29 ottobre 2020

UN NUOVO ECOSISTEMA PUBBLICO

Aperto a tutti i viventi, alimentato da tutte le culture.


La nostra cultura politica, molto distante da quella degli altri paesi europei soprattutto del centro nord dell’Europa, renderanno difficile l’utilizzo dei fondi europei che, come al solito, non riusciremo ad utilizzare completamente.

longhi

In due precedenti articoli (“Un Green Deal ispirato ad un nuovo Bauhaus” del 6.10 e “Una gestione dei dati rigeneratrice della democrazia” del 7.9) affrontavo le questioni dell’impianto finanziario comunitario (Green Deal+Recovery fund+Piano antipandemico) avvertendo il pericolo del settore pubblico ridotto a passivo erogatore di sussidi (da cui il deprimente ritornello: come spenderemo i soldi dell’Europa?) a fronte dell’aggressività degli erogatori di servizi (specie digitali) e di beni.

Riguardo agli erogatori di servizi digitali, da Evgeny Morozov(1) a Mariana Mazzucato(2) parlano di feudalesimo digitale, a causa della loro tendenza a sostituirsi alla pubblica amministrazione nella gestione di dati fondamentali, sia per la popolazione che per l’economia, mentre per la produzione e distribuzione di beni siamo di fronte ad una sostanziale ‘perdita di natura’ a causa del depauperamento dei beni comuni per l’iper sfruttamento delle risorse naturali.

Per ovviare a tale situazione l’Unione europea invita a una ricostruzione post pandemica diversa, grazie a un settore pubblico co-creatore di ricchezza. Le erogazioni del bilancio settennale e del Recovery fund sono da intendersi dunque come base per l’avvio da parte dei singoli stati di processi moltiplicatori di risorse. L’Unione con questo approccio propone una simmetria ed un’accelerazione degli obiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030 dell’ONU, a partire da: obiettivi 16-17 – rinnovare la governance attraverso partnership, obiettivo 3 – accesso alla salute per tutti, obiettivi 8-9-10 – ridurre le disuguaglianze, aumentare lavoro e innovazione, rinnovare le infrastrutture, obiettivi 13-14-15 salvaguardare i beni comuni terra, aria, acqua e contrastare i cambiamenti climatici.

In questa chiave propongo di leggere l’importante dotazione finanziaria che l’Italia ha a disposizione per i prossimi due anni, e che proseguirà, anche se in misura minore, per tutti i sette anni del bilancio appena approvato.

Il tema dunque non è come spenderemo, ma come co-creeremo nuova ricchezza grazie al rinnovo della governance, della sanità, della gestione dei beni comuni, dell’economia.

Co-creare una nuova governance.

Indubbiamente il passaggio dallo spendere al co-creare è un salto culturale non semplice non solo per la pubblica amministrazione, ma per l’intero ecosistema culturale italiano, poiché implica il passaggio da una mentalità di esecuzione a una ‘abilitante’. Una questione affrontata dall’importante think-tank australiano-neozelandese ANZSOG (e fatta propria dall’OCDE) il quale ha organizzato a beneficio delle pubbliche amministrazioni (non solo locali, in quanto in rete) una serie di webinar (sempre consultabili) denominati “Reinventing Government”.

Secondo il “paradigma abilitante” il ruolo centrale della pubblica amministrazione è creare le condizioni per cui le comunità possono prosperare, questo implica traghettare la pubblica amministrazione verso una gestione dominata:

  • dalla complessità, per superare la tradizionale gestione lineare;

  • da feedback rapidi, in cui è determinante la qualità delle relazioni umane, per creare alti livelli di empatia ‘pubblica’;

  • da processi di apprendimento e di sperimentazione continui, per aumentare la qualità della riconversione.

In pratica, secondo Thea Snow, promotrice del programma, questo significa applicare cinque elementi fondamentali: coltivare le relazioni, condividere il potere, operare con il system thinking, esercitare la leadership con umiltà, riorientare all’apprendimento.

Vediamo i singoli elementi:

– Coltivare le relazioni: la governance passa dal progettare specifici programmi finalizzati direttamente alla soluzione di specifici problemi all’investire in programmi che rafforzano le relazioni delle comunità. Questo approccio riconosce il ruolo critico che le relazioni umane giocano nello sviluppare la coesione sociale e la resilienza della comunità.

– Condividere il potere: piuttosto che prendere direttamente decisioni, il ruolo delle autorità pubbliche è identificare le persone e le organizzazioni della comunità che hanno padronanza di un argomento e affidano loro il ruolo di decision-making, supportandole perché possano esercitare questo ruolo nel miglior modo possibile.

