7 settembre 2020

LA GESTIONE DEI DATI RIGENERATRICE DELLA DEMOCRAZIA

Dibattiti marginali rispetto ai veri problemi della digitalizzazione


Non esiste una risposta politica trasparente al quesito se i nostri dati civici saranno materia prima per l’industria privata dei social, o per derive autoritarie della democrazia, sotto forma di sorveglianza digitale, o per una democrazia rinnovata, verso forme di collaborazione interattiva tra istituzioni e cittadini. E’ ovvio anche che chi gestisce il digital twin ha le chiavi per la gestione della nazione, dai sistemi produttivi ai sistemi urbani.

Artificial intelligence

Tra le riforme strutturali previste dal bilancio europeo 2021-2027, dal Recovery Plan e dal Piano anti pandemico, interpretate in modo discutibile del documento governativo “Linee guida per la definizione del piano nazionale di ripresa e resilienza”, quelle che riguardano le infrastrutture digitali ed i nuovi modelli di gestione pubblica delle informazioni sono probabilmente le più importanti, perché riguardano l’essenza della democrazia, e, quindi, la sua sopravvivenza nel nostro paese.

Le linee guida governative non sembrano essere consapevoli di ciò, infatti la scheda “Digitalizzazione e innovazione tecnologica” presenta un’analisi generica e datata, così come gli obiettivi sembrano ricalcare quelli dell’agenda digitale (a proposito, che fine ha fatto?) senza spiegarne le difficoltà di avanzamento. E’ assente nelle linee guida l’idea di strutturare le politiche nazionali in modo organico ed in simmetria con l’azione comunitaria “Shaping Europe’s Digital Future”, grazie ad una gestione delle informazioni articolata nei tre ambiti: dei dati civici, dei dati industriali, dei dati ambientali .

La gestione dei dati civici è una questione molto delicata. Un tempo monopolio degli enti pubblici (attraverso l’anagrafe, il libretto sanitario, ………) oggi sono terra di conquista (più o meno legale) delle reti social private, anche a causa del ritardo del pubblico nell’approntare l’agenda digitale. La delicatezza di questo ambito è il suo sconfinare con il problema della sorveglianza digitale, che può arrivare a forme di autoritarismo “tecnologicamente potenziato”, come avverte Samantha Hoffman nella sua ricerca “China’s Tech-Enhanced Authoritarianism”, in cui parla del programma cinese “Sistema di credito sociale” (dove il termine credito significa reputazione o affidabilità).

Il Sistema di Credito sociale (ben descritto nell’articolo “Il sistema di credito sociale: ecco perché Xi non è Orwell” di Stefano Grandi in “Orizzonti politici”), è un insieme decentrato di piattaforme in cui vengono immagazzinate informazioni di carattere finanziario (estratti conto, tasse, prestiti, transazioni) e non (occupazione, istruzione, fedina penale, uso dei social) riguardanti imprese e singoli cittadini. Alla loro realizzazione contribuiscono governi locali, agenzie governative e colossi industriali come Baidu e Alibaba.

Quello che è certo, per noi cittadini italiani, è che non esiste una risposta politica trasparente al quesito se i nostri dati civici saranno materia prima per l’industria privata dei social, o per derive autoritarie della democrazia, sotto forma di sorveglianza digitale, o per una democrazia rinnovata, verso forme di collaborazione interattiva tra istituzioni e cittadini.

La gestione dei dati industriali attualmente sta subendo una forte accelerazione grazie ai programmi di “digital twin”(replica digitale di ogni elemento fisico) implementati soprattutto a scala industriale (General Electric, settori nazionali delle costruzioni,….) e metropolitana (Singapore, Helsinki, Zurigo, Vienna, New Castle,….).

Più articolatamente la digital twin è una realistica rappresentazione virtuale delle strutture, processi e sistemi che costituiscono gli ecosistemi, da quello produttivo a quello urbano; il risultato del processo di replica è la connessione di dati fra il digitale e il materiale.

La Digital Twin è in grado di fornire la rappresentazione digitale di una risorsa, di un luogo o persino di una città, e di generare valore attraverso i dati, permettendo alle gestioni economiche e sociali di disporre della connessione interattiva tra mondo digitale e fisico, dell’integrazione di più fonti di dati, della visualizzazione e della simulazione di una molteplicità di elementi.

E’ ovvio che chi gestisce il digital twin ha le chiavi per la gestione della nazione, dai sistemi produttivi ai sistemi urbani.

In Italia la questione digital twin è assente dall’agenda delle rappresentanze industriali (sia padronali che dei lavoratori), da quella degli enti pubblici e delle rappresentanze delle professioni, e questo è uno dei fattori che contribuisce a spiegare la continua perdita di produttività del paese.

