoli tra loro. Esperienze di poca riflessione interpersonale, di poca conoscenza dei loro sentimenti e del perché delle loro ambizioni. Agire senza dichiarare che cosa si vuole per sé stessi fa della politica un luogo di bugie, di tattiche e strategie personali che non hanno nessuna attenzione per i cittadini. Vi chiediamo di concederci lo spazio che vi domandiamo per potervi mettere a confronto con il diverso che le donne sanno fare.

Ambienti in comodato devono essere concessi non per ristrutturare come la logica imprenditoriale concede per questioni economiche e lavoro di cura ma per guadagnare lavoro politico, cultura e innovazione relazionale. Come avete già scritto a livello nazionale, appunto! Applicatelo con il coraggio di chi ama l’umanità e la politica.

Diciamo subito che anche altre associazioni innovative la politica tradizionale devono ricevere sostegno. Quelle contestative l’uso dell’ambiente che è stato fatto; quelle che decidono per la loro zona di rifiutare interventi peggiorativi della vita; quelle pacifiste che contestano l’uso delle armi e queste produzioni; quelle che difendono la salute di tutto il vivente contro la diffusione di prodotti utili alla economia neo-liberale e non verificati ancora sulle ricadute potenzialmente dannose.

Antonella Nappi
Difendiamo la salute, Università degli studi Milano

Giovanna Cifoletti
Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales



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  1. Bianca botteroSono totalmente d'accordo. Aggiungo solo che l'impoverimento, fino all'annullamento, di qualsiasi politica di welfare e di qualsiasi iniziativa culturale disinteressata, cioè estranea alle regole del profitto, arriva ad essere così grave, e a Milano tanto più oltraggiosa , da ostacolare anche forme volontarie, totalmente ,generosamente , autogestite,
    3 marzo 2021 • 16:34Rispondi
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