– Operare con il “system thinking”: le pubbliche amministrazioni, per agevolare la transizione al paradigma abilitante, devono gestire il passaggio da un approccio riduzionista lineare ad uno che riconosce la complessità, come il system thinking, che opera per interazioni continue.

– Gestire con umiltà: il ruolo di un leader è sostenere le comunità a diventare più autonome, ad agire con empatia, ad aprirsi al controllo, ad ascoltare i cittadini e ad agire di conseguenza.

– Riorientare all’apprendimento: le agenzie pubbliche, devono superare il modello del

progettare linearmente soluzioni tecniche, per passare ad un modello incentrato sullo sviluppo della cultura dell’apprendimento. Questo approccio è necessario perché non esistono risposte semplici a problemi complessi, ed implica anche la considerazione della possibilità di fallire, che è profondamente estranea alla cultura delle agenzie pubbliche.

Data la complessità degli argomenti faccio un breve accenno su Co-creare una nuova sanità e una nuova gestione dei beni comuni, per sviluppare le opportunità di una nuova economia,

Co-creare una nuova sanità.

Le risorse di queste voci di bilancio sono condizionate all’elaborazione del piano anti pandemico e destinate alla ristrutturazione sanitaria (9,4 m.di), alla protezione civile (3,1 m.di), alla ricerca (11 m.di), ai lavoratori e alle imprese direttamente colpiti (55 m.di).

Ad oggi non disponiamo di nessuna linea di innovazione del sistema sanitario, per contro assistiamo a una gazzarra sull’utilizzo o no del prestito Mes. E’ evidente che gli interessi di rendita ‘sanitaria’ dei singoli feudi regionali stanno ignorando l’interesse nazionale all’indispensabile rinnovo dell’ecosistema sanitario. È superfluo sottolineare la crescente preoccupazione dei cittadini di fronte a tale indegno spettacolo.

Co-creare una nuova gestione dei beni comuni

Le risorse immediatamente disponibili sono quelle del Fondo per la transizione ecologica (40 m.di), ma bisogna ricordare che l’intero bilancio settennale ha come priorità il “Green deal”.

La posizione dell’Italia rispetto a queste risorse è problematica: benché su di esse si fondi il nostro rinascimento, l’Italia dispone solo di un generico piano di adattamento al cambiamento climatico (2017), nessuna attenzione è stata dedicata all’inventario sistematico delle risorse (abbondantemente finanziato negli anni passati con i piani TEEB, tesi a rilevare il valore economico degli ecosistemi naturali). Qui bisogna anche ricordare l’assenza dell’ecosistema della progettazione (ordini professionali in primis), poco impegnato nel suo complesso a rinnovare servizi e prodotti. Ma è sull’implementazione di questi punti che si gioca la rigenerazione ambientale ed economica del nostro paese.

Co-creare una nuova economia

Le postazioni di bilancio relative all’economia sono quelle che più si prestano alla co-creazione, esse sono indirizzate:

– alla transizione energetica, con i programmi Solvency e Invest per 46,3 m.di che dovrebbero attrarre 450 m.di con il metodo Junkers, di cui parlerò più avanti;

– all’agricoltura, con il “Fondo dai campi alla tavola” che aumenta di 15 m.di il Fondo rurale;

– all’implementazione dei settori strategici, con:

– il Piano di ripartenza digitale, in cui confluiscono il programma Orizzonte Europa, il programma Europa digitale destinato principalmente all’intelligenza artificiale, il programma “Destination Earth” destinato alla replica digitale degli elementi fisici e ambientali, per complessivi 15 m.di;

– il Fondo europeo settori strategici destinato a infrastrutture, energia, ricerca innovazione, banda larga, istruzione con 16 m.di dal bilancio UE e 5 dalla BEI;

– Il Piano per l’economia circolare (destinato ai settori dell’elettronica, delle TLC, delle batterie ed i veicoli, degli imballaggi, della plastica, del tessile, delle costruzioni, degli alimenti, per 5,2 m.di).

– all’implementazione di ricerca e innovazione, con il potenziamento del programma Horizon 2000.

Come si vede è un quadro di opportunità la cui gestione non è assolutamente lineare, ma complessa, ed impone la definizione degli ambiti prioritari in cui operare e l’organizzazione di sistemi ‘aperti’ di governance al fine di attirare nuove risorse.