Senza la digital twin, infatti, la gestione in tempo reale del ciclo di vita dei prodotti è assente, così come sono assenti i processi di simulazione, con perdite sia sul fronte dell’economicità delle soluzioni, sia sul fronte della democrazia, per la carenza strumentale dei processi partecipativi.

La gestione dei dati ambientali è fondamentale per un paese come l’Italia che detiene il record sia della biodiversità sia del patrimonio storico, ma che non si è ancora dotato di un’adeguata strategia di tutela sia riguardo al patrimonio ambientale, sia riguardo alle azioni di contrasto degli effetti del cambiamento climatico.

Mancando sia strumenti analitici moderni (sulla composizione del patrimonio naturale e sul suo valore economico), sia strumenti di monitoraggio e predittivi, non ci rimane che osservare i quotidiani effetti perversi dell’arretratezza culturale del sistema paese rispetto alla tutela del patrimonio ambientale.

Da questi argomenti è evidente la priorità della rappresentazione digitale della realtà a 360° e di un’agenda per la sua gestione, sia per la ripresa economica del paese sia per l’avvio di un processo rigenerativo della sua democrazia.

Infatti, per quanto riguarda l’economia, il Governo della Gran Bretagna stima che una maggiore condivisione di dati può generare al settore delle infrastrutture benefici aggiuntivi per 7 miliardi di sterline , pari al 25% degli investimenti totali.

Per quanto riguarda la democrazia le indispensabili politiche dei dati dovrebbero segnare l’avvio di una gestione ecosistemica, predittiva e resiliente, destinata a superare una inefficiente gestione lineare e ordinativa.

Ma perché questa operazione abbia successo è evidente che occorre un decisivo rinnovo culturale, perché la produzione e gestione dei dati è imprescindibile dallo sviluppo delle capacità delle risorse umane: le nuove infrastrutture devono intendersi come un sistema olistico di sistemi biocompatibili al servizio dell’uomo e dell’ambiente.

Una attiva interpretazione delle opportunità comunitarie dovrebbe quindi proporre tempestivamente un’agenda socio-tecnologica le cui principali voci dovrebbero essere:

Digitalizzazione: per la gestione del valore prodotto dai sistemi cyber-fisici, frutto dell’interazione fra risorse digitali ed elementi umani, fisici e naturali;

Comunità: per comprendere e alimentare le interconnessioni sociali, ambientali ed economiche indispensabili per lo sviluppo di tutte le forme viventi;

Connessioni: i sistemi complessi, sociotecnici, interconnessi, biocompatibili che emergono dall’insieme dei dati devono essere la base di una rinnovata gestione della pubblica amministrazione, che dovrebbe esprimere strategie per gli ecosistemi nazionali e locali (che dovrebbero essere le nuove infrastrutture) e nuove metriche per valutarne prestazioni ed impatti.

Sostenibilità: per aumentare la compatibilità fra sopravvivenza degli ecosistemi e società bisogna considerare in che modo ogni intervento umano influisce sugli ecosistemi, grazie all’evoluzione verso un’idea circolare e biocompatibile dello sviluppo.

Perché l’Agenda socio-tecnologica diventi realmente operativa è opportuno sia accompagnata da un’Agenda dell’educazione, grazie a uno sforzo eccezionale del mondo dell’istruzione, del networking e della ricerca, ossia dei motori della democrazia.

L’Agenda dovrebbe sviluppare nuove capacità per:

Riconoscere gli ecosistemi: come base per sviluppare una strategia delle infrastrutture inserita in una visione sistemica dello sviluppo, caratterizzata da simmetria tra assetti fisici e digitali;

Sviluppare strategie per i dati: affinchè gli ecosistemi fisici ambientali e sociali siano usati per generare valore in quanto beni pubblici, resilienti e condivisi con organizzazioni e settori;

Sviluppare visioni per rivalutare il valore dell’uomo: gli ecosistemi e le infrastrutture che li compongono come sistemi per lo sviluppo dell’uomo, dando priorità ad una visione olistica della comunità e della socializzazione;

Sviluppare nuove metriche: sociali, ambientali, economiche per misurare la resilienza dei nuovi sistemi e servizi con l’obiettivo della rigenerazione degli ecosistemi;

Stimolare la sostenibilità: i dati a servizio dello sviluppo sistemico per stimolare un’economia circolare e una trasformazione biotica della stessa.

Il prof. Francesco Giavazzi in un recente editoriale sul Corriere della Sera (“Qualche scomoda verità su istruzione e lavoro”, Corsera, 3 settembre 2020), denunciava la povertà delle elaborazioni ministeriali relative alle proposte per il Recovery plan, si può osservare che anche l’apporto di accademia e ricerca non è dirompente. Uno scaling up di accademia e ricerca per un progetto civico con scopo l’elaborazione di un’Agenda socio tecnologica dei dati, accompagnata da un’Agenda per l’educazione sarebbe un contributo importante per la rigenerazione della nostra democrazia.

Giuseppe Longhi



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