Sugli ambiti prioritari due ricercatori statunitensi del National Bureau of Economic Research, Benjamin Jones e Lawrence Summers, hanno recentemente pubblicato la ricerca “A calculation of the social returns to innovation” in cui dimostrano i benefici sociali di ricerca e finanziamenti all’innovazione. Essi stimano che per $ 1 investito in ricerca e sviluppo si ha un effetto moltiplicatore di $ 4 in vantaggi economici, mentre per $ 1 in finanziamenti per l’innovazione tale moltiplicatore sale a $ 20. Jones e Summers sottolineano che, oltre al rendimento economico dei finanziamenti alla ricerca e innovazione, è importante la gestione e la finalità pubblica degli stessi, perché gli investimenti privati non colgono appieno questi enormi benefici sociali a causa dello ‘spillover’.

Infatti, un’azienda non sfrutterà mai tutti i frutti della sua innovazione, perché anche altre aziende potrebbero trarne vantaggio (si pensi a tutti gli smartphone che sono seguiti al primo iPhone di Apple) e anche la società in generale potrà trarre vantaggio dagli investimenti iniziali. Ciò significa che le aziende non destineranno mai il pieno potenziale dell’innovazione per aumentare il benessere della collettività.

I risultati di questo studio hanno ovvie implicazioni per le scelte che il nostro paese deve fare: stiamo spendendo troppo poco in R&S, e questo è alla base della nostra perdita di produttività, una perdita aumentata dal lasciare le decisioni al mercato. Da qui l’importanza della priorità e della destinazione pubblica degli investimenti in R&S grazie alle risorse messe a disposizione da bilancio comunitario e recovery fund.

Riguardo alla riorganizzazione della governance è fondamentale ricordare che gran parte dei finanziamenti all’economia devono seguire la “regola Junkers” ossia 1 euro di finanziamento comunitario deve generare finanziamenti per 15 euro: 12 da privati e 3 dalla BEI e questo si deve ottenere grazie all’istituzione di ‘silos’ destinati ad aggregare i co-finanziatori, ovviamente meglio se promossi dal pubblico.

Queste note dimostrano come siamo lontani dai tradizionali modelli di gestione pubblica lineari e come sia urgente una riconversione verso i modelli di co-creazione abilitante di cui ho parlato all’inizio. La questione non è nuova, l’Agenda per la sostenibilità nasce nel 1991, il metodo Junhers è di 7 anni fa, ma le reazioni del nostro ecosistema culturale-economico non si avvertono. Tale anelasticità sta generando una ‘pandemia economica’: le amministrazioni pubbliche non generano processi scalari di ricchezza, le organizzazioni degli imprenditori si lamentano ma non collaborano, usciamo gradualmente dai mercati perché i prodotti diventano obsoleti (è il caso di tessile e mobili, edilizia, assenti dai progetti internazionali guidati da metabolismo e circolarità) mentre nell’Unione europea vediamo crescere organizzazioni pubbliche ‘proattive’ in grado di innescare rilevanti processi innovativi, è il caso della rete “Clean tech” (https://cleantech-hub.dk) promossa da una serie di governi (Danimarca, Svezia, Canada, Nigeria,…) o di Circle economy (https://www.circle-economy.com)

Conclusione provvisoria.

Siamo ancora nel pieno della gestione delle crisi, con la priorità di temperare gli effetti del nostro ‘feudalismo sanitario’, per avere il minor numero di vittime possibile.

Ma l’impianto culturale e di risorse comunitario è un inequivocabile invito a progettare per le generazioni future, partendo dai benefici, ma anche dalle macerie, esito delle rivoluzioni che si sono succedute a ritmo accelerato dalla fine del secondo conflitto mondiale.

La ricetta guida indica il percorso di una riabilitazione dell’ecosistema pubblico per la rigenerazione dei beni comuni che con tanta rapidità e irresponsabilità sono state divorati dalle governance economiche. Il percorso che suggerisco non sarà guidato solo dalla rivistazione del Bauhaus, come indicato dalla Presidente della commissione Ursula von der Leyen, ma anche dalla rilettura de “La casa dell’uomo” di Ernesto Nathan Rogers, una casa fondata su nuove convinzioni, valori e principi, che richiede anche nuove istituzioni e nuovi modi di operare, che rompano le attuali barriere settoriali e disciplinari.

Una casa aperta a tutti i viventi, alimentata da tutte le culture.

Giuseppe Longhi



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  1. luigi caroliCaro Longhi, il tuo articolo fa il paio con quelli di Consonni. Bellissimi! Ma ... quanti lettori di Arcipelago, onesti cittadini di buona cultura, hanno capito almeno un terzo di quanto avete scritto? Consiglieri comunali e parlamentari riuscirebbero a capire meno del 20% e si asterrebbero dal leggerli. Tanto, a loro interessa solo come spartire i soldi che arriveranno dall'Unione Europea a fondo perduto. Poi si getteranno voracemente sul Mes. Chi vuol scommettere? Ps: speravo nella Mazzucato.
    10 novembre 2020 • 18:57Rispondi